Questa chiacchierata è avvenuta due giorni prima del lutto che ha colpito Corrado Assenza, con l'improvvisa scomparsa del fratello Carlo. Abbiamo dunque voluto attendere nel procedere con la pubblicazione, per doveroso rispetto nei confronti di Corrado e della sua famiglia, cui Identità Golose ribadisce la propria vicinanza
Corrado Assenza, qual è il punto aggiornato sul mondo della pasticceria italiana, per come l'hai analizzato dall'osservatorio di Identità Milano 2018?
(Quella che segue è, in sostanza, la sua lunga risposta, che parte da due antefatti. Il primo è una frase che il maestro pasticciere di Noto disse tempo addietro, ribadita ancora nel febbraio 2017: «Argomentai che il mondo della pizzeria era dinamico mentre quello del quale faccio parte, la pasticceria, era fermo, involuto. Se vediamo cosa è successo nel frattempo, i fatti mi hanno dato ragione: i “vecchi” pizzaioli oggi sono diventati anche straordinari panificatori, pasticceri, cuochi, si sono insomma evoluti», i pasticceri no, o molto meno. Secondo antefatto: mai come quest'anno, però, abbiamo visto Assenza attento alle lezioni che il congresso ha dedicato al mondo dolce. Come se il suo radar raffinato andasse captando vibrazioni nuove, impulsi di cambiamento che valeva la pena scandagliare più a fondo. E allora...).

«Con mia sorpresa ho constatato che un congresso internazionale di cucina d'autore ha dedicato ben due sezioni al mondo della pasticceria, ossia a un settore che è stato spesso marginalizzato in questi anni. Emerge secondo me l'esigenza di delineare sempre più e sempre meglio la figura di un pasticciere che - al di là dei momenti di alta ristorazione e della pasticceria d'élite, penso alla scuola internazionale che al congresso è stata incarnata da
Paco Torreblanca - sappia cogliere tutte le esigenze di dolcezza, quotidiane, di un individuo. È una tendenza che m'interessa, a maggior ragione se rifletto sul fatto che negli ultimi decenni i trend sono stati dettati invece da uno "zoccolo duro" di professionisti proprio come
Torreblanca - che non a caso a
Identità ha sfoggiato il proprio repertorio, in una sorta di retrospettiva, poco addentrandosi sul tema del
Fattore umano dato quest’anno al congresso - o in Italia da
Iginio Massari»
«Al contrario ho notato che molti altri, i più giovani o anche quelli come
Gianluca Fusto che, pur giovani, sono affermati e già vantano una lunga "anzianità di servizio", hanno colto la nuova prospettiva; il fatto mi ha sorpreso e mi ha fatto piacere, perché è la strada che predico e prediligo: dessert "naturali", senza una carrozzeria lucidata al cromo, metallizzata, senza gelide geometrie sia visive che gustative. Persino la pasticceria da ristorazione pare smuoversi da un modello di perfezionismo rigido e ingessato, che è quello dei "grandi classici"».
«Penso alle proposte di
Luca Sacchi, di
Giacomo Besuschio, di
Ascanio Brozzetti, in questo caso influenzato certo dalla direzione del gruppo del quale fa parte, quella di
Massimiliano Alajmo... Ci sono nelle loro creazioni recenti elementi di pasticceria nuovi, un vero e proprio cambio di passo che è più intimamente nostro, guarda meno alla Spagna o alla Scandinavia. È un movimento che rende possibile una filologia del dolce che passa dalla rilettura della pasticceria italiana vera, quella diversa da Nord a Sud, dall’Est all’Ovest; che rivela quanto anche i pasticceri siano legati ai capisaldi della cultura alimentare dei popoli Italiani: conoscenza, sapienza, stagionalità, territorialità, genuinità, creatività, al pari della cucina salata. Tutto questo senza che i protagonisti siano avulsi dall'internazionalità, bensì partecipi della marcia della nostra cucina, oggi locomotore trainante cui loro apportano ulteriore carbone, a rimarcare ancora una volta, se prima fosse sfuggito o scivolato in un vicino dimenticatoio, quanto anche la pasticceria sia cucina e in essa viva quotidianamente».
«Servisse un’altra testimonianza a chiarire le cose… Basta osservare il lavoro presentato da
Riccardo Camanini, sempre a
Identità Golose. Una vera e propria
lectio magistralis di cucina italiana contemporanea. Ampia, ricca di riflessioni sulla cultura materiale locale, localissima che si fa globale perché parla con le corde dell’uomo: il pastore, l’apicoltore, il cuoco. Linguaggio piano e sereno quanto profondo, radicato nel nostro tempo alimentando le profonde e ampie radici della conoscenza e della cultura».

Corrado Assenza dialoga con Diego Rossi, di Trippa
«A confortare questa nuova tendenza, c'è stato un recente discorso di
Iginio Massari, ossia del massimo esponente italiano della classica alta pasticceria d'autore. Ha detto parole interessanti, che mi hanno fatto lungamente riflettere. Più o meno queste: "La nostra – di noi pasticceri - sfortuna è che non siamo in Francia. I colleghi d'Oltralpe possono disporre di un pubblico che va alla ricerca del lusso, anche in pasticceria; è consapevole di quanto costi ed è pronto a pagare quel prezzo”. Quindi possono permettersi, loro, di mantenere un livello che a noi è precluso: e non è un caso che
Massari, per aprire un suo negozio a Milano, abbia stipulato una partnership con un grande gruppo bancario...».

