11-02-2020

La prima volta dei Vini Migranti

Numero zero dell'evento organizzato a Montelupo Fiorentino, che ha coinvolto 60 cantine, tra italiane e internazionali

Vini Migranti, edizione zero, si è tenuto a Montelupo Fiorentino lo scorso 19 e 20 gennaio. L’evento, patrocinato dal comune di Montelupo, è stato ospitato da Facto Molino Bistrò, ex mulino e ora sede di mostre d’arte e di un coworking con cucina.

Stefano Secci, sommelier e comunicatore, e Teseo Geri, consulente per la ristorazione, si sono conosciuti alcuni mesi fa e hanno deciso di imbarcarsi in questo progetto che ha portato 60 aziende italiane e del resto del mondo in Toscana. “Inizialmente dovevano essere presenti una quarantina di cantine” - dice Secci - “ma poi si è sparsa la voce fra i vignaioli che hanno iniziato a cercarci per esserci e alla fine ci siamo ritrovati in sessanta. In fondo è questo il concetto che sta dietro Vini Migranti: l’accoglienza di vini da contesti assai differenti, vini che percorrono un cammino per ritrovarsi insieme”.

Il filo conduttore, non dichiarato ma sotteso, è l’artigianalità dei vini in assaggio, con quasi tutte le aziende biologiche certificate, biodinamiche o produttrici di vini naturali.

Fra gli assaggi più interessanti, uno Chardonnay 2016 - come etichetta il timbro stampato a mano di una foglia arancione - che fa macerazione di nove mesi in anfora, opera di Paolo Ferri dell’Azienda Case Vecchie in provincia di Mantova, due ettari di vigneti coltivati in biodinamica e a gestione familiare.

Tra i rifermentati in bottiglia, piacevoli il WAI 2015 di Tenuta Belvedere - qui siamo nell’Oltrepo pavese, con un metodo ancestrale di Pinot Nero e Riesling - e il Cattabrega 2018 di Podere Sottoilnoce, un rosato frizzante da Lambrusco Grasparossa, Lambrusco di Sorbara e Trebbiano Modenese.

In Piemonte, poi, con i vini di Valli Unite, una cooperativa di 100 ettari circa di terreni in biologico dal 1981, parte usati per la viticoltura e parte per coltivazione di cereali e l’allevamento. Spiccano fra gli altri il Montesoro 2016, un Timorasso con venti giorni di macerazione in botte di acacia e il Laguion 2015, spumante di montagna da due vigne di Timorasso piantate sperimentalmente a 800 metri di altitudine.

Sulle colline lucchesi si beve invece il Sangiovese 2015 della Fattoria Camigliano, gestita da Cipriano Barsanti di Macea, presente anche con l’ultima annata di Pinot nero. Chiude il percorso migrante la sala dedicata ad alcuni ospiti stranieri, dalla Spagna alla Georgia, dalla Francia alla Slovenia con una incursione nel Giappone del Sake.

La sezione dedicata ai vini da fuori Italia, curata dal giornalista Peter Weltman, è stata l’occasione per una prima italiana della presentazione del progetto Borderless Wine - alla lettera “vini senza confini”- un gruppo di esperti e appassionati che si dedica alla ricerca di realtà vinicole in tutto il mondo, con l’obiettivo di allargare gli orizzonti enoici dai luoghi di produzione più conosciuti ad altri da scoprire e valorizzare. E quindi ecco uno sparkling wine libanese prodotto in sole mille bottiglie, un Dabouki israeliano, un Cabernet, malbec e Sangiovese dal Libano e un Mission 100%, vino messicano da vigne di oltre cento anni.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Amelia De Francesco

Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola

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