Una realtà familiare arrivata alla sua quarta generazione, quella di Varvaglione 1921 è davvero una bella storia da raccontare e da vivere. Tra due anni festeggeranno i loro cento anni di vita, senza dubbio un bel traguardo per chi è partito da una manciata di ettari e ha sempre creduto nella viticoltura e nell’agricoltura in generale.
Una passione trasmessa e condivisa, come raccontano Marzia e Angelo, due dei tre figli di Cosimo Varvaglione, che con il sorriso sulle labbra e la gioia negli occhi, confermano l’amore e il trasporto per questo mestiere.

Famiglia Varvaglione, al centro Cosimo Varvaglione con la moglie e i tre figli
Il bisnonno faceva vino nel suo garage, qui ognuno aveva il suo pezzo di terra e così quasi per gioco iniziò a commercializzarlo vendendolo in "
mezzini”, quartini con tappo a corona che venivano dati alle forze armate per accompagnare il pasto. Così inizia il racconto appassionato di
Marzia, la primogenita della famiglia
Varvaglione, ci troviamo in Puglia a Leporano, poco distante da Taranto, l’azienda
Varvaglione 1921 è stata fondata ufficialmente alla fine degli anni ‘50 dopo la seconda guerra mondiale, tutto nasce dalla storia d’amore dei nonni paterni che si conoscono durante una trattativa di compravendita di vino e di uve, innamoratisi si mettono in proprio e decidono di continuare questa tradizione vinicola.
È la più grande azienda pugliese a conduzione familiare, una cantina che raggiunge numeri ragguardevoli di produzione, ben 4,2 milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo, esclusivamente nel mercato dell’alta ristorazione.

Il vigneto della Masseria, varietà Primitivo e Negroamaro
L’azienda si estende per 150 ettari di vigneti di proprietà e oltre 150 in fitto, che vengono seguiti personalmente da
Cosimo che ne gestisce la selezione delle uve, la vita agronomica e il successivo processo enologico. Dalla vigna alla cantina fino alla rete dell’export, ogni dettaglio viene seguito e curato in modo scrupoloso e attento, un lavoro di squadra meticoloso e appassionato che
Cosimo condivide con la moglie
Maria Teresa e con i tre figli,
Marzia,
Angelo e
Francesca.
Dal 2018 con l’acquisto della Masseria Pizzariello si è aggiunto un ulteriore tassello a questa impresa familiare, questa era infatti la vecchia cantina dove il papà Cosimo con il nonno Angelo venivano a vinificare, come testimoniato da un documento del 1953 che attestava il contratto di fitto tra il nonno Angelo e la stessa Masseria.
Come molte aziende, anche la famiglia
Varvaglione ha iniziato la sua attività con la vendita al dettaglio di vino sfuso, passando nei primi anni 2000 all'imbottigliamento. Siamo nella terra dell’uva
Primitivo, Cosimo è stato sempre legato all’innovazione e da sempre ha mantenuto un legame con l’università e con il mondo della ricerca.
Pertanto innovazione, sensibilità e tutela dell’ambiente sono senza dubbio i punti di forza di questa realtà; già da anni a conduzione biologica, a seguito di un progetto pilota del 2010, coinvolti dall’Università di Roma (Tor Vergata), l’azienda è sistematicamente monitorata e dal 2018 è stata inserita una nuova stazione meteo che valuta tutta una gamma di parametri.
Non si effettua alcuna irrigazione, se non in casi di emergenza e i trattamenti sono mirati e vengono effettuati solo al bisogno della vigna. Ma la loro attenzione per l’ambiente va ben oltre la vigna, infatti in questo 2019, è stato portato a termine il progetto di restyling della collezione 12eMezzo, che rende oggi l’azienda sempre più etica.

Marta Varvaglione, sempre sorridente
Questa linea, fortemente voluta e seguita da
Marzia, è il risultato di un progetto che ha coniugato la lavorazione dei tradizionali vitigni autoctoni pugliesi con un moderno processo di vinificazione. Sono partiti con la lavorazione delle uve
Primitivo e
Negroamaro, portandole ad una gradazione alcolica di 12 gradi e mezzo. La linea si è ampliata negli anni inserendo la
Malvasia e successivamente il rosato fatto da uve
Negroamaro leggermente mosso, mantenendo sempre lo stesso titolo alcolometrico di 12,5%.