Che la Turchia sia un paese in forte crescita economica lo si capisce dalle sue strade. L’interno è tutto un cantiere, con nuove arterie in via di costruzione. Ma sono anche strade che ti avvicinano ai luoghi della vera cucina turca. Non quella, fiammeggiante, della tradizione ottomana, ma quella dei pastori, dei contadini, dei briganti. Il miglior pasto che abbia mai fatto laggiù? Mi è capitato di fermarmi a mangiare in quello che in Italia sarebbe un autogrill, fra Korkuteli e Çavdır. In realtà era una piccola osteria di campagna, specializzata in cotture con il forno tandoori, simile in tutto e per tutto a quello indiano. Non aveva neppure un nome, questo ristorante all’aperto, con i tavolini ma anche con dei gazebo sotto cui ripararsi e mangiare, adagiati su cuscini. Lontano dalla stazione di servizio, un vivaio di trote e salmerini.

Acilì ezme, verdure tritate con olio d'oliva e pasta di peperoncino piccante
Non mi aspettavo molto, solo una veloce tappa prima di proseguire il viaggio, che da Antalya mi stava portando a Kalkan. Ma il capretto, che era stato cotto dentro al
tandoor era meraviglioso. Poco speziato, perché il cuoco sapeva già che la carne aveva sapore, e parecchio. Al fianco un’insalata di pomodori e cipolle con molto aceto, utile a dare continuità alla dolcezza della carne. E naturalmente il pane, sottile, cotto sulle pareti del forno. E per finire un tè al melograno, dolce e profumato come queste colline – sottovalutate – di Turchia.
Dissolvenza incrociata, siamo ad Antalya, sulla costa. Il quartiere vecchio, Kaleiçi, è un mix di architetture antiche, pre-ottomane, e ostelli a buon mercato, ma lontano concettualmente dalla costa, plasmata al gusto dei (tanti) turisti russi. In uno dei vicoli c’è
Hasan Ağa, ristorante tradizionale, +90.(0)242.2428105. Pochi turisti e molti locali nel loro giorno libero, qui, ad ascoltare poesia e musica folk (turca), suonata con il classimo
bağlama, nella corte arieggiata. Si comincia con le
mezes, le tapas ottomane, a base di verdure freschissime, salse piccanti:
acilì ezme, purè di pomodoro che pizzica il palato, l’hummus di fave, le
kofta, le polpettine di carne, sono il tris da non perdere. Tutto il cibo vegetale viene dalla fattoria degli stessi proprietari a Çakırlar, il macellaio è di fiducia. Anche qui la carne è speciale, grigliata o in
güveç, lo stufato della nonna. Capra, manzo o pollo, tutto ha il sapore delle cose autentiche.

Güveç, stufato di carne e verdure
Sulla strada che scende verso la Marina un’ottima scelta, in mezzo a tanti locali pericolosamente turistici, c’è il
Castle Café in Kılınçarslan. Ambiente più occidentale, cucina di pesce. Ma calamari, gamberi e orata sono eccellenti, serviti con birra ghiacciata. Il ristorante vorrebbe essere, come dire, di lusso, ma in realtà è meta di turisti europei con qualche euro da spendere. Comunque, consigliabile. Però, per il pesce davvero straordinario, il salto, nel tempo e nello spazio, porta a Bodrum. La vecchia Alicarnasso è in genere un posto pieno di turisti 16enni ubriachi ma il suo mercato del pesce offre, al suo interno, un’area ristorazione che funziona in modo particolare: si va ai banchi del mercato con il cameriere, con cui si sceglie il pescato. Poi si paga, il cameriere porta il pesce in cucina e nel giro di pochi minuti è pronto in tavola. Giusto il tempo di assaggiare qualche
meza… Triglie fritte, spiedini di calamari, spigola alla griglia, questo il meglio del
Manavlar, che sta per mercato della frutta, visto che all’ingresso ci sono le bancarelle dei fruttaroli. Un consiglio finale: il pesce è freschissimo, ma evitate di assaggiare i piatti crudi. Lo dico con cognizione di causa.
Sulla Turchia vedi anche:
Magica Istanbul
Mehmet Gürs