02-08-2023
Donato De Santis durante una pausa dei lavori al suo ultimo locale, una food hall di 2500 m2 inaugurata da pochi mesi nel quartiere Palermo a Buenos Aires
Raccontare lo chef Donato De Santis e tutto quello che ha fatto per la cultura gastronomica italiana in Argentina è un’impresa non da poco. Anche raccontare cos’è e come è evoluta la cultura gastronomica italiana in questo Paese latinoamericano (sorta di exclave del Belpaese oltre oceano: oltre tre milioni di nostri connazionali emigrati) non è semplice. Le due storie tra l’altro si intrecciano abbastanza.
Iniziamo allora col dire che Donato è stato allievo di Georges Cogny (in occasione dei 15 anni della sua morte Carlo Passera ne aveva scritto qui), personaggio geniale e modernissimo con cui si sono formati altri chef del calibro di Massimo Bottura, Ettore Ferri, Filippo Chiappini Dattilo, Carla Aradelli, Betty Bertuzzi, Isa Mazzocchi, Daniele Repetti, Giovanni Traversone, Claudio Sadler... Al fianco della toque francese approdata nel Piacentino, Donato ha lavorato per tre anni, all’Antica Osteria del Teatro, proprio nella città emiliana, raccomandato da Sadler suo professore alla Carlo Porta di Milano.
L'insegna di uno dei ristoranti Cucina Paradiso che Donato De Santis ha a Buenos Aires. Si notano anche alcuni dei suoi tanti libri di cucina pubblicati in Argentina
Un giovane Donato De Santis assieme a Georges Cogny all’Antica Osteria del Teatro di Piacenza. «È stata la mia università, la mia fortuna e il mio trampolino. Georges era un genio e gli devo moltissimo. Per me lui è stato come una bacchetta magica. Mi ha trasmesso molto di più della passione per la cucina. Tutto il processo che parte dall’idea o dalla ricerca, trovare il prodotto, sceglierlo, portarlo al ristorante, cominciare a lavorarci sopra... Un romanzo, dal primo all’ultimo capitolo. Ho cercato di assorbire da lui tutto quello che ho potuto»
Foto di un giovane Donato scattata dal fotografo Renzo Chiesa per la rivista L'Etichetta di Luigi Veronelli
Chi, partendo in nave da Genova, arrivava a Buenos Aires alla fine del XIX o a inizio del XX, era propriamente italiano? Conosceva la cucina italiana? Ossia: «Immagina il miscuglio di parlate che c’era su quelle navi, enormi imbarcazioni su cui viaggiavano, che ne so, persone dalla Val d’Aosta, dalla Sicilia, dal Veneto…». Si incontrarono e si conobbero per la prima volta in una città lontanissima dalla loro casa. E mangiarono allo stesso tavolo per la prima volta insieme: prima sulla nave, poi nell’Hotel de Inmigrantes (oggi polo museale della capitale argentina, tra il 1911 ed il 1953 è stato il principale punto d'ingresso per gli immigrati che sbarcavano a Buenos Aires. Qui venivano registrati, curati, rifocillati, e “spediti” in treno, da Nord a Sud, da Est a Ovest, a costruire un Paese, ndr); poi nei conventillos della città (sorta di alloggio urbano collettivo tipico dell’epoca, in cui individui o famiglie affittavano singole stanze, mentre condividevano bagni, cucina e sala da pranzo, ndr). «Tu pensa gli accenti, i dialetti diversi che si sentivano durante quelle lunghe traversate, gente che a mala pena si capiva, che diceva “ma dove sarà la Calabria, giù in fondo, mi sembra…”. Non c’era Wikipedia, non c’erano i cellulari, la tv, internet: era tutto fatto per sentito dire. Erano italiani? Io non credo: erano napoletani, pugliesi, calabresi, veneti… Era gente di un posto, con una identità molto precisa. E la cucina che conoscevano non era quella italiana, ma quella regionale, legata al posto da dove venivano: quello che si cucinava a casa loro».
La cucina è un calderone di storie e Donato ne è un grande narratore.
