Fabrizio Marino
Animelle e spugnole in timballo di pasta, salsa di foie grasdi Yannick Alléno
Primo piano Su Identità Digitali, sette piccole rivoluzioni e un unico comune denominatore: la pasta
Giovanni Passerini al lavoro nella cucina del suo ristorante parigino
Giovanni Passerini - chef partito da Roma alla conquista di Parigi ormai da parecchi anni - con il suo lavoro nella capitale francese ha dimostrato intelligenza e sensibilità, tanto gastronomica quanto imprenditoriale. Prima con il grande successo del suo ristorante Rino, poi con la sua successiva incarnazione, una nuova avventura chiamata semplicemente Passerini, un progetto ancora più ambizioso che ha raccolto gli applausi della critica e l'amore del pubblico. Il suo è uno sguardo attento, lucido, ed è per questo che lo abbiamo contattato in questi giorni per ascoltare quali siano i suoi pensieri nel bel mezzo della crisi Covid-19, che ha colpito Parigi in maniera consistente.
Lo avevamo intervistato anche nel 2015, durante un'altra situazione di tensione e instabilità, a pochi giorni dagli attentati che colpirono Parigi il 13 novembre. In quell'occasione ci raccontò, pensando all'allora imminente apertura del nuovo ristorante, la sua preoccupazione, le sue inquietudini. Siamo ripartiti da lì, dal ricordo di quelle sensazioni, per comprendere quale sia oggi il suo stato d'animo rispetto alla situazione in cui ci troviamo.
«Sono sicuramente circostanze abbastanza diverse - ha risposto Passerini - nel caso degli attentati avevamo a che fare con un avenimento molto circoscritto a Parigi. In quell'occasione mi facevo molte domande, sulla realtà sociale che stavamo vivendo in città, sulle disuguaglianze, sui problemi dell’integrazione. Questa epidemia invece è un fatto globale, in un certo senso è come se ci fosse arrivato addosso un asteroide, e perciò non riesco ancora a interrogarmi, a riflettere. Certo, a volte mi sale un po' di preoccupazione su come sarà il dopo, mi chiedo quanto tempo ci metteremo a ridurre questa distanza sociale che ci viene imposta, altre volte invece penso che possa diventare anche un’opportunità, magari la gente avrà ancora più voglia di tornare a uscire. La nostra struttura arriva da due anni davvero ottimi, quindi abbiamo un po’ di riserve per poter affrontare un momento difficile, e il fatto di poter mettere gli impiegati in cassa integrazione ci permette di limitare i danni. In buona sostanza cerco di non pensarci troppo, perché è una situazione talmente imprevedibile e unica, che si rischia di fare troppi giri a vuoto con la testa».
Con la brigata di Passerini
In queste settimane state facendo qualche forma di servizio di delivery, o siete completamente fermi? Per ora siamo fermi. Potremmo stare aperti con il nostro pastificio, ma non avevamo a disposizione le mascherine per il personale, al momento è impossibile reperirle, e non vorrei assolutamente esporre a qualche rischio i nostri dipendenti. Stiamo considerando, appena la crisi dovesse rallentare un po’, di riaprire il pastificio e di fare dei piccoli menu da consegnare nel quartiere. La nostra realtà ha un radicamento molto forte nel quartiere, e questa è una grande fortuna, che ad esempio ci ha permesso di passare abbastanza indenni attraverso gli scioperi e il periodo dei gilet gialli, perché lavoriamo molto con la gente che vive qui e molto meno con i turisti. Vogliamo celebrare questo rapporto prezioso con il nostro quartiere, però non sappiamo ancora quando.
Il banco del Pastificio Passerini
Con la moglie Justine
Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose