02-11-2020
Gian Piero Vivalda, classe 1968, chef-patron dell'Antica Corona Reale di Cervere, in provincia di Cuneo. Ha trasformato l'osteria di famiglia in una maison all'italiana. Le foto dello chef e della sala sono di Davide Dutto
Appuntamento dopo il pasto nel dehors, il nuovo, magnifico giardino disegnato dall'architetto Paolo Pejrone (un consiglio della famiglia Agnelli, da sempre cliente qui. «Sono onorato, è il mio primo giardino in un ristorante stellato», reagì Pejrone alla telefonata). Arriva Gian Piero Vivalda, scruta qualcosa tra l'erba, è un tappo di una bottiglia di Champagne; allora fa una faccia strana, lo raccoglie e lo fa subito sparire. «Non è accettabile che fosse abbandonato lì, saranno passati almeno dieci camerieri prima di me, perché nessuno l'ha raccolto?», ci confida così i suoi cattivi pensieri, accomodandosi a sua volta. Si vede che è incavolato, ma si sforza di passare oltre.
In questi momenti complicati, quando di nuovo tutto è messo in discussione, torniamo con i nostri racconti a un pomeriggio di qualche mese fa, all'Antica Corona Reale di Cervere, pranzo all'aperto che sarebbe inappuntabile quanto a distanziamento sociale anche in base agli ultimi Dpcm. Il tema della nostra chiacchierata con lo chef-patron Vivalda è la costruzione di una maison all'italiana, quale è ormai l'indirizzo bistellato di Cervere (una prima risposta già c'è: non tollerando un tappo di Champagne fuori posto). Ma ancora più: il valore del lavoro e della determinazione, l'importanza di credere in sé stessi anche quando si è circondati dal pessimismo. Sono concetti che hanno sempre animato Gian Piero e risultano più che mai attuali.
Il giardino dell'Antica Corona Reale
Pazzo. Tu sei pazzo. È la considerazione riservata ai visionari di talento che si lanciano in progetti ambiziosi. Anche quando hanno il volto di Gian Piero Vivalda, poche parole e tanto pragmatismo, solidità di carattere e dedizione al lavoro quotidiano, «ne discutevo tempo fa con Niko Romito. Pure lui fu accolto dallo scetticismo generale, quando iniziò a plasmare la sua idea». Che fare in questo caso? «Rimanere in fiducia, continuare a credere in sé stessi. Certo: non sempre si è giudicati per quanto uno ritiene di valere, bisogna allora mettersi in discussione ma senza perdere in determinazione. E occorre parlare coi clienti».
Lo chef
La sala del ristorante
Cosa è stato necessario ripensare? «Tutto. Ci si occupa di migliorare ogni fase: come sfilettare il pesce, come scegliere e come cucinare le verdure, poi si passa alle paste ripiene, ai secondi, al pane, ai grissini... Io ho realizzato il primo grissino maison circa 25 anni fa, l'ho sempre migliorato e migliora ancora. Più recentemente ci siamo anche dedicati ai grandi dolci lievitati, dopo la nascita di AtelieReale (il laboratorio interno di pasticceria e panificazione, ne abbiamo già parlato qui, ndr), che abbiamo creato all'inizio per la semplice esigenza di avere pane e grissini come li volevamo noi, ma poi ha iniziato a sfornare anche i panettoni, dei quali sono appassionato: il primo anno 100 pezzi, poi 500 e ora tantissimi, senza deflettere di un millimetro sulla qualità».
Al lavoro nell'AtelieReale
Se è questo il modo di costruire una maison, quando Gian Piero Vivalda ha capito come questa fosse la strada giusta? «Il progetto era già iniziato. Nel 2007 facevo una "vacanza di lavoro" nella brigata del Plaza Athenée di Parigi. Stavano preparando un pollo, ne avevano già provati otto varietà diverse, con quattro abbinamenti. Alla fine erano giunti a un risultato che ritenevano eccellente. Io spiavo le loro scelte. A un certo punto arriva Ducasse per controllare, io vado da lui e gli chiedo: "Da dove arriva il pollo? Da Bresse?". E lui: "Assaggialo. Non è tanto importante da dove arriva. Quello che dobbiamo sapere è che deve diventare il miglior pollo del mondo. Se poi ha anche avuto natali prestigiosi, meglio". Vince insomma il palato, che è la summa di tutto, dalla materia prima alle tecniche. «È questa la mia idea. L'ho trasmessa ai miei collaboratori, perché è l'insegnamento più importante. Ora il momento è difficile. Ma abbiamo combattuto e vinto tante battaglie, non ci fermiamo di certo».
Il nostro pranzo di qualche tempo fa, nelle foto di Tanio Liotta.
Martini di mazzancolle dell'Adriatico e mango peruviano via aerea, con gel di limone, basilico, pistacchi tostati di Bronte, finta oliva di burro di cacao al tè Matcha e Martini dry
Fiori di zucca, carpaccio di vitello di Fassona piemontese, capperi soffiati, ovuli reali, scalogno e aceto allo scalogno. Un meraviglioso piatto d'alta cucina tra classico e contemporaneo. I fiori di zucca sono lessati col fondo bruno
Pansotti alle erbe e borragine su pesto alle noci e olio di prezzemolo dell'orto
Da urlo questo Capretto di Roccaverano allo spiedo d'ulivo, scalogno in agrodolce, asparagi di Santena, petali di girasole e purè di patate d'Entracque
La Finanziera di Renzo, con sottofiletto, fegato e rognoni di capretto, salsicca di Bra, cervella fritte e filoni
Sottobosco di fungo: porcino, salsa duxelles, guanciale affumicato, crema di formaggio Bra, polvere di fungo
Sorbetti di pere dell'orto e fragole delle valli Cuneesi, lemon grass e fragole disidratate
Coppa di gelato al fiordilatte alla panna cotta e caffè, alla nocciola Tonda e gentile delle Langhe e al pistacchio salato
Panettone al burro di filiera certificata Inalpi® con frutti di bosco
Dolcezze finali
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classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Enrico Bergonzi, seduto a sinistra, con la sua famiglia, tre generazioni che preseguono (o proseguiranno) il lavoro iniziato 240 anni fa Al Vèdel, ristorante di tipicità emiliane, e al Podere Cadassa, che produce grandi insaccati a Colorno, Parma
Lo staff (quasi) al completo del ristorante Nove a Villa della Pergola ad Alassio. Da sinistra il sommelier Marco Hu Di, la pastry chef Elena Mezzini, il plongeur Mohammad Sowe, il maître Davide Amadore, il commis Giacomo Costa, lo chef Giorgio Servetto, il commis Cesare De Santis, lo chef de partie ai primi piatti Luca Garofalo, il sous chef Riccardo Luvisi e la restaurant manager Francesca Ricci. Mancano Elisabetta Germani (breakfast e pastry chef), Riccardo Cannatà (chef de rang) e Silvia Brullo (chef de rang)
Tommaso Tonioni, romano classe 1989, è dall'autunno scorso chef dell'Achilli Restaurant di Roma. Ha anche vinto recentemente il premio Acqua Panna Award for Connection in Gastronomy nell'ambito di S.Pellegrino Young Chef 2020. Salirà anche sul palco di Identità Golose, domenica 25 ottobre il sala Auditorium, alle 16,10, con il suo maestro Anthony Genovese e altri giovani chef "svezzati" a Il Pagliaccio.
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