Durello & Friends: una musica affamata di nuove sfide, quella che si è riversata in nome dello spumante autoctono berico e scaligero a Verona, al Palazzo della Gran Guardia e nel territorio. Una due-giorni che intreccia degustazioni e incursioni in universi apparentemente fuori da questa cornice, invece così profondamente legati. Si può scoprire la bottiglia firmata da uno scrittore innamorato della terra che sa placare forse persino i desideri del cielo o anche tornare incredibilmente indietro nel tempo, fra esseri immersi nelle tracce della preistoria.
Il Consorzio Tutela Vini Lessini Durello ha scatenato queste emozioni e queste riflessioni, ponendoci di fronte al serissimo problema del dissesto idrogeologico. Ma anche davanti a un progetto per combatterlo. La manifestazione, organizzata in collaborazione con la Strada del Vino Lessini Durello, ha il patrocinio del Comune di Verona e della Regione Veneto e il supporto di Banco Bpm, Veronafiere e Camera di Commercio di Verona.
Protagonista, un vitigno, la Durella che può non chinare la testa, forte della sua storia come del futuro che prova a costruire gioiosamente. Un prodotto di pregio grazie alla spumantizzazione sia in metodo italiano che classico, offre un prodotto di grande pregio. Capace di mettersi in gioco anche in match distanti come quello con l’Etna.
Il viaggio lascia diverse suggestioni, come pegni su cui orientarsi.

Foto di famiglia a Casa Villardi: Emanuela (preziosa custode della storia con la sorella Anna), Alessandra, Giovanna, Nicoletta e Silvio Portinari

La bottiglia firmata da Mario Soldati
Primo, un promemoria mai sufficientemente espresso: la valenza culturale del vino. Lo abbiamo anche visivamente a Roncà, entrando con delicatezza in
casa Villardi. Delicatezza che s'inchina alla riservatezza di una famiglia, che ha scolpito con
Arnaldo la storia della spumantizzazione della Durella e che conserva più di un tesoro. Il primo gioiello, anzi due: le Magnum del 1973 firmate da
Mario Soldati, che qui si fermò. Le scene di vita familiare che si intrecciano con la presenza dello scrittore, abbiamo promesso di tenerle sotto traccia.
Ma restano gli altri tesori meno appariscenti e ugualmente autentici, che narrano le tradizioni del territorio. Come l’uva che attende o fa attendere le botticelle nella soffitta, il vin santo che si apre per occasioni speciali come una nascita, la determinazione a scrivere nuovi capitoli. Anche con la
Portinari Vini: in questa dimora ospitale e traboccante di memoria, parliamo con la signora
Giovanna, custodi preziose le figlie
Emanuela e
Anna, ma anche le nipoti, e con
Silvio Portinari.
E la terra è protagonista profonda, con i suoi segreti, che spalanca nel vicino
Museo Paleontologico di Roncà, viaggiando indietro di milioni di anni, tra acqua, colline, vulcani e fossili. Roncà come Sharm el Sheik, con la barriera corallina, e una ricchezza (ecco pure un coccodrillo) di specie che è una promessa. Anche in questi tempi, così duri per i dissesti idrogeologici. Qui riaffiora il termine custodi e i viticoltori sono schierati con la scienza, per tutelare il loro territorio.
Parla il docente universitario padovano
Paolo Tarolli, all’agriturismo
La Pietra Nera, mentre si prepara l’ultima degustazione. E con il progetto
Solution System ci porta in una battaglia buona a suon di droni che aiutano nella ricostruzione tridimensionale ad alto dettaglio della superficie. La tecnologia, più accessibile, offre la mappa su cui agire all’uomo, che può reagire ad esempio con semenze per rispettare la biodiversità e ridurre l’erosione. Un’agricoltura resiliente al cambiamento climatico.
Sì, anche questo racconta il Durello e a tavola sotto la guida del direttore del consorzio Aldo Lorenzoni.