«Simbolo incorruttibile di generosità e riscatto»: così il presidente Sandro Pertini definiva la Repubblica dell’Ossola. Con le stesse parole, oggi, potremmo spiegare la viticoltura eroica, ovvero il recupero e la coltivazione dei vigneti montani, tema fulcro del convegno svolto nelle scorse settimane, a Quart in Valle D’Aosta, nell’ambito di Enovitis Extreme, la prima manifestazione italiana dedicata alle tecnologie per la viticoltura estrema, organizzata da Unione Italiana Vini - la più antica associazione italiana di imprese vitivinicole - con il patrocinio della Regione Autonoma della Valle D’Aosta in collaborazione con il Cervim.
La
viticoltura eroica, dal 2011 anche marchio collettivo creato dal
Cervim (
Centro di ricerca viticoltura montana), è vanto del
made in Italy a cui si aggiunge il primato, per l’Italia, di averle dato anche disciplina giuridica (legge 12 dicembre 2016, n.238, art.7 comma terzo).
Necessaria almeno una delle quattro condizioni prescritte dalla legge per essere “viticoltori eroici” ovvero operare ad altitudine media superiore ai 500 metri, pendenza del terreno superiore al 30%, sistemi viticoli su terrazze e gradoni (Galizia), sistemi viticoli coltivati sulle piccole isole (Pantelleria e Ischia).
In Italia contribuisce al paesaggio di tutte le regioni tranne Puglia, Molise e Basilicata; ben presente anche in Europa (Canarie, Azzorre, Spagna, Portogallo, Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Croazia, Grecia, Ungheria), in Turchia, Kazakistan, Israele e Libano.
I suoi sistemi tradizionali di sistemazione del terreno, trasversali e inclinati, utilizzati per la raccolta e il drenaggio delle acque, sono importanti per la tutela del suolo, risorsa non rinnovabile, almeno nella scala temporale umana.
Tra le particolarità colturali anche le buche per riparare le piantine di vite nel Lanzarote e il cesto con i tralci a Santorini; mentre in Costa Viola, i terrazzamenti con muretti in pietra e, a Pantelleria l’alberello pantesco, sono stati riconosciuti Patrimonio Unesco.
Il recupero filologico dei paesaggi, unici e irriproducibili, dovuto alla viticoltura estrema, la manutenzione costante e la conservazione di storia, pratiche e tradizioni locali, risultano ancor più impellenti pensando anche ai 38mila beni culturali a rischio, di cui oltre 11mila in zone a pericolosità elevata e molto elevata, e i quasi 40mila monumenti a rischio inondazione (di questi più di 31mila si trovano in zone potenzialmente allagabili (fonte: Ispra).
All’allarme annuale italiano si aggiunge quello planetario, con 21 milioni di ettari di suoli in decremento drastico della fertilità per la gestione incompatibile con le esigenze dell’ecosistema.
Quindi, non solo viticoltori eroici, ma infungibili sentinelle ambientali e presidi di biodiversità, anche se a rischio costante di sopravvivenza per l’incidenza dei costi dovuti principalmente alle ore/lavoro assorbite dalle complesse cure colturali.
Per questo, riforma della Politica Agricola Comunitaria, disponibilità di fondi Ocm e Piani di Sviluppo Rurale sono invocati e, tuttora, urgentemente attesi dai viticoltori estremi preoccupati per il futuro del patrimonio vitivinicolo eroico.