25-10-2023

Come scegliere prodotti a base tartufo? Qualche regola per evitare le fregature

Sul mercato vengono vendute, in vasetti, tante salse, carpacci, creme di (o con, o "a base di") tartufo. Alcune eccellenti, altre pessime. Una recente degustazione alla cieca ci aiuta a capire quali indizi cogliere per un buon acquisto

È stata dura, durissima, l'altro giorno, a Identità Golose Milano. Giuro: a un certo punto avrei voluto non essere lì, teletrasportarmi altrove, mentre alla fine avevo palato distrutto e stomaco in disordine, praticamente un ko tecnico. L'occasione era una degustazione alla cieca di vari prodotti a base di tartufo, avete presente tutte quelle "creme al tartufo", "salse tartufate", "carpacci di tartufo a fette" et similia che affollano certi scaffali della grande distribuzione? Ecco: quella roba lì. Per essere chiari, dato che non c'è proprio nulla da nascondere: l'appuntamento era organizzato da Luigi Dattilo di Appennino Food Group, col (suo) onesto intento di dimostrare l'eccellenza del proprio catalogo, che comprende anche le referenze sopracitate, risultate davvero mille, diecimila spanne sopra alle altre, un rifugio di bontà in un incubo del sapore. Ma questo articolo non vuole essere, e non sarà, l'elogio di una singola azienda, di Appennino. Vuole fornire piuttosto delle indicazioni utili e il più possibile oggettive per le scelte d'acquisto, per non farvi turlupinare da certi prodotti che a volte sciorinano la parola "tartufo" come specchietto per le allodole ma non sono solo scadenti, di più. Per non finire, insomma, come il sottoscritto, che avendo assaggiato gli ottimi, i buoni ma anche i pessimi, s'è visto le papille gustative massacrate da questi ultimi.

La norma d'ingaggio era: acquisto di tali prodotti presso la grande distribuzione, una decina di referenze in tutto delle marche in commercio, tra le più note, quelle appunto presenti nella gdo; poi, assaggio alla cieca; infine, valutazione e disamina tecnica. Ne sono emerse tante regolette utili per formarsi un'idea obbiettiva di come comperare prodotti tartufati, ché possono essere davvero eccellenti, senza doversene poi amaramente pentire e senza dover ricorrere alla Citrosodina. Perché Natale è quasi alle porte: facciamo che i pasti delle feste possano essere un sogno, non un incubo.

Alcune etichette di prodotti che abbiamo assaggiato (no, questi non sono i migliori...)

Alcune etichette di prodotti che abbiamo assaggiato (no, questi non sono i migliori...)

LE ETICHETTE - La prima regola pare una banalità, ma è la madre di tutte le altre: leggere bene l'etichetta. Prendiamo un prodotto a caso, "Specialità con Parmigiano Reggiano e Tartufo Bianchetto", già la definizione pone dei dubbi: "specialità con", che significa? Come direbbe Nanni Moretti, le parole sono importanti. La lettura degli ingredienti fuga ogni dubbio: "Panna, Parmigiano Reggiano Dop 5%, amido di mais, tartufo bianchetto 3%, sale, aromi. Acidificante: E270". In sostanza si sta acquistando una "specialità" che all'85% circa è semplice panna. Di per sé, non benissimo, ma poco male. Il problema vero sono le ultime due indicazioni: aromi e acidificante.

GLI AROMI - La legge italiana consente ai produttori di non specificare meglio in cosa consistano questi "aromi": è facile che si tratti del cosiddetto “aroma d’impatto” ottenuto in laboratorio per via sintetica a imitazione di quello naturale. Prendiamo il caso del tartufo bianco, il più pregiato: il suo aroma inconfondibile è dato da una componente naturale, il bismetiltiometano, che può essere quindi estratto dal tartufo per rinforzare poi l'appetibilità del prodotto tartufato, con costi però davvero elevati. Oppure può essere prodotto in laboratorio a prezzo decisamente inferiore (lo si può ottenere persino in alcuni passaggi della lavorazione del petrolio!). Come accorgersene? L'etichetta come detto non ci aiuta, sotto la voce "aromi" può trovarsi il bene e il male. Poi, ex post, parla il vostro stomaco: le molecole di bismetiltiometano ottenute sinteticamente risultano spesso indigeste, son quelle che "vengono su" dopo il pasto. E in primis c'è un segnale indiretto, diremmo empirico, ma significativo: il tartufo, specie quello bianco, è prodotto d'eccellenza, è inevitabilmente costoso. E quindi...

IL PREZZO - ...e quindi: se il prodotto tartufato che vedete nello scaffale ha un prezzo ridicolo, di pochi euro, è inevitabile che di tartufo vero ne abbia poco e niente. L'escamotage è: inserisco una percentuale irrisoria di tartufo, magari di bassa qualità, giusto per poter indicare che c'è; non apporterà praticamente alcun aroma di suo, al che è sufficiente sparare nel prodotto una bella quantità d'aroma sintetico, che costa pochissimo, e il gioco è fatto. Ma noi non vogliamo farci prendere in giro.

GLI ACIDIFICANTI - Torniamo alla nostra etichetta di prima. Su aroma abbiamo fatto chiarezza. Poi c'è l'acidificante. Il tartufo è un prodotto basico, di basicità compresa tra 7,4 e 8,4 (pH sub alcalino. L'acqua, che è l'elemento neutro per eccellenza, ha pH 7); si sviluppa sottoterra, a contatto con agenti patogeni e fungini; per essere conservato in vasetto, ci sono due soluzioni: 1) l'utilizzo di sostanze acidificanti; 2) la sterilizzazione. Questa seconda opzione neutralizza tutti i patogeni, non modifica il sapore, ma ha... un grosso difetto: è costosa, comporta l'acquisto di autoclave apposita e un processo di lavorazione complesso, torniamo alla variabile "prezzo". L'acidificazione (con acido lattico E270, come nel caso sopracitato; o con acido L-ascorbico E300; o con citrato di sodio E331; e così via...) inquina il gusto, abbatte il prezzo, ma anche la qualità.

RICETTAZIONE CREATIVA - A leggere l'etichetta di tante salse tartufate, scoprirete che l'ingrediente principale delle stesse sono i funghi, soprattutto champignons, diciamo circa il 50% dell'insieme. Spesso c'è anche l'aggiunta di olive nere. In sé, nulla di male, anzi è normale: le olive "richiamano" o "completano" il sapore del tartufo, i funghi fanno da vettore del suo aroma. Purché, ovviamente, il tartufo stesso vi sia e in quantità sufficienti! Non ne serve parecchio: ma se è indicato all'1%, facile che serva solo come specchietto per le allodole, dia poco o nessun sapore di suo, funzione che viene delegata a quel famigerato aroma - spesso sintetico - del quale vi abbiamo già parlato. Poi, sempre su certe etichette si fan scoperte curiose: c'è la "salsa di funghi e tartufi estivi" che contiene nero di seppia, come colorante (se il prodotto è a base di tartufo nero, renderlo un po' scuro uniforme aiuta la percezione e copre i difetti), ma a noi è parso di percepire una sgradevole nota salmastra al palato. Solo suggestione? No: c'era anche l'aggiunta di sale, perché se il prodotto di base è discutibile e perdipiù vi è l'aggiunta del nero di seppia, occorre fermare l'attività dell'acqua. Lo si ottiene con gli acidificanti ma anche il sale aiuta: si sa, il sale ha funzione conservante.

Poco da dire: i prodotti di Appennino Food Group sono risultati di alta qualità. Ma qui vogliamo solo fornirvi dei parametri oggettivi di scelta

Poco da dire: i prodotti di Appennino Food Group sono risultati di alta qualità. Ma qui vogliamo solo fornirvi dei parametri oggettivi di scelta

MA QUALE TARTUFO? - C'è tartufo e tartufo, ovviamente: sono presenti circa 100 tipologie in natura, ma solo 9 vengono considerate commestibili. Esiste però pure una classificazione dei tartufi conservati, che è norma: otto livelli, si va dal "super extra" (ben maturo, polpa soda) alla "pelatura di tartufi", praticamente le bucce. In alcuni prodotti tartufati troviamo l'indicazione "tritume di tartufi estivi": è il penultimo livello prima della "pelatura", pezzi anche minuscoli di tartufi di varietà diverse, anche disparate, è ammesso persino il Tuber mesentericum Vitt., che ha bassissimo valore gastronomico e un "bel" retrogusto di naftalina. In un'altra referenza ecco "pezzi di tartufo", è il terzultimo livello. Diffidate, comprate solo qualità.

SE IL TARTUFO FA ACQUA - Certe etichette riportano come componente, magari al secondo o terzo posto, l'acqua. La cosa curiosa è che poco dopo sempre sull'etichetta si rileva l'aggiunta di addensanti come lecitina di soia, fibra vegetale o amido di mais. Sembra una contraddizione perché l'acqua diluisce, questi ultimi addensano. La somma fa: hanno semplicemente allungato il brodo, per vedervi più peso, per aumentare il volume del prodotto. Comprate aria, o meglio acqua.

FRESCO O CONGELATO? - Sul mercato si trovano "carpacci di tartufo", ossia tartufi a fettine. Come scegliere quello migliore? È abbastanza facile: nella nostra degustazione alla cieca, ci siamo imbattuti in carpacci a base di tritume o pezzi di tartufo, ossia le categorie inferiori. È assai probabile in tali casi che il prodotto iniziale sia stato congelato, una rovina: la fibra del tartufo viene spaccata dal doppio trattamento termico (la congelazione con la formazione dei cristalli, poi la decongelazione per il confezionamento in vasetto sottolio), la consistenza cambia, il suo sapore si perde e viene contaminato dall'olio che infiltra le spaccature createsi nella fibra. S'intuisce se il carpaccio derivi dalla lavorazione di tartufo fresco o congelato dallo spessore delle fette: nel caso del congelato, sono necessariamente più spesse. Uno pensa: che bello, avrà un gusto più intenso! E invece...


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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