Filologia di cucina ligure: chiedere a Giorgio Servetto, chef del Nove a Villa della Pergola, ad Alassio, del quale avevamo già parlato (bene) qui e, intanto, confermiamo quanto avevamo detto a suo tempo. Filologia di cucina ligure significa innanzitutto lavorare con prodotti come le amarene di Stellanello, le olive taggiasche, il preboggión, la ricotta di pecora brigasca, la zucchina trombetta d'Albenga, le patate quarantine, le acciughe o i totani di Alassio, la farina, il pollo, l'amaretto e il porcino del Sassello, i gamberi viola di Sanremo, i formaggi del Beigua, il basilico di Prà, l'aglio di Vessalico, le verdure della piana di Alassio, i fagioli di Pigna, lo scalogno di Calizzano, il chinotto di Savona... Insomma: raccontare intanto la regione attraverso le sue eccellenze gastronomiche certo non sufficientemente valorizzate, in un'epoca in cui a quelli smart basta un banale marchio Igt per costruirvi attorno tutto uno storytelling che fa tanto marketing territoriale. In Liguria non accade - o accade poco, si sa - e dunque il pessimista argomenterà circa l'occasione persa, mentre l'ottimista, quale è chi scrive, ribatterà che c'è un tesoro tutto da scoprire, e i tesori fan gola a tutti, prima o poi.

Giorgio Servetto al
Nove, dunque. Interprete di punta di quella Liguria soprattutto terragna, dunque fedele alle proprie radici culinarie che lo chef interpreta con contemporaneità. Un'operazione interessante perché, come avevamo già scritto:
La Liguria è uno scrigno di saperi e sapori ancora in gran parte da rivalutare; di materia prima eccezionale, di presidi poco conosciuti, di panieri meravigliosi. Non solo: ci pare che la cucina di questa regione sia naturalmente portata a un dialogo fecondo con il fine dining moderno, perché gioca - per sua tradizione secolare - su note aromatiche vellutate (quindi perfette per una tavola raffinata e contemporanea), mette i vegetali in primo piano, oppure carni delicate, si pensi al coniglio. Anche per questo la proposta del Nove è così convincente: perché, riallacciandosi a questo filone, disvela come il percorso per condurlo all'oggi sia in fondo più agevole del previsto. Quando si parla di potenziale che rimane troppo a lungo inespresso...
Se dunque ci poniamo da un punto di vista di fine dining, una cosa ci sentiamo di consigliare a Servetto: mantenere sempre la mano leggera, non voler a tutti i costi arricchire di mille sfumature i suoi piatti - a volte accade, in eccesso - perché l'essenza stessa dell'identità che sta maneggiando sta nella soavità, nella sfumatura leggera. Vegetale, aromatica, fatta di nuances e di finezza (che mai significa mancanza di sapore: semmai, golosità accarezzata). Così, ad esempio, nella Battuta di Fassona, lardo maison, funghi sanguinelli alla brace, prezzemolo, aglio, olio, chips di patata, non mancano certo gli elementi muscolosi, ma l'insieme è squisitamente armonico; o nel dolce-acido-umami-amaro di un appetizer all'apparenza scontato, ma di gran qualità, come Fegatini di coniglio, glassa di amarene di Stellanello; nel Minestrone ligure, ne avevamo parlato già qui; o nelle due versioni della capra, una migliore dell'altra (preferiamo la prima), ossia Capretto arrosto, fricassea della sua pancia e spalle, animelle, finferli, patate novelle, fondo di capretto e timo e Capra dei Pirenei e fagioli di Pigna (il carrè, il filetto e il collo di capra sono affumicati alla brace, l'insalata di fagioli di Pigna con pepe di Sarawak, poi la loro crema all'olio di ginepro, lo scalogno di Calizzano confit e la salsa bordolese).

Giorgio Servetto e Francesca Ricci
Che dire d'altro? Che la
Villa della Pergola è un posto meraviglioso, raffinato, un edificio di hôtellerie di gran livello con un parco incredibile, pura eccellenza italiana;
Francesca Ricci ne è la perfetta padrona di casa sempre più coinvolta nel suo ruolo, appassionata e professionale, empatica e attenta. La sua famiglia - papà è
Antonio Ricci, quello di
Striscia la notizia, ci trovate anche la
rubrica settimanale di
Paolo Marchi - ha salvato quest'altro scrigno di bellezza da un destino infausto, come avevamo già scritto:
Era il 2006 quando una cordata di amici guidata dal noto Antonio Ricci e dalla moglie Silvia ha acquistato la proprietà, per salvarla da un'importante speculazione edilizia (pazzesco: non vi sarebbe stata alcuna tutela pubblica. Senza l'opera di mecenatismo dei Ricci, tutto sarebbe andato perduto), avviando il tenace e accurato restauro di edificio e parco sotto la direzione dell'architetto Paolo Pejrone. L'uno e l'altro - realizzati a partire dal 1880 e poi appartenuti per decenni a famiglie inglesi illustri: i McMurdo, poi i Dalrymple, quindi gli Hanbury - erano reduci da decenni di abbandono e incuria: eppure si trattava - e si tratta anche ora, che sono tornati all'antico splendore - di gioielli di enorme valore. È una storia triste, anche se c'è l'happy end.

