10-05-2018

Cinque Barolo misconosciuti da non farsi sfuggire

In Langa, per puntare i fari su cinque vignaioli rampanti, abili a interpretare il re dei vini con qualità e continuità

Una celebre vignetta del Financial Times, anno 201

Una celebre vignetta del Financial Times, anno 2010. "Barolo", scrive Gabriele Rosso, "oggi non è solo grandi nomi ma anche vignaioli che guardano ai mostri sacri con rispetto ma senza timori reverenziali"

Nessuna zona nell'articolato panorama del vino italiano ha su di sé i riflettori puntati come la Langa del Barolo. Ci si avvicina Montalcino e se ne sta qualche attaccatura indietro la vicina Langa del Barbaresco, certo, ma per il resto oggi c'è un abisso, sia in termini di attenzione mediatica e di critica, sia di pubblico internazionale.

In un contesto in cui a far parlare sono i prezzi astronomici raggiunti dalle vigne più pregiate, arrivati recentemente a toccare i 4 milioni di euro a ettaro nella menzione Cerequio di La Morra, o il muro dei mille euro sfondato sugli scaffali delle enoteche dal Monfortino 2010 di Giacomo Conterno, l'impressione che si respira percorrendo giorno dopo giorno le vigne del Barolo è di sostanziale chiusura, di un mondo in cui quasi non c'è possibilità d'iniziativa, in cui nessun giovane ben intenzionato può farsi spazio, a meno che non possa contare su patrimoni spropositati – magari in arrivo dall'estero – o su una famiglia già ben insediata da quelle parti.

E anche il tema dell'originalità, di un approccio fresco all'enologia langarola, sembra condannato a sfumare di fronte alla statura di un Barolo (e dei suoi fratelli minori) che tutto il mondo chiede di fare in un certo modo, pur in presenza di una discreta articolazione di filosofie produttive e di tecniche di cantina.

Trovare una risposta sensata alla domanda «Mi sapresti consigliare un barolista originale?» è dunque affare molto complicato. Più semplice consigliare un po' di nomi emergenti, che non vuol dire necessariamente “giovani”: il vero fenomeno del mondo-Barolo di oggi è la crescita qualitativa di tutto il settore, piccoli in primis, oltre alla non trascurabile esplosione di un approccio verde e (verrebbe da dire) vitalistico alla viticoltura, su cui bisognerebbe aprire una parentesi enorme.

Il feudo vitato di Guido Porro a Serralunga

Il feudo vitato di Guido Porro a Serralunga

Non ora, però. Meglio concentrarci su cinque etichette che rappresentano in modo esemplare proprio questa crescita, e che non sono frutto del lavoro di grandissimi nomi già noti anche al pubblico meno preparato. Raccontano una Langa arrembante nonostante la chiusura di cui sopra, fatta di vignaioli che guardano ai mostri sacri con rispetto ma senza timori reverenziali.

Una Langa che gli eno-nerd e i professionisti del settore già conosceranno (ricordate i riflettori?), ma su cui vale la pena comunque puntare i fari, sottolineando come riesca a unire la qualità dei vini alla continuità dei risultati. NB: i vini elencati non sono accompagnati dall'indicazione dell'annata. Il motivo è presto detto: un bravo produttore non vive di exploit passeggeri, ma si conferma vendemmia dopo vendemmia.

Barolo Lazzairasco Guido Porro
(via Alba 1, Serralunga d'Alba, telefono +39.0173.613306)
Da un terroir che si esprime sui canoni della ruvidezza e dell'austerità, il Lazzairasco firmato da Guido è una certezza inossidabile, oltretutto disponibile a prezzi abbordabilissimi (non ditelo in giro, però). Dall'annata 2014 uscirà anche un Barolo Vigna Rionda, da un altro fantastico cru serralunghiano in cui la famiglia Porro si è “insediata” da poco.

Barolo Monvigliero Fratelli Alessandria
(via Beato Valfrè 59, Verduno, +39.0172.470113)
Quello degli Alessandria è forse il nome, in questo elenco, che più si avvicina all'idea di peso massimo della Langa del Barolo. Eppure nell'immaginario dei bevitori meno scafati dire Verduno equivale a citare un comune minore dell'area della DOCG. Sbagliatissimo: negli ultimi anni da Monvigliero e dintorni escono solo gemme preziose, spesso ineguagliate.

Gianluca Viberti di 460 Casina Bric a Barolo (foto goodfoodrevolution.com)

Gianluca Viberti di 460 Casina Bric a Barolo (foto goodfoodrevolution.com)

Barolo Bricco delle Viole 460 Casina Bric
(Via Sorello, fraz. Vergne, Barolo, +39.335.283468)
Qualche anno fa, Gianluca Viberti ha lasciato l'azienda di famiglia per iniziare un percorso in solitaria. Una scommessa complicata, che però oggi gli sta dando ragione. E il suo Bricco delle Viole si è imposto fin dalle prime annate come un autentico fuoriclasse.

Barolo Cascina Fontana
(località Perno di Monforte d’Alba, +39.0173.789005)
Azienda di impronta fortemente “naturale”, incastonata tra le colline più aspre e i boschi della frazione Perno di Monforte d'Alba. Come da tradizione langarola, il Barolo qui è frutto dell'assemblaggio di diversi cru, in questo caso di La Morra e Castiglione Falletto. Ne risulta un vino sempre molto elegante, di misurata trama tannica, fruttato e sapido.

Barolo Ravera Ferdinando Principiano
(via Alba 47, Monforte d'Alba +39.0173.787158)
Ferdinando a fine anni Novanta ha cambiato completamente strada, passando da un approccio agricolo convenzionale alla ricerca della piena sostenibilità viticola. Curioso, sperimentatore, un po' scapigliato (in senso buono, ovviamente), la sua azienda è un porto sicuro per chi vuole provare qualcosa un po' fuori dalle righe e che difficilmente cede in solidità espressiva.

Fine prima parte. Prossima puntata: cinque etichette di Barbaresco


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Rosso

classe 1979, da sempre gravita intorno alla provincia cuneese. Si occupa di editoria gastronomica come freelance e collabora stabilmente con Slow Wine

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