Chicchi di grano Rossello lasciati così come sono, in purezza, senza molirli. Assenza li mette in acqua per due giorni, poi li cuoce a vapore per 70 minuti. Risottati in padella, vengono serviti con un’emulsione di mandorla, una crema di mela cotta e frollini di farina integrale. Come tutti i suoi dessert, viene zuccherato al minimo, con pochissimi grammi di miele, per esaltare la dolcezza naturale e la personalità di tutti gli ingredienti
«Ecco: io penso che se seguiamo il cliché francese, sbagliamo. Viviamo e operiamo in un contesto socioculturale diverso, dobbiamo approcciarci a un pubblico che ha differenti caratteristiche e diverse modalità di consumo. Richiede che noi si soddisfi il suo bisogno di dolcezza quotidiano, più volte nella giornata. Ecco quindi il dolce "naturale": naturalmente buono ed equilibrato, che non ingombri nella nostra dieta alimentare, che alimenti senza appesantire, che appaghi senza saziare, con meno "carrozzeria“ monumentale da grande pièce, ma con tanto, genuino gusto, non zuccherino ma dolce».

Assenza regala una cassata delle sue a Chiara Quaglia e Piero Gabrieli, di Molino Quaglia
«Perché il mondo della pasticceria italiana sta finalmente evolvendo? Basta sovrapporre due scenari – questo appena descritto e quello della pizza - per capire: in entrambi i casi un importante e profondo impulso al cambiamento è venuto da
Molino Quaglia, che ha sempre perseguito tale scopo, a cominciare dalla pizza appunto. Il lavoro e la figura del pizzaiolo sono rinati dall'idea di pizza come cibo italiano di qualità, con diverse espressioni territoriali che hanno ridisegnato il profilo di quel settore, della sua offerta al pubblico, in direzione locale e non globale restituendo alla contemporaneità un prodotto di alto livello e non il
trash food che il mondo ha preso a scimmiottare. E poi penso al pane, con lo stimolo a una panificazione diversa, da quella frettolosa sempre più industrializzata e spersonalizzata, con al centro la millenaria cultura del fornaio, ricco di conoscenze tecniche e culturali sul prodotto, come pure sull’umile materia prima, la farina e il grano».
«Oggi tocca al dolce. Questo arriva per ultimo perché l'ambiente è più ostico, difficile, già permeato da un banalizzante, omologante
fare industriale imposto con la logica del prodotto seriale a base di semilavorati. Proprio la triade
Identità Golose-Molino Quaglia-
Valrhona, protagonista al congresso degli appuntamenti dolci, indica che è a portata di mano il momento della ri-nascita d'una cultura materiale figlia dell’interesse alla qualità, alla piccola scala dalla matrice artigianale, alla vicinanza dell’esigenza della clientela. È arrivato il tempo di fare scoccare la scintilla nel brodo di coltura».
«Se fossi un player del mercato dolciario, oggi guarderei con molto attenzione ai prossimi passi di
Molino Quaglia, capace da anni di generare processi di cambiamento e innovazione in ambienti stantii, perché dotato di una duplice capacità di lettura della società, del suo pensiero: una a breve termine e l'altra a medio-lungo, che tende costantemente all'innovazione dando risposte alle esigenze momentanee, pianificando, stimolando le rotte future. Solo le realtà dotate per fattore ereditario e culturale di un costante stimolo all’innovazione, riescono nel compito sociale di spostare i confini della conoscenza, della quotidiana contemporaneità».
«Tutto questo si coniuga perfettamente col tema del
Fattore umano. L'entusiasmo è
Fattore umano, la fiducia è
Fattore umano. Il desiderio di migliorare, migliorarsi è
Fattore umano. La passione di ciò che quotidianamente si fa nelle nostre vite è
Fattore umano. La stessa capacità di far rete coi produttori primari, i contadini, i casari, gli allevatori, i pescatori, gli artigiani dei settori toccati dall’alimentare è
Fattore umano. Ho avuto con me al congresso quest’anno il lavoro dei produttori di grani autoctoni siciliani, teneri e duri, raccolti e guidati da
Giuseppe Li Rosi, di
Simenza».

Gelato di finocchietto selvatico servito con crema di semola e senape, crema di carota, oliva candita e broccolo, proposta di Assenza a Identità Naturali. Immancabile il tocco agrumato, dato però dal candito di bergamotto di Calabria
«O i bergamotti di
Nicola Fortugno, la sua azienda agricola sta a Gallina, sopra Reggio Calabria, in un lungo canalone, in mezzo alla macchia mediterranea, che dalla cima delle colline arriva quasi allo Stretto di Messina. Naturalmente biologico poiché i parassiti vengono annientati dalla fauna entomofaga che vive nella macchia stessa, non coltivata e libera dalla pressione antropica. Come biologiche per natura sono le olive che candiamo, quelle della famiglia
Caruso a Vizzini, interno collinare della provincia di Catania, terra dei Malavoglia e di una lenta, silente, costante migrazione dei giovani che sta facendo morire d’abbandono quel centro urbano e il suo un tempo ricco territorio agricolo».
«Ma penso, infine, anche al “vetraio”
Alessandro Di Rosa e alla sua
Thalass, che a Modica “inventa” piatti in vetro dal nulla, senza storia, senza una tradizione. Generati della sua personale visione dell’universo vetro artigianale, oggi sono adottati non solo da
Ciccio Sultano,
Pino Cuttaia o
Vincenzo Candiano, i “
picciuotti” della rinata cucina isolana, ma volano fino a New York, figli della capacità del suo autore di leggere la contemporaneità e di tradurla in forme di vetro policromo».
«Se riavvolgiamo il nastro delle parole, ancora più evidente ci parrebbe quanto “alta” sia adesso e ancor di più lo sarà in un breve futuro, la nuova pasticceria italiana».
(testo raccolto da Carlo Passera)