18-03-2024

La disobbedienza "controllata" di Davide Oldani

A volte infrangere le regole, altro non vuol dire che seguirle in toto, nel pieno rispetto di tutti: la pensa così lo chef del ristorante D'O a Cornaredo, che presenta sul palco di Identità Milano il neonato Olmo, con un menu che inizia "dal basso"

Sul palco dell'Auditorium, a sinistra il gior

Sul palco dell'Auditorium, a sinistra il giornalista Luca Ferrua che ha introdotto lo chef Davide Oldani (a destra) del ristorante D'O, due stelle Michelin e una stella verde a San Pietro all'Olmo - Cornaredo, Milano. Tutte le foto sono a cura di Brambilla-Serrani

Radicato a San Pietro all’Olmo: in queste poche parole, c’è tantissimo della vita di Davide Oldani. Il suo ritorno sul palco di Identità Milano parte con Luca Ferrua, il quale introduce lo chef ricordando che la vita del celebre cuoco italiano è stata segnata dalla disobbedienza: a 16 anni aveva pronto un contratto da calciatore professionista, ma decide di giocare una partita in più, si infortuna gravemente e da lì inizia un nuovo percorso.

«Da giovane pensi che con la disobbedienza tu possa andare d’accordo per ottenere subito risultati, ma poi ti rendi conto che c’è anche altro», chiosa Oldani che, in realtà, è sempre stato piuttosto ligio al dovere. Prosegue: «La grande disobbedienza attuale, per me, è provare a seguire tutte le regole che ci sono, nel rispetto di tutti», che è un concetto applicabile a tutta la società, passando dalle relazioