16-03-2024

Dell'anguilla in carrozza e altre storie: disobbedienze di pasta

Lopez-Kondo, Del Favero-Piras, Daniele Lippi e Andrea Aprea: tutte le lezioni del pomeriggio di Identità di Pasta 2024

Che Cavolo di Pasta di Andrea Aprea

Che Cavolo di Pasta di Andrea Aprea

IDENTITA' DI PASTA - LE LEZIONI DEL MATTINO

Karime Lopez e Takahiko Kondo

Cosa c’è di più disobbediente di una messicana e un giapponese che fanno una lezione sulla pasta? Non è allora un caso che a fare il loro ingresso sul palco di Identità Milano, sul tema del carboidrato più amato e cucinato dagli italiani, siano Karime Lopez e Kondo Takahiko, per i più “Taka”, executive chef del ristorante Gucci Osteria da Massimo Bottura. Loro, che per anni si sono rincorsi tra Modena e Lima, ora chiamano casa Firenze, la città dove insieme mettono a tavola New Memories. Nuove memorie? Potrebbe sembrare un ossimoro, eppure queste parole sono specchio del continuo evolvere e consegnarsi al futuro delle tradizioni e dei ricordi: Karime e Taka sanno dove sono nati e dove sono ora al punto da lavorare gli ingredienti italiani senza nostalgia, senza paura di cambiare la storia della cucina della penisola che oggi li ospita. Cosa significa tradizione e cosa contaminazione? «Nella mia lingua, la parola contaminazione non ha un’accezione positiva. Qui in Italia, ho capito che contaminare, rispettando la cucina italiana, non vuol dire altro che arricchire. Dall’incontro tra culture, nascono nuove culture.» Dice Karime emozionata.

La coppia, che prima di arrivare in Italia non aveva idea di cosa fosse la pasta, oggi, al ritorno da un qualsiasi viaggio, il primo piatto che torna a mangiare a casa è proprio lei, che sia al pomodoro o condita con aglio, olio e una punta di peperoncino. Il titolo dell’intervento, “I primi saranno gli ultimi”, rivela l’audacia dei due di servire la pasta come pre - dessert all’interno del menu degustazione. I due piatti portati in scena sono l’Anguilla in Carozza, omaggio di Taka al tortello alla zucca imparato dalla Lidia, Cristoni, al Campazzo e Non dire cassate, una pasta fredda che ricorda in tutto il famoso dolce siciliano. Per l’anguilla in carrozza, il classico tortello alla zucca viene affiancato ad un’anguilla laccata con una riduzione di zucca tostata, profumata con zenzero e aceto balsamico e completata da una grattugiata di rafano fresco a ricordare il parmigiano.

«La prima volta che assaggi il tortello di zucca della Lidia, dissi “wow”. Non capivo come potesse essere così dolce. Anche mia nonna da piccolo mi preparava un riso saltato con fagioli azuki, perfetto connubio tra dolce e salato che mi è rimasto nella memoria.» Racconta Taka. «Non amo i dolci siciliani, sono troppo carichi di zuccheri» continua lui nell’introdurre Non dire cassate, uno spaghettino freddo, omaggio alle paste mangiate di ritorno dalle serate più allegre del fine settimana, marinato in un brodo dashi ottenuto dalle croste del parmigiano e mantecato con un pesto verde brillante di pistacchio e basilico. Completano il piatto cedro candito, una crema di mandorle e una grattugiata finale di ricotta salata, marinata a freddo per un mese con tè nero affumicato Lapsang Souchong. I piatti vengono serviti sulle alzatine, come fossero torte di compleanno, omaggio alla figlia piccola, divoratrice seriale di pasta.