Villa della Pergola ad Alassio e, sotto, uno scorcio dei meravigliosi giardini
Qualcuno ci accuserà di essere di parte: ma chi se ne frega, noi ci mettiamo la faccia, la credibilità, scriviamo quel che pensiamo senza preoccuparci del resto. E celebriamo insomma una storia che racconta un riscatto, finalmente: senza se né ma.
Noi al Nove abbiamo assaggiato praticamente tutti i piatti, 28 proposte in totale. Ve li raccontiamo, le foto sono di Tanio Liotta.

Sardenaira: focaccia al carbone di cipolla, pomodoro datterino, maionese alle acciughe del Cantabrico, origano

Fegatini di coniglio, glassa di amarene di Stellanello

Polpetta di totano, panatura di focaccia al carbone di cipolla, crema di piselli

Crespelle di ceci, nasello alla verbena, oliva taggiasca, erba cipollina, cavolo rosso marinato, maionese al limone

Barbagiovanni di pasta matta, preboggión, ricotta di pecora Brigasca fermentata

Caramelle di toma stracchinata di pecora Brigasca, pellicola di pere, carta di cipolla

I lievitati: crackers all'origano e rosmarino, grissini al grano arso, pane al lievito madre, ciappe

Ostrica: ostrica sbianchita nell'acqua di mare, falso guscio di pasta matta all'alga nori, perla di gambero rosa, brunoise di cetriolo e pera

Zucchine trombetta d'Albenga al forno, la loro crema, i loro fiori, terra di olive taggiasche, ricotta di pecora Brigasca, limone

Brandacujun di stoccafisso Ragno, patate quarantine, panissa di ceci, estratto di prezzemolo, chips di patate viola e pelle croccante di stoccafisso

Bagnun d’acciughe: acciughe locali al verde, cialde di pane di farina del Sassello al nero

Totani locali, gamberi viola di Sanremo in carpione di agrumi del giardino, ricotta fermentata di pecora brigasca, melanzane, ceci di nucetto, dragoncello

Fungo porcino del Sassello, salsa al Vermentino, salsa al prezzemolo, pepe di Sarawak. Il fungo è cotto a 70° e matura una settimana per concentare il gusto

Battuta di Fassona, lardo maison, funghi sanguinelli alla brace, prezzemolo, aglio, olio, chips di patata

Pansotti ripieni di biete e coste, crema all'aglio e peperoncino

Pansotti di noci Pecan, borragine, robiola del Beigua, maggiorana. La pasta dei pansotti è arricchita con le biete

Carnaroli Riserva San Massimo, fondo di moscardini e totani, fragolini locali, pomodoro, peperoncino, terra di olive taggiasche

Minestrone: 15 ortaggi e legumi di stagione, erbe aromatiche dell’orto, il nostro pesto di basilico di Prà

Uovo pochée di gallina ruspante, schiuma di aglio di Vessalico, verdure della Piana, acqua di tartufo nero

Pollo ruspante del Sassello, tartufo estivo, bagnetto verde, la nostra giardiniera

Delizioso il Capretto arrosto, fricassea della sua pancia e spalle, animelle, finferli, patate novelle, fondo di capretto e timo

Capra dei Pirenei e fagioli di Pigna. Il carrè, il filetto e il collo di capra sono affumicati alla brace, l'insalata di fagioli di Pigna con pepe di Sarawak, poi la loro crema all'olio di ginepro, lo scalogno di Calizzano confit e la salsa bordolese

Lumache alla ligure con purea di sedano rapa, caviale di lumaca, germogli di pisello

La cima ligure secondo Giorgio Servetto, tra mondo dolce e quello salato, tra tradizione locale e concetti esotici (ricorda un gunkan): carpaccio di fassona piemontese, ripieno alla genovese (carni bianche, uovo, prezzemolo, erbette, parmigiano, tartufo nero)

Assaggio di formaggi liguri (quasi tutti dal parco del Beigua, tranne quelli da latte di pecora brigasca): robiola di capra del Beigua, colma (un formaggio stagionato a pasta morbida, metà strada tra un brie e un erborinato), brusin (una toma vaccina stagionata 60 giorni, acidula), gassa (formaggio stagionato di latte vaccino affinato nelle erbe aromatiche in grotta), rasté (un formaggio del Beigua, vaccino, 30 mesi), toma di pecora brigasca (sei mesi di stagionatura), ciucco (toma vaccina affinata nelle vinacce), blu del Lavagè con le nocciole, blu del Lavagè classico, bruscio di pecora (una ricotta fermentata di pecora)

Yogurt di pecora brigasca, bavarese di chinotto di Savona, crumble al cacao, carota, agrumi

Pesca ripiena: crema di pesca tabacchiera, crumble di amaretto del Sassello, cremoso di cioccolato fermentato al passion fruit, quenelle di granita di Moscato

Soufflé al cioccolato, gelato fior di latte del Sassello, amarena