08-07-2016

Vino da vivere

La storia di Arianna Occhipinti e della sua azienda vitivinicola nata lungo la Strada Provinciale 68

Arianna Occhipinti, classe 1982. La sua storia di

Arianna Occhipinti, classe 1982. La sua storia di vino inizia nel 2004, quando, dopo gli studi a Milano in Viticoltura ed Enologia, decide di ritornare in Sicilia. Per partire da un ettaro di vigneto. Oggi la sua azienda è trenta volte più grande

Quando ho incontrato Arianna Occhipinti, l’ho vista arrivare dai campi: scarponcini sporchi di terra, jeans, maglietta gialla da lavoro. E scura, scurissima in viso. «Deve scusarmi, ma sono molto arrabbiata. Si è rotto un tubo dell’acqua. Ora speriamo di poter riparare presto il lavoro». Era arrabbiata perché il suo lavoro non è stare dietro a una scrivania o attaccata a un telefono, ma nelle vigne.
 
Questa immagine può far capire chi è Arianna Occhipinti: non una donna da copertina, ma un vignaiolo che si sporca le mani di terra davvero. Visitare la sua azienda agricola a Vittoria, in provincia di Ragusa, in una delle migliori zone vitivinicole di tutta la Sicilia, è come andare a visitare una piccola oasi immersa tra i vigneti.

Ora ci sono 24 ettari di terreno destinati alla produzione del vino, ma soltanto nel 2004, quindi appena 12 anni fa, c’era solo un piccolo fazzoletto di terra: «Sono partita da un ettaro, a Fossa di Lupo, lungo la Sp68. Era metà Frappato e metà Nero d’Avola. Ho iniziato così, poi ho visto che i risultati erano positivi, e allora ho iniziato a crederci». 

Così sono stati fatti molti investimenti che hanno portato a puntare esclusivamente sui vitigni autoctoni e su vecchie vigne che rischiavano di essere abbandonate. «Abbiamo piante che vanno da un minimo di 15 a un massimo di 45 anni. Abbiamo un territorio fantastico, diviso per contrade. Ognuna ha caratteristiche diverse che vogliamo valorizzare».

Arianna Occhipinti si sofferma sulla terra: «Pochi possono immaginare che sotto uno strato di una ventina di centimetri ci sia un terreno di origine calcarea. Questo influisce molto sulla produzione, con le vigne che possono avere un’ottima riserva idrica anche in periodi di siccità». A questo si aggiunge un leggero vento che tutte le sere si alza su questa zona di Vittoria «e che aiuta ad asciugare le uve». 

E poi c’è la cantina: vasche di cemento crudo, da 85 ettolitri, dove pratica fermentazione spontanea. «Così il vino riesce ad esprimersi al meglio» sottolinea. Ma i vini? Due sono gli SP68, il bianco da Albanello e Moscato (50% entrambi), e il rosso, che in realtà segue il vecchio disciplinare del Cerasuolo di Vittoria: 70% Frappato e 30% Nero d’Avola con 7 mesi di permanenza in cemento. E con una grande espressione al naso di freschezza e pulizia.

Il Frappato 2014 è forse ancora un po’ giovane, arrivato in bottiglia dopo un anno di botte grande: ma le potenzialità sono enormi e non servirà molta attesa per farlo esprimere al meglio. Il Siccagno 2013 è un Nero d’Avola decisamente molto interessante: struttura, complessità, ma ancora freschezza e un bouquet ampio ma non invadente. 

Si chiude con il Grotte Alte 2012, Cerasuolo di Vittoria Classico Docg (50% Nero d’Avola e 50% Frappato), tanto buono da essere esaurito. «Il vino? Bisogna farlo e viverlo. Tutto il resto viene dopo» conclude Arianna. Che nel frattempo sorride: fortunatamente il guasto al tubo è stato risolto. 


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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