Andrea Menichetti
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L’Alsazia merita una visita e non solo per la grande varietà di vitigni ed etichette o in quanto regione vocata per tradizione alla produzione di vino di qualità, ma anche per la sua originalità, essendo l’area vinicola francese che più assomiglia al centro Europa, lontana com’è dal concetto tipicamente francese di prevalenza del Cru sul vitigno. Una zona storicamente interessata da conflitti di confine, ancora Francia ma già quasi Germania, con una tradizione vinicola (e culinaria) che si colloca anche stilisticamente a cavallo fra i due paesi.
Nella linea dei Villages da assaggiare lo Zellenberg e il Riquewir entrambi nell’annata 2017 al momento in commercio, il primo agrumato e ottenuto da suoli calcarei, il secondo, blend di Pinot Grigio e Riesling, più elegante e gastronomico. O lo Schoffweg 2015, un Grand cru che incanta per le sue note affumicate nel finale. Una filosofia di vinificazione, quella dei Deiss, che mette al centro la vigna e il terroir ma che non è condivisa dalla maggior parte degli altri vigneron alsaziani, che discutono animatamente sul problema della diversità delle maturazioni fenologiche e di tutto ciò che ne potrebbe conseguire in cantina.
Da Weinbach a Ribeauvillé, poi, azienda ospitata in un ex convento di cappuccini risalente al 1600. Divertente MF0 2019, vino macerato con zero solfiti aggiunti, in cui vengono fuori le note speziate e aromatiche del Traminer e la polpa del Pinot gris, senza che la dolcezza prevalga.
Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo