08-04-2020

Josko Gravner: l'emergenza serva per ripensare l'agricoltura

Il vignaiolo di Oslavia: le logiche del profitto stanno rovinando la terra. La salute e l'onestà valgono più di tanti vini perfetti

Josko Gravner, classe 1952, vignaiolo a Oslavia (G

Josko Gravner, classe 1952, vignaiolo a Oslavia (Gorizia)

Abbiamo sentito al telefono Josko Gravner, vignaiolo in frazione Lenzuolo Bianco a Oslavia, provincia di Gorizia, a una manciata di passi dalla Slovenia. Concetti profondi sul presente e sul futuro.

Come vanno le cose nell’emergenza?
Tutto sommato bene. Personalmente mi sembra di tornare indietro di 50 anni. Mi alzo alle 5, lavoro tranquillo. Certo, c’è stato qualche ostacolo: per una settimana non potevo andare in Slovenia, dove abbiamo una parte dei terreni. Ora si può ma occorre fare 30 chilometri quando prima bastava fare 500 metri: il confine si può passare solo attraverso pochi valichi controllati. Piccole difficoltà, tutto sommato, niente rispetto a quello che stanno vivendo i ristoratori.

Una categoria molto fragile.
Penso soprattutto ai miei amici ristoratori di Venezia, penalizzati due volte in pochi mesi, la prima per l’acqua alta tra dicembre e gennaio. Però mi conforta che, quando li chiamo, li sento pieni di fiducia. Credo succeda perché, in fondo, sappiamo bene che noi italiani siamo più bravi degli altri a far da mangiare. Le nostre tavole trasmettono una cultura gastronomica profonda.

Economicamente ne avete risentito?
Un poco, vendiamo meno ma non sono preoccupato: i vini di quest’anno li acquisteranno tra 10 anni. Dalla Slovenia mi dicono invece che la fascia alta si è fermata, che vendono solo i prodotti da un euro a bottiglia. Già non è un bel periodo, ma bere vini pessimi peggiora le cose.

Filari a Oslavia (foto Barsanti)

Filari a Oslavia (foto Barsanti)

Crede che la crisi cambierà il modo di pensare e produrre? Corrado Assenza auspica il ritorno alla saggezza dei piccoli artigiani.
Sicuro. La salvezza è nel lavoro dell’artigianato virtuoso, delle persone di grande valore ed esempio, che dobbiamo far emergere a ogni costo. Di certo dovrà cambiare una certa visione dell’agricoltura. Se io estirpo due ettari e mezzo di riesling perché voglio piantare solo ribolla, so bene che devo attendere 7 anni prima di farlo perché il terreno va fatto riposare. Il paradosso è che ora rischio di perdere i diritti di impianto perché il profitto a ogni costo non attende tempo. Ma così seguiamo una direzione contraria a quella della natura.

Cosa dovremmo fare secondo lei?
Approfittare di queste giornate drammatiche per riflettere su tante cose. Per esempio dire basta alla concimazioni chimiche, agli acini gonfiati dalle irrigazioni, una pratica che andrebbe sospesa per sempre. Basta alle logiche che arricchiscono pochi, che non lasciano nulla nelle tasche dai contadini e finiscono magari nel prosecco da spritz, in molti casi benefico quanto il veleno. Basta ai vitigni manipolati geneticamente per resistere alle malattie, un trend in incredibile ascesa: ok, ora sono resistenti, ma per quanto tempo lo saranno? E a che prezzo per la nostra salute?

C’è altro?
Abbia pazienza, ma se devo elencare tutte le pratiche scorrette di vigna e cantina non la smetto più. Perché per esempio oggi spumantizzano tutti, vendemmiando a luglio su terreni in cui crescono a cipressi e ulivi? Ancora, perché tutto questo aumento scriteriato delle rese dell’uva per ettaro? C'è chi festeggia la produzione della milionesima bottiglia; ma l'anno dopo sei costretto a imbottigliarne 1 mlione e centomila. E se aumenti la produzione, la qualità ma anche la salubrità del vino non è più quella, mi sembra un principio ovvio. La terra così non può tenere per sempre, e prima ce ne accorgeremo, meglio sarà per tutti.

La cantina delle anfore di Gravner

La cantina delle anfore di Gravner

Lei è fedele ai principi della biodinamica.
Sì, il miglioramento delle mie vigne negli ultimi 5 o 6 anni è stato incredibile. Ma non voglio imporre nulla a nessuno. Semplicemente segnalare quel che mi ha detto un signore che mi fornisce le attrezzature: ‘oggi ci sono 3 tipi di bio: il biologico, il biodinamico e il biofurbo, cioè quello che dice di non aggiungere nulla in vigna e in cantina, mentendo in modo sfacciato’. L’onestà vale più di tanti vini buoni.

Cioè?
Tanti anni fa, credo fosse il 1982, venne a trovarmi Gino Veronelli. A un certo punto mi disse: ‘Preferisco il peggior vino del contadino che il migliore dell’industria’. Ero troppo giovane per capire il senso di quella frase. Oggi la penso come lui: preferisco bere vini naturali che presentano difetti, perché almeno dopo non sto male.

Quali premesse per la vendemmia di quest’anno?
Non buonissime perché abbiamo avuto un inverno con due soli giorni sotto lo zero, ha fatto un caldo incredibile e adesso siamo senza pioggia da un mese. Se inizia a piovere ora non è il massimo: ricordo il detto di mio padre ‘maggio asciutto e agosto piovoso fa l’uomo ricco’. Qui rischiamo succeda il contrario, ma pazienza.

È una novità o una costante degli ultimi anni?
In senso canonico, l’ultima grande annata è stata la 2011, quando finimmo di vendemmiare il 23 novembre. Dal 2012 ogni anno è un gran casino, ma siamo noi a doverci adattare all’annata e non viceversa, è il nostro mestiere. L’importante è non prendere mai in giro il consumatore. Per esempio, non è vero che le annate sono ogni volta ‘magnifiche’ o ‘favorevoli’. Spesso sono verità create ad arte da chi vuole vendere subito vini appena imbottigliati. Dopo l’emergenza, spero che anche questi proclami termineranno. Sono fiducioso.


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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