Fabrizio Marino
Animelle e spugnole in timballo di pasta, salsa di foie grasdi Yannick Alléno
Primo piano Su Identità Digitali, sette piccole rivoluzioni e un unico comune denominatore: la pasta
SEMPRE PIÙ IN ALTO. Giuseppe Palmieri, 38 anni, e Massimo Bottura, 50 anni, rispettivamente uomo di sala e cuoco dell'Osteria Francescana di Modena, telefono +39.059.210118. Aperto nel 1995, il ristorante ha ottenuto una (2002), poi due (2006) poi tre stelle Michelin (2011) e il terzo posto assoluto della World's 50 Best (2013)
Il fatto è noto: per la prima volta, un ristorante italiano è nella top 3 della World’s 50 Best. E qualcosa di importante vorrà pur significare se Joan Roca, lo chef ora comodo in vetta coi fratelli Josep e Jordi, qualche giorno fa ci ha confessato che «Nelle 24 ore successive all’elezione, il nostro sito ha registrato due milioni di contatti unici». Due milioni. Chissà quanti sono finiti a cliccare sul web dell’Osteria Francescana. Di certo c'è che ogni giorno ci provano in media in 150 a prenotare a Modena, con lo staff che però non può farne sedere più di 35 per turno. L’insegna in via Stella fu scoperta per la prima volta nel 1995 dal cuoco Massimo Bottura, di lì a 5 anni raggiunto sul ponte di comando dal maître e sommelier Giuseppe Palmieri da Matera. In 17 anni il mestiere del patron si è modellato fino ad assumere forme sue e solo sue. E forse questo è il merito più grande di Bottura, come quello di tutti i grandi cuochi che – per parafrasare la nota frase di Gualtiero Marchesi - laddove mai copiassero, hanno cura di occultare la fonte con la forza del grande slancio creativo, che riduce il modello di partenza a un puntino lontano.
Le lumache nella vigna, un piatto che riassume bene prevenienza e destino della cucina di Bottura Certo, la sfoglia dei tortellini è ancora mossa dalla mano invisibile della rezdora Lidia Cristoni. Nella grammatica ed esecuzione di un fondo bruno c’è tutto il rigore ortodosso di Georges Cogny. La selezione di irreprensibili ingredienti du marché è figlia del monito di Alain Ducasse. Nelle frequenti frammistioni dolce/salato, così come nell’impulso alla cooperazione con innovatori di altri campi, c’è l’esempio di Ferran Adrià.
Le lumache nella vigna, un piatto che riassume bene prevenienza e destino della cucina di Bottura
Ma poi la cucina di via Stella acquista indipendenza man mano che si auto-genera nella sua epica, del racconto e del viaggio. Odissee in acque vicine e lontane (il capitone, il merluzzo, l’ostrica), tecniche dalla retorica del territorio (il carpione, le lunghe frollature), ricapitolazioni dei cicli commestibili degli animali (la mucca, la lumaca), ironie che rimbalzano in fondo quello che credevi prioritario. Addizioni di ingredienti che sono efficaci perché conoscono bene il valore delle sottrazioni, cui però non è detto che convenga sempre arrestarsi. E, ci pare, anche un indugiare più di sempre sui toni amari e acidi, con un lavoro che cerca di infrangere pregiudizi (prima di tutto semantici) ancora troppo radicati sotto alle Alpi.
Schemi veri e unici, come quelli che disegna col suo passo Giuseppe Palmieri, il Don Chisciotte della sala che si batte con pochi altri per ridare dignità a universo ancora troppo impopolare. Che «se continuiamo a ignorare il mestiere di camerieri», ha denunciato lo stesso Bottura su un palco di Identità, «tra pochi anni ci troveremo davanti a un esercito di cuochi disoccupati». Alla fine della fotogallery qui sotto, noterete che tutti i ragazzi della brigata sorridono. È perché i due condottieri sanno motivare e trascinare. Il segreto delle squadre più titolate.
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo