L'Osteria Francescana ai raggi x

Ottanta scatti per fotografare la scalata di Bottura & Palmieri al terzo posto del mondo

22-05-2013
a cura di Gabriele Zanatta
SEMPRE PIÙ IN ALTO. Giuseppe Palmieri, 38 anni, e

SEMPRE PIÙ IN ALTO. Giuseppe Palmieri, 38 anni, e Massimo Bottura, 50 anni, rispettivamente uomo di sala e cuoco dell'Osteria Francescana di Modena, telefono +39.059.210118. Aperto nel 1995, il ristorante ha ottenuto una (2002), poi due (2006) poi tre stelle Michelin (2011) e il terzo posto assoluto della World's 50 Best (2013)

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I porticati di Modena, 186mila abitanti e 3 ristoranti con almeno una stella Michelin: Hostaria del Mare (1), Erba del Re (1) e Osteria Francescana (3 stelle), cui siamo diretti
Prevalgono i toni gialli e rossi
La città porta ancora i segni del sisma del maggio 2012. Il 4 maggio 2013, giorno della nostra visita, si è registrata una scossa di magnitudo 3,8

Il fatto è noto: per la prima volta, un ristorante italiano è nella top 3 della World’s 50 Best. E qualcosa di importante vorrà pur significare se Joan Roca, lo chef ora comodo in vetta coi fratelli Josep e Jordi, qualche giorno fa ci ha confessato che «Nelle 24 ore successive all’elezione, il nostro sito ha registrato due milioni di contatti unici». Due milioni. Chissà quanti sono finiti a cliccare sul web dell’Osteria Francescana. Di certo c'è che ogni giorno ci provano in media in 150 a prenotare a Modena, con lo staff che però non può farne sedere più di 35 per turno.

L’insegna in via Stella fu scoperta per la prima volta nel 1995 dal cuoco Massimo Bottura, di lì a 5 anni raggiunto sul ponte di comando dal maître e sommelier Giuseppe Palmieri da Matera. In 17 anni il mestiere del patron si è modellato fino ad assumere forme sue e solo sue. E forse questo è il merito più grande di Bottura, come quello di tutti i grandi cuochi che – per parafrasare la nota frase di Gualtiero Marchesi - laddove mai copiassero, hanno cura di occultare la fonte con la forza del grande slancio creativo, che riduce il modello di partenza a un puntino lontano.

Le lumache nella vigna, un piatto che riassume bene prevenienza e destino della cucina di Bottura

Le lumache nella vigna, un piatto che riassume bene prevenienza e destino della cucina di Bottura

Certo, la sfoglia dei tortellini è ancora mossa dalla mano invisibile della rezdora Lidia Cristoni. Nella grammatica ed esecuzione di un fondo bruno c’è tutto il rigore ortodosso di Georges Cogny. La selezione di irreprensibili ingredienti du marché è figlia del monito di Alain Ducasse. Nelle frequenti frammistioni dolce/salato, così come nell’impulso alla cooperazione con innovatori di altri campi, c’è l’esempio di Ferran Adrià.

Ma poi la cucina di via Stella acquista indipendenza man mano che si auto-genera nella sua epica, del racconto e del viaggio. Odissee in acque vicine e lontane (il capitone, il merluzzo, l’ostrica), tecniche dalla retorica del territorio (il carpione, le lunghe frollature), ricapitolazioni dei cicli commestibili degli animali (la mucca, la lumaca), ironie che rimbalzano in fondo quello che credevi prioritario. Addizioni di ingredienti che sono efficaci perché conoscono bene il valore delle sottrazioni, cui però non è detto che convenga sempre arrestarsi. E, ci pare, anche un indugiare più di sempre sui toni amari e acidi, con un lavoro che cerca di infrangere pregiudizi (prima di tutto semantici) ancora troppo radicati sotto alle Alpi.

Schemi veri e unici, come quelli che disegna col suo passo Giuseppe Palmieri, il Don Chisciotte della sala che si batte con pochi altri per ridare dignità a universo ancora troppo impopolare. Che «se continuiamo a ignorare il mestiere di camerieri», ha denunciato lo stesso Bottura su un palco di Identità, «tra pochi anni ci troveremo davanti a un esercito di cuochi disoccupati».

Alla fine della fotogallery qui sotto, noterete che tutti i ragazzi della brigata sorridono. È perché i due condottieri sanno motivare e trascinare. Il segreto delle squadre più titolate.