29-10-2023

Ritorno di Michelangelo Mammoliti e racconto della quieta inquietudine di uno chef-autore

Taglia i ponti col passato e punta all'essenziale pur in contrasto con il suo stile complesso, che dal Piemonte guarda al mondo: assaggio dei nuovi piatti a La Rei Natura, il nuovo ristorante nelle Langhe

Dopo lunga attesa, Michelangelo Mammoliti è torna

Dopo lunga attesa, Michelangelo Mammoliti è tornato, con il suo nuovo La Rei Natura all'interno del Boscareto Resort di Serralunga d'Alba (Cuneo). Foto Marco Varoli

C’è – c’è sempre stata, continua a esserci – una inquietudine quieta nella cucina e nella stessa personalità di Michelangelo Mammoliti, chef che finalmente abbiamo ritrovato nei giorni scorsi dopo la lunga pausa dovuta alla sua decisione di abbandonare la Madernassa, dove aveva conquistato i due macarons, per sposare il progetto del rinnovato Boscareto, nel frattempo rimasto fermo due anni per importanti lavori di ristrutturazione.

Quieta inquietudine, di per sé un ossimoro: lo chef ricerca una quietezza di sentimento rispetto a un proprio impulso istintivamente sempre irrequieto, come quando dice:

«Qui a La Rei Natura, dopo tanti anni, in attesa che finissero i lavori ho potuto sedermi tranquillo alla mia tavola, mangiare i miei piatti. Quello che facevo prima andava molto bene, ma avevo modo di assaggiarlo solo nella foga del momento, al pass, impegnato a cucinare. Invece questa volta mi sono preso tutto il tempo: ho osservato bene le temperature col termometro, ho calcolato i tempi al secondo, ho stabilito esattamente quanta salsa mettere… E che tipo di mise en place proporre. Mi son reso conto che i vecchi piatti erano oggettivamente molto buoni, per il Michelangelo di una volta erano magari addirittura eccezionali. Ma per quello di adesso no, non più. Così ho deciso di cambiare».

Inquietudine nella quietezza, appunto. Come anche qui:

«Mi dicono tutti: dovresti proporre tanti piatti piemontesi! In effetti sto maturando l’idea di un menu che parli ancor di più del Piemonte. Ma intanto io il vitello tonnato non lo preparo, anche se me lo chiedono. No! Lo farò solo quando me lo sentirò dentro. E i plin? Neanche! Però ho in menu un raviolo che nel complesso rimanda a quelli…».

Di nuovo un ossimoro logico: Mammoliti ha la disciplina totale che gli deriva dalla lunga esperienza francese, ma una naturale indisciplina (creativa) di pensiero, il voler fare di testa sua, il seguire un percorso originale che poi gli vale uno stile di cucina personalissimo. E ancora, in fatto di ossimori: «La mia cucina è Piemonte, è Italia, è Francia, è resto del mondo», insomma il voler essere tutto insieme, radici e nuvole, il cogliere da ogni stimolo della vita (passato-presente-futuro) un’identità che ne abbia però di molteplici, ne nasconda altre come una matrioska. Altrimenti, pensa lui, è troppo facile. Eppure, di nuovo su un doppio binario, come fosse lo yin e lo yang: «Ho ripreso una riflessione di dieci anni fa, che facevo con Yannick Alléno: bisogna andare all’essenziale. Voglio allontanarmi il più possibile da quello che facevo prima: quello era il Michelangelo di una volta, ora ce n’è uno nuovo, che mira all’essenzialità del prodotto. Penso di aver cominciato a cucinare solo ora. E sono diventato istintivo».

Michelangelo Mammoliti al lavoro. Foto Marco Varoli

Michelangelo Mammoliti al lavoro. Foto Marco Varoli

Quindi in questa complessità minimale che è nel medesimo tempo minimalismo complesso, ossia la cucina di Mammoliti; dicevamo, in questa continua tensione alla perfezione ritroviamo l’impronta vivida del grande chef. Lui è irrisolto nelle premesse, risolto nella “mano”, ossia nell’istinto e nella tecnica, in definitiva quasi risolto come esito, che è poi qualcosa di straordinario di per sé visto che è talmente ambizioso, vuole così fortemente lasciare il segno, si sceglie un percorso di sintesi così enormemente difficile, quasi impossibile, da giungere a rinnegare persino il sé stesso dell’altroieri, alla ricerca di un Michelangelo ancora e ancora e ancora migliore. Una specie di tensione perenne come cardine per trovare l’appagamento.

Tutta questa ambizione, quasi ossessiva, è però – appunto - sorretta da tecnica, dedizione, creatività, istinto tanto alti che, se dovessimo scommettere, non avremmo dubbi a puntare su di lui, sul fatto che diventerà sempre più grande. È, oggettivamente, già un autore.

La cena si divide in tre atti: un preambolo nel salottino, il percorso vero e proprio (ci sono tre degustazione: quello dedicato al tartufo, quello Voyage più breve e il nostro Mad 100% Natura) e il finale dolce, in un altro spazio ancora. Molta verdura, gran approfondimento sulle salse, grande cura della panificazione (perfetta anche nella gestione in sala: di pani ne arrivano in quantità limitata e dunque corretta, diversi, abbinati, al momento giusto, per calmare l’ingordigia e rendere un accompagnamento perfetto. Menzione speciale per i grissini sfogliati al pomodoro: clamorosi), echi territoriali e poi la dispensa del mondo.

La prima parte del menu, accomodati sui divanetti della sala d’entrata al ristorante, è costituita da una serie di appetizer (uno meglio dell’altro) preparati live in uno spazio appositamente dedicato, un’isola con tre ragazzi (Alessio Chiabrando, classe 1999 da Villafranca Piemonte; Alessandro Ravelli, classe 2001 da Cuneo; e Silvia Talamonti, classe 1998 da Ascoli Piceno): Tuille al nero di seppia farcita con mousse di tonno e lime; Tartelletta con tartare di scampo e fagiolini saltati, Sanguinaccio veg con riso venere e barbabietola, gel di peperone; Pomme soufflé al cacio e pepe; Farinata con lardo di Colonnata scottato e pepe del Sarawack; Peperoni farciti con chiocciole di Cherasco, riduzione alla tagete; Sorbetto al pomodoro arrostito, senapi, senape reidratata con Savagnin blanc, salume di petto d’anatra.

Qui e sotto, La Rei Natura. Foto Marco Varoli

Qui e sotto, La Rei Natura. Foto Marco Varoli

Poi ci si accomoda a tavola. Per parlare di piatti singoli, noi - sarà anche questione di gusti - abbiamo trovato enormemente a fuoco il lavoro di Mammoliti sul salmastro e sulla salamoia (Salamoia: gamberi di Sanremo (crudi e in tempura), gel di yuzu ponzu, coulis di teste di gambero arrostite, finte olive di patata nappate con crema di taggiasche, crema di aglio fermentato, shot di salamoia di olive. E Riviera: fusillo cotto in acqua di salamoia di taggiasche, polvere di peperone affumicato, condimento di finocchietto selvatico e taggiasche, un’illuminazione sulla via del primo piatto italiano). Eccellente il Salmì marino: triglia cotta in olio di armelline e foie gras, condimento di prugne e albicocche disidratate, pasta di tamarindo, minute di tartufi di mare, succo giapponese d’uva (uva coltivata in altitudine e poi crioestratta, quindi acidula), foglia ostrica, ficoide glaciale, finocchio marino, dashi di ricciola affumicata. E ancora il complessissimo Barbacoa, ossia carré di agnello iberico cotto in pib di marna di Langa come un barbacoa (lo chef gli dona tutti i profumi del Messico: l’agnello è avvolto in foglie di banano, poi salsa di tomatillo arrostito profumata allo huacatay e all’epazote, mole di cacao e caffè. La costoletta d’agnello è marinata e impanata in croccante di semi soffiati. Il pib è un forno di terracotta tipico della penisola dello Yucatán, in Messico. Questa tecnica di origine preispanica consiste nello scavare una buca, accendere un fuoco con legna e pietre e cuocere il cibo - tradizionalmente maiale o pollo - a fuoco basso, il tutto ricoperto da altra terra).

Ma ecco i nostri assaggi, nelle foto di Tanio Liotta.

Cavolfiore cotto in garum di pollo, pollo croccante e jus di cavolfiore e pollo

Cavolfiore cotto in garum di pollo, pollo croccante e jus di cavolfiore e pollo

Pomod’oro: pomodoro cuore di bue appassito, coulis di datterini gialli e rossi, ciliegini, gel di acqua di pomodoro e olio al finocchietto, pesto di shiso, salsa al salmorejo, pane fritto di lievito madre, prosciutto crudo di Cuneo

Pomod’oro: pomodoro cuore di bue appassito, coulis di datterini gialli e rossi, ciliegini, gel di acqua di pomodoro e olio al finocchietto, pesto di shiso, salsa al salmorejo, pane fritto di lievito madre, prosciutto crudo di Cuneo

Salamoia: gamberi di Sanremo (crudi e in tempura), gel di yuzu ponzu, coulis di teste di gambero arrostite, finte olive di patata nappate con crema di taggiasche, crema di aglio fermentato, shot di salamoia di olive

Salamoia: gamberi di Sanremo (crudi e in tempura), gel di yuzu ponzu, coulis di teste di gambero arrostite, finte olive di patata nappate con crema di taggiasche, crema di aglio fermentato, shot di salamoia di olive

Castelfranco: scampi cotti al vapore di radicchio di Castelfranco, rape in papillote di radicchio di Castelfranco con alghe, infusione di scampi al kaffir lime e caviale limone, crema acidula con pepe di Tasmania, limone alla marocchina, tagete

Castelfranco: scampi cotti al vapore di radicchio di Castelfranco, rape in papillote di radicchio di Castelfranco con alghe, infusione di scampi al kaffir lime e caviale limone, crema acidula con pepe di Tasmania, limone alla marocchina, tagete

Forono: barbabietola forono cotta in papillote vegetale, furikake di prugna, caviale, salsa allo shiso rosso, storione affumicato

Forono: barbabietola forono cotta in papillote vegetale, furikake di prugna, caviale, salsa allo shiso rosso, storione affumicato

Karma: peperone di Capriglio, bagnetto rosso, bagnetto verde, bagnetto giallo, alici marinate e estrazione di semi tostati

Karma: peperone di Capriglio, bagnetto rosso, bagnetto verde, bagnetto giallo, alici marinate e estrazione di semi tostati

Coj: fini foglie di verza e lardo arrostito, patate, jus di kimchi, infusione leggera alla bagna cauda

Coj: fini foglie di verza e lardo arrostito, patate, jus di kimchi, infusione leggera alla bagna cauda

Dui purun: ravioli alla piemontese farciti di bagnetto rosso, giallo e verde alla piemontese, pralinato di teste di alici, tartare di alici, mitsuba, infusione di insalata della domenica (peperoni e melanzane. Acqua di vegetazione calda, «l’insalata che mi preparava mio papà»)

Dui purun: ravioli alla piemontese farciti di bagnetto rosso, giallo e verde alla piemontese, pralinato di teste di alici, tartare di alici, mitsuba, infusione di insalata della domenica (peperoni e melanzane. Acqua di vegetazione calda, «l’insalata che mi preparava mio papà»)

Mitone: raviolo di vitello, zabaione profumato alla cannella e chiodi di garofano, capperi, jus al vitello tonnato

Mitone: raviolo di vitello, zabaione profumato alla cannella e chiodi di garofano, capperi, jus al vitello tonnato

Riviera: fusillo cotto in acqua di salamoia di taggiasche, polvere di peperone affumicato, condimento di finocchietto selvatico e taggiasche

Riviera: fusillo cotto in acqua di salamoia di taggiasche, polvere di peperone affumicato, condimento di finocchietto selvatico e taggiasche

Apollo: spaghetti cotti in estrazione di pollo arrosto “come i profumi della domenica”. Un piatto storico di Mammoliti

Apollo: spaghetti cotti in estrazione di pollo arrosto “come i profumi della domenica”. Un piatto storico di Mammoliti

Salmì marino: triglia cotta in olio di armelline e foie gras, condimento di prugne e albicocche disidratate, pasta di tamarindo, minute di tartufi di mare, succo giapponese d’uva (uva coltivata in altitudine e poi crioestratta, quindi acidula), foglia ostrica, ficoide glaciale, finocchio marino, dashi di ricciola affumicata

Salmì marino: triglia cotta in olio di armelline e foie gras, condimento di prugne e albicocche disidratate, pasta di tamarindo, minute di tartufi di mare, succo giapponese d’uva (uva coltivata in altitudine e poi crioestratta, quindi acidula), foglia ostrica, ficoide glaciale, finocchio marino, dashi di ricciola affumicata

Testa nera: pavé di ricciola arrostita e glassata con succo di porcini, minute di cannolicchi trifolati, porcino impanato, olio di issopo, salume di ricciola marinata in fiori di sambuco

Testa nera: pavé di ricciola arrostita e glassata con succo di porcini, minute di cannolicchi trifolati, porcino impanato, olio di issopo, salume di ricciola marinata in fiori di sambuco

Barbacoa: carré di agnello iberico cotto in pib di marna di Langa come un barbacoa. Lo chef gli dona tutti i profumi del Messico: l’agnello è avvolto in foglie di banano, poi salsa di tomatillo arrostito profumata allo huacatay e all’epazote, mole di cacao e caffè. La costoletta d’agnello è marinata e impanata in croccante di semi soffiati (grano saraceno, quinoa, amaranto…), Infine, tuille di mais

Barbacoa: carré di agnello iberico cotto in pib di marna di Langa come un barbacoa. Lo chef gli dona tutti i profumi del Messico: l’agnello è avvolto in foglie di banano, poi salsa di tomatillo arrostito profumata allo huacatay e all’epazote, mole di cacao e caffè. La costoletta d’agnello è marinata e impanata in croccante di semi soffiati (grano saraceno, quinoa, amaranto…), Infine, tuille di mais

Vert: petto di germano reale ai cinque pepi, sauce á manger (jus di germano reale, mirtilli selvatici), fichi, pickles di ciliegie, chipotle

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Essenziale per essere felici: biscuit al cacao profumato alla fava di tonka, crema di pane della tradizione e pralinato di nocciole

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Paris: daquoise alla nocciola e caffè, ganache al caffè guatemalteco, condimento di mandorle, caffè e champignons, polvere di caffè e porcini

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Carlo Mangio

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La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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