02-07-2020

Vignai da Duline: vino, memoria e gesti

L'azienda che Lorenzo Mocchiutti guida insieme alla moglie Federica Magrini è ispirata ai principi del biologico e della valorizzazione del territorio e delle sue varietà tipiche

Lorenzo Mocchiutti

Lorenzo Mocchiutti

Vignai da Duline è l’azienda di famiglia che Lorenzo Mocchiutti ha ereditato dal bisnonno, che nel 1920 ne piantò la Duline, vigna storica con piante risalenti al 1908, e costruì la cantina che sorge all’ombra di un gelso - Morus Alba, pianta a cui un tempo in Friuli si maritavano le viti. Nel 1994 Lorenzo ha iniziato a lavorare da vigneron ottenendo nel ’97 la certificazione biologica e prendendo in mano nel tempo la conduzione dei vigneti insieme alla moglie Federica Magrini, antropologa culturale. Entrambi si dichiarano innamorati del sistema agricolo, di cui la vigna è una parte, tanto che accanto ai vigneti si trovano oggi anche altre colture.

“Ci interessava capire cosa vuol dire essere agricoltori” - dice Mocchiutti – “e nei sei ettari di vigne che coltiviamo, non ariamo e non lavoriamo la terra, per preservare la splendida biodiversità naturale”.

Uno degli appezzamenti che Vignai da Duline ha in affido dal 2001, lo storico Ronco Pitotti - con la prima vigna certificata bio nel 1982 di tutta la regione - ne è la prova: all’interno del ronco convivono vigne degli anni ’30, ancora produttive, degli anni ’40 e ’50 e numerosissime specie botaniche che crescono indisturbate fra i filari, rendendolo un terroir unico, ricchissimo di minerali e di vita nel terreno.

Nelle vigne, circondate da boschi, in una zona dove si produceva vino già nel 1500, si trovano tutti vitigni autoctoni, fra cui il Tocai giallo - usato soltanto qui in purezza - o il Sauvignon friulano spargolo, il Merlot “storico friulano”, varietà scarsamente produttive che per questa ragione sono state quasi ovunque abbandonate, ma anche lo Schioppettino e la Malvasia.

Per la parte agronomica, la parola d’ordine è distribuzione della vegetazione per dare aria ai grappoli in crescita e questo Lorenzo Mocchiutti lo ottiene con il taglio dell’apice delle piante, che ha come conseguenza la partenza di tutti gli altri punti vegetativi e porta la profondità dell’apparato radicale. A Vignai da Duline per scelta non si pratica la cimatura annuale e per esprimere questa filosofia è stato coniato il termine “chioma integrale”, espressione nata anche come riferimento giocoso alle chiome fluenti di Lorenzo e adesso utilizzata persino alla facoltà di Agraria all’Università di Udine.

La Malvasia 2018, dalle vigne più giovani di Malvasia istriana di Duline, fa sette mesi in legno e regala la freschezza di un’estate di campi di lavanda e agrumi. Il Morus Alba 2014 - 60% Malvasia 40% Sauvignon storico spargolo friulano - è un vino solare, per il colore e per le suggestioni calde e la complessità.

La comparazione con la 2011, porta alla luce l’estate bruciante e il caldo violento di quell’annata, senza togliere per questo tensione e lunghezza al vino. Interessanti anche il Sauvignon Bambù 2016 e il Tocai giallo, parente diretto del Sauvignon, un vitigno che tende naturalmente all’ossidazione e che negli anni ’70 fu espiantato quasi del tutto. Imbottigliato solo in magnum, questo vino, la cui prima annata fu nel 2002, nasce dall’idea di rinobilitare una varietà dimenticata.

Un’agricoltura di buon senso agricolo, quella di Vignai da Duline, di sintonia con la terra e di grande attenzione alla fisiologia delle piante, i cui vini sono un’autentica rappresentazione del territorio. Perché “il vino è memoria dei suoli e gesti”.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Amelia De Francesco

Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola

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