26-11-2019
Leonor Espinosa, chef colombiana originaria di Cartagena, ritratta durante la sua conferenza stampa a Bogotà Madrid Fusion
C’era il pubblico delle grandi occasioni ad affollare la platea della prima edizione di Bogotà Madrid Fusion (spin-off in Sud America del congresso gastronomico spagnolo, che abbiamo presentato in questo articolo). Si trattava infatti dell’ultima “ponencia”, la lezione conclusiva di una due giorni piena di contenuti e di grandi chef, locali e (soprattutto) non. Affidata, non a caso, alla cuoca colombiana oggi più nota nel mondo.
Leonor Espinosa ha conquistato molto interesse a livello internazionale quando, nel luglio del 2017, ha vinto il Basque Culinary World Prize per il suo impegno nella valorizzazione e promozione del valore della biodiversità locale, grazie in particolare al lavoro della sua fondazione Funleo. La Espinosa, inoltre, con il suo ristorante Leo a Bogotà è l’unica colombiana a figurare nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants, in particolare alla posizione 49.
Un'immagine della lezione di Leonor Espinosa a Bogotà Madrid Fusion
Davanti al palco, invece, era stato preparato e allestito un altro spazio. Un cerchio di terra, su cui si sono andati a sedere due indigeni dell’Amazzonia, con i loro vestiti tradizionali. Intorno a loro contenitori rudimentali, da cui i due appartenenti alla comunità Huitoto hanno iniziato a prendere gli ingredienti per creare un Mambe, ovvero una polvere a base di foglie di coca, mischiate con foglie di yarumo (un altro albero che cresce in Amazzonia) e succo di foglie di tabacco.
L'insegna di Leo
Come essi stessi hanno spiegato, il loro approccio al cibo è certamente diverso da quello a cui siamo abituati nelle nostre culture urbane contemporanee. «Il cibo è nutrimento tanto per il corpo, quanto per lo spirito - hanno detto durante quella che è diventata la “loro” lezione - per questo noi consideriamo gli alimenti come delle medicine, più che come semplici ingredienti di una ricetta».
Pesce della costa pacifica, copoazù, guesguin
«Pensi davvero che io non abbia mandato un messaggio chiaro?», ha chiesto con sicurezza, di rimando, la Espinosa. «Io credo di averlo fatto e di essere stata fedele a me stessa. Io non sono semplicemente una cuoca, ma ho una formazione artistica e quest’oggi ho voluto mettere in scena una performance di questo tipo. Fare un passo indietro e mettere da parte quell’ego che troppi chef sembrano considerare la cosa più importante in assoluto. Abbiamo tante cose da imparare, dobbiamo essere capaci di ascoltare chi, come gli indigeni Huitoto, ci mostra una sensibilità e una storia diversa dalla nostra. Chi vuole sapere di me e della mia cucina ha a disposizione centinaia di articoli online. Per me oggi era importante lasciare spazio a chi per anni mi ha insegnato la propria cultura».
Mambe con polvere di larve mojojoy
Leo è infatti un ristorante gastronomico in cui certamente la personalità della chef si percepisce in ogni piatto, ma in cui non sono mai le tecniche a prendere il sopravvento. Sono gli ingredienti, frutto di una costante ricerca, a guidare la mano di Leonor Espinosa, che ha come suo principale obiettivo il racconto della grande ricchezza e biodiversità del suo paese. C’è l’Amazzonia (tanta), c’è la costa caraibica intrisa di influenze afro-arabe, c’è quella pacifica.
La sala di Misia
Leonor Espinosa al lavoro nella cucina di Misia
Ceviche cartagenero
Leonor Espinosa, che sia con una sua originale ed efficace lezione a Bogotà Madrid Fusion, o con i concetti e le ricerche che con cura e passione traduce in piatti nei suoi due ristoranti, si conferma come la migliore ambasciatrice della gastronomia del suo paese.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare Instagram: @NiccoloVecchia