«Tre anni fa - avevo appena iniziato il mio percorso da chef qui al Dattilo - una sera arrivarono due coppie di clienti stranieri: me li aveva mandati Romito, io ero uscita da non molto dalla sua scuola e Niko mi faceva un poco di pubblicità... Mangiarono, furono molto soddisfatti, grazie e arrivederci. Qualche settimana fa riconosco uno dei quattro seduto al tavolo, da solo. Guardo la sua comanda, la confronto con quella di allora – le tengo tutte! – e noto che è identica: gli stessi piatti, nel medesimo ordine. Mi incuriosisco, vado da lui, lo saluto e gli chiedo il perché di quella strana scelta. Mi risponde: “Io la ringrazio per avermi fatto rivivere oggi una serata magnifica che avevo trascorso in compagnia di tre persone che amavo e che ora purtroppo non ci sono più”. Mi sono venuti i brividi».
Quale miglior premio di questo, si chiede allora Caterina Ceraudo, che pure ne ha mietuti parecchi in questi ultimi tempi? E quale miglior prova della forza evocatrice della cucina? Con il sospetto che quest’ultima risulti peraltro ulteriormente rafforzata in un posto come il Dattilo di Strongoli, appunto: sorta di microcosmo fatato, in Calabria, provincia di Crotone, lontano da tutto ma vicino al cuore, che papà Roberto ha innervato nei decenni di sogni e visioni splendidi (realizzati, nella gran parte) e che ora Caterina insieme agli altri figli Giuseppe e Susy sviluppa ulteriormente, con coraggio.
E’ proprio
Susy a raccontarci una sorta di capovolgimento di gerarchie, recente (mentre per i nuovi progetti di
Roberto Ceraudo vi rimandiamo a un prossimo articolo,
ndr), che interessa l’attività di famiglia: «Prima i clienti venivano qui per il vino, l’olio, insomma l’azienda agricola; allora noi li sfamavamo e davamo loro una camera per dormire (il ristorante
Dattilo nasce nel 2004, alla guida c’era
Frank Rizzuti,
Caterina aveva 17 anni,
ndr). Oggi è il contrario: arrivano per il ristorante e per pernottare. E’ questa la loro priorità». Così i
Ceraudo si adeguano, «presto rinnoveremo tutte le stanze, ricostruendo da zero gli edifici esistenti. Poi abbiamo in progetto la nascita di una spa dove sarà possibile fare vinoterapia e olioterapia», riprendendo così anche una vecchia passione di
Caterina: «Quando ho finito l’università ho registrato un marchio dedicato proprio alla cosmesi», verrà utile ora che sta studiando prodotti cosmetici a base di vinacce o scarti di lavorazione del frantoio.

Caterina col padre Roberto Ceraudo
D’altra parte la passione per i profumi è una caratteristica peculiare di
Caterina Ceraudo, un’altra è il rispetto per il lavoro e il prodotto. Due episodi lo testimoniano. Il primo: «Quando salgo su un aereo m’impossesso subito della rivista di bordo, vado a vedere i profumi in vendita, leggo la loro composizione: bergamotto, sandalo, gelsomino…». Le è molto d’ispirazione per la creazione di nuovi piatti, «se
Tom Ford abbina in un suo
eau de parfum rosa, patchouli e caffè, vuol dire che sono aromi che legano bene insieme, e questo può diventare per me un utile suggerimento anche in cucina».

Indovina chi viene a cena: Caterina Ceraudo con tre ospiti illustri, Luca Abbruzzino, il suo sous Matteo Morello e Antonio Abbruzzino
Quanto al rispetto del prodotto (e del lavoro) la paciosa e sorridente
Caterina Ceraudo diventa severissima, inflessibile: «Un giorno papà era andato all’alba a raccogliere i pomodori (è meglio coglierli al mattino presto oppure a tarda sera, perché altrimenti inacidiscono sotto i raggi del sole più potenti). Arrivò al ristorante con una cassetta, la depose ma nessuno se ne curò, questa rimase lì due giorni. Finalmente qualcuno la considerò ma intanto i pomodori erano rovinati e vennero buttati. Me ne accorsi, spiegai che al
Dattilo non si lavora così: non si gettano i cibi, non si lasciano rovinare splendide materie prime, soprattutto non si snobba il lavoro altrui. Per un mese la brigata fu chiamata a svegliarsi alle prime luci del giorno e andare a raccogliere i pomodori. Credo abbiano capito la lezione».

Lo staff del Dattilo al completo, o quasi. Da sinistra Luigi Guzzo, Domenico Morabito, Irene Pugnali, Charline Chan, Christian Vuono, Angelica Salerni, Antonietta Toscano, il bravissimo maître Antonio Masino, Caterina Ceraudo, Andreina Renzi, Sara Villirillo, il pastry chef Beniamino Galentino e Susy Ceraudo, gran donna di cantina (foto Tanio Liotta)
Noi abbiamo capito anche altre cose:
Dattilo è ormai una macchina da guerra. Impressionano positivamente non solo la cucina – lo davamo per scontato, e come controprova basta scorrere la fotogallery, gli scatti sono di
Tanio Liotta – e la location, ma anche il servizio, competente, preciso, attento, cordiale. I piatti escono con puntualità cronometrica, rispettando alla perfezione le chiamate del timer che scandisce il lavoro dello staff. La
Ceraudo cresce di suo, raccontando con talento ed estro gli straordinari prodotti calabresi, senza barriere mentali. Si pone traguardi importanti e non è lontana dal raggiungerli, almeno a parare di chi scrive: per averne conferma piena, sono sufficienti assaggi di grandissimo livello:
Dentice, bergamotto, limo e pepe rosa, un classico quale
Triglia, pane e arance, o ancora
Maiale, fichi marinati e menta, per finire con un dessert
romitiano straordinario,
Cioccolato bianco Ivoire 35%, liquirizia, frutti rossi e aceto di lamponi. E presto sapremo cosa presenterà con noi di
Identità in America, mese di ottobre, prima a New York e poi a Boston.