Karime Lopez e Takahiko Kondo

Karime Lopez e Takahiko Kondo

Oliver Piras e Alessandra Del Favero

Oliver Piras e Alessandra Del Favero

Lo Spaghetto freddo di Piras/Del Favero

Lo Spaghetto freddo di Piras/Del Favero

Alessandra Del Favero e Oliver Piras
Lui di Cagliari, lei di Pieve di Cadore, Oliver Piras e Alessandra Del Favero, sono una coppia nel lavoro e nella vita privata, ora alla guida, sotto l’ala della famiglia Cerea, del ristorante Il Carpaccio del Royal Monceau, indirizzo gastronomico italiano fondato dal mitico Angelo Paracucchi all'interno di uno degli hotel più prestigiosi della capitale francese. Qui, più italiani che mai, fieri dei loro prodotti e della loro tradizione, i due disobbediscono alle regole della tradizione italiana e francese. In che modo? Ce lo raccontano in due piatti. Nel primo si fa leva sulla disobbedienza nutrizionale: chi mai oserebbe cuocere un carboidrato, in questo caso le linguine, in un brodo di focaccia arrosto? «Omaggiando Pascal Barbot e la sua Soupe de pain grillé, sfruttiamo gli avanzi della focaccia al pomodoro che sforniamo ogni giorno per i nostri clienti e ne estraiamo un brodo.» Così Alessandra racconta la linguina che, ultimata la cottura in questo infuso dal colore rosso intenso, viene mantecata con burro all’aringa affumicata, parmigiano, e servita sormontata da una simil tartare di pomodoro San Marzano pelato e asciugato al forno. In sala i camerieri completano il piatto con una spolverata di origano siciliano di Cedric Casanova, italofrancese, produttore eccezionale di olio evo e origano. La linguina è una tappa importante della storia parigina della coppia che impara a conoscere i francesi e il loro amore per la cucina italiana. Nel menu de Il Carpaccio, specchio della loro vita in Francia, primeggia la pasta, dal tortello ripieno di coniglio alla cacciatora e kimchi ai Paccheri alla Vittorio

La seconda disobbedienza è nel servizio di uno Spaghetto freddo, alla Marchesi, condito come fosse un sushi con aceto di riso invecchiato, zucchero e olio al wasabi. La contaminazione asiatica non è un caso: Parigi accoglie la più grande comunità giapponese e nasconde una Épicerie, Nishikidori, da perdere la testa. Sembra tanto ma non è ancora tutto: allo spaghetto freddo condito alla giapponese si aggiungono ricci di mare bretoni, scorza di arancia e olio di semi di vinacciolo. Ma come si crea un piatto in coppia? C’è disobbedienza reciproca? «Se un piatto entra in carta, vuol dire che siamo entrambi d’accordo, ma spetta al cliente la decisione finale. Tra i due in generale, Oliver è il più creativo, io sono più quadrata. Ci compensiamo a vicenda.» Conclude Alessandra

Daniele Lippi e Pietro Piazzoli

Daniele Lippi e Pietro Piazzoli

Daniele Lippi
“Non mi prendo mai troppo sul serio, prendo la cucina molto sul serio.” Con questa frase Eleonora Cozzella presenta Daniele Lippi, chef del ristorante due stelle Michelin Acquolina a Roma. Lui, classe ’90, con esperienze importanti alle spalle, è rappresentante di una cucina neo mediterranea, fatta di contaminazioni, sapori immediati e dinamismo. Daniele ricorda con orgoglio e tanta emozione l’amico e collega Alessandro Narducci, con cui ha condiviso anni ai fornelli e 5 anni fa lo stesso palco di Identità Milano prima del brutto incidente. E oggi, maturo e più che meritevole del suo successo, racconta la sua disobbedienza. «La mia prima disobbedienza è stata lasciare ingegneria informatica per iscrivermi a un corso di cucina. Ricordo ancora come mamma sgranò gli occhi, incredula, ritenendo il fatto impossibile. Io sono una persona pragmatica, che ama toccare le cose. L’università mi teneva troppo fermo. Dovevo cambiare.» Ci racconta Lippi che sul palco è pronto a lanciare una frecciatina alla tradizione. «La tradizione inconsapevolmente disobbedisce, alla stagione e al territorio, quando ci spinge a cucinare la parmigiana di melanzane e lo spaghetto al pomodoro tutto l’anno. Per questo oggi disobbedisco alla tradizione per obbedire al ritmo della stagione. Come? Fornendovi un’alternativa al pomodoro d’inverno.» dichiara Daniele sorprendendo il pubblico.

Il suo Spaghettino alla marinara di rose non ha traccia alcuna di pomodoro all’interno. La pasta viene cotta in un estratto di rosa canina, raccolta in inverno, quando il frutto è ancora morbido e poco coriaceo, insaporita da un soffritto di olio e aglio, cipolla rossa, basilico e aceto balsamico bianco. Il fondo dalle note di pomodoro tostato, impreziosito con l’aceto balsamico è un chiaro omaggio al primo maestro di Lippi, Angelo Troiani, colui che anni fa per primo disobbedì all’Amatriciana proponendola con l’aceto balsamico e il guanciale croccante. Lo spaghettino viene mantecato con una simil marmellata a freddo di rose e miele millefiori, colatura di alici e servito con alici marinate, capperi sott’olio di Pantelleria, origano e finocchietto.

Andrea Aprea
“I piccoli (o grandi) gesti di libertà o di disobbedienza sono atti di arbitrio, piccoli gesti di quotidiana anarchia, licenze e abusi che non preoccupano chi detiene il potere” - Corrado AugiasEleonora Cozzella non poteva introdurre in modo migliore l’ultimo protagonista di Identità di Pasta, Andrea Aprea, chef di origini napoletane che dopo appena 16 mesi dall’apertura del ristorante che porta il suo nome a Milano ha (ri)conquistato le 2 stelle Michelin. Disobbedire è servito, questo il titolo dello spettacolo gastronomico messo in scena sul palco da Aprea. Per lui la creatività richiede un atto di disobbedienza, in particolare sul tema della pasta. Sul filone contemporaneo - mediterraneo, oggi lo chef porta sul palco assieme a Antonio Sena suo chef di cucina da 10 anni due piatti: Che Cavolo di Pasta e Pasta e Ceci? Sì, ma non troppo. Con Che Cavolo di Pasta, Aprea sottolinea come la disobbedienza sia un atto dovuto nel processo creativo: «Dieci anni fa, al congresso, presentavo un piatto simile, a base di cavolo viola. Oggi sono qui, stimolato a fare un passo avanti e a disobbedire.» I Fusilli Spiralotti Felicetti sono cotti in un estratto chiarificato di 4 cavoli (bianco, nero, romanesco e cavolfiore) e serviti assieme a pompìa (agrume endemico in Sardegna) candita e appena marinata nel suo succo, cavolo verza sott’olio, crema di latte di bufala e, a coprire il tutto una pellicola di acqua di vegetazione del cavolfiore e polvere di liquirizia. Amaro, acido e dolce si rincorrono in questo primo dove l’estratto di cavolo si impossessa della pasta appena mantecata con il pecorino romano, e la punta di liquirizia conferisce identità al piatto, ricollegandolo all’infanzia dello chef in quel di Rossano Calabro. 

L’altro piatto presentato è una disobbedienza al quadrato, dove il dolce si inverte con il salato, e la pasta con i ceci. La pasta non è pasta ma una crema pasticcera a base di farina di ceci, congelata in appositi stampi a forma di pasta mista, dal sedanino alla mafalda, mentre la crema di ceci non è ceci ma una spuma di acqua di cottura della pasta e latte di mandorle. Mou di ceci, gel acido di rosmarino, crumble di ceci, ceci caramellati, gelato al cioccolato bianco e rosmarino, meringa ottenuta dall’acquafaba di ceci e fiori di rosmarino completano la creazione, dall’acidità perfetta.


IG2024: la disobbedienza

Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.

a cura di

Francesca Feresin

Romana di Trastevere, classe ’99, sin da piccola mangia fuori, ricercando tavole sempre più fuori dagli schemi. Studia Medicina al Policlinico Umberto I con l’obiettivo futuro di riuscire a coniugare le sue più grandi passioni: la cucina e la medicina.

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