De Santis durante una puntata di MasterChef Argentina assieme agli altri due giudici, Damián Betular e Germán Martitegui
Screenshot di una delle trasmissioni di De Santis, Italia Mia, una sorta di Linea Verde argentina: qui è in Puglia, assieme alla madre. A destra, uno dei suoi tanti libri di cucina che ha pubblicato
Ricevevi migliaia di messaggi: cosa ti scrivevano? «Storie di famiglia, della barca in cui erano arrivati qui i loro genitori, di quello che cucinavano i loro nonni o padri. Mi raccontavano da dove venivano e a volte dovevo decifrare i posti perché avevano idee confuse. Posti di provincia, spesso paesini sperduti di cui non ricordavano il nome e a cui non sapevano dare una precisa collocazione geografica: ero io stesso ad aiutarli a ricostruire il paese di origine di nonni o genitori. Lo deducevo dall’accento, da quali altri borghi avevano nelle vicinanze, dai cognomi e soprattutto dai piatti e dalle ricette che si cucinavano in casa loro: ero io, ancora una volta, a ricostruire l’origine esatta dei loro genitori/nonni/bisnonni, aiutandoli a riallacciare l’anello mancante».
Nella dispensa di Cucina Paradiso: formaggi e affettati di produzione nazionale, sughi pronti di produzione propria, paste fresche, basi per la pizza e pochissimi prodotti importati
Nei suoi locali si possono assaggiare gli agnolotti del plin, i ravioloni Nino Bergese, i culurgiones sardi, le creste di gallo, i tortelli di zucca alla mantovana, gli spizzulus, i fusilli di Spilinga, i tortellini, i cappellacci, i garganelli, la porchetta, la caponata. E ancora: panzerotti, arancini, pizza napoletana e romana. E poi: pasticciotti pugliesi, cannoli siciliani, zeppole di san Giuseppe, sfogliatelle napoletane. Oggi Donato ha cinque ristoranti Cucina Paradiso (il nome è un omaggio alle sue origini pugliesi) più una versione dedicata al senza glutine - primo ristorante italiano 100% gluten free di tutto il Sud America. E ancora: 4 pizzerie (una delle quali a Mendoza) e due centri di produzione, uno per i ristoranti e uno per le pizzerie, oltre a un food court di 2500 m2 inaugurato lo scorso anno, all’ultimo piano di un elegante centro commerciale nella zona più elegante della città. Un impero creato in oltre 20 anni, per rispondere alla fame d’Italia che ha trovato a Buenos Aires.
Il raviolo di De Santis che omaggia quello di Nino Bergese, lo chef piemontese vissuto nella prima metà del secolo scorso. È ormai un grande classico nei ristoranti Cucina Paradiso, anche nella versione senza glutine
Produzione di tortellini a Cucina Paradiso
Culurgiones sardi e garganelli romagnoli, tra i piatti regionali proposti nei ristoranti Cucina Paradiso
La food hall di 2500 metri quadri che De Santis ha inaugurato lo scorso anno all'ultimo piano dell'Alcorta Shopping, a Buenos Aires
Di Cucina Paradiso esiste anche la versione completamente senza glutine, primo ristorante italiano 100% gluten free in Sud America
Donato De Santis con la moglie Micaela Paglayán De Santis, di origini armene, che è anche sua manager, socia e braccio destro
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales
Il nuovo aperitivo Chandon Garden Spritz, presentato a Milano
Ale Vigil è stato il primo argentino a ricevere 100 punti Parker nella storia del paese - furono in realtà 200. Con il suo progetto personale El Enemigo, e i vini che elabora per Catena Zapata ha contribuito a ridefinire l’immagine e la qualità dei vini argentini agli occhi del mondo
Sebastián Weigandt e le conserve che ornano le pareti del suo ristorante e trovano ampio utilizzo nella sua cucina. Raccontano le tradizioni gastronomiche locali portate dall’immigrazione italiana e la sua stessa storia famigliare
Dal Mondo è curiosità, fascino, un guida verso i migliori indirizzi intorno al globo, di cui vi raccontiamo non solo piatti, insegne, ingredienti, ma anche le vite di personaggi che stanno facendo la differenza nel nostro Pianeta, dalla ristorazione al meraviglioso mondo del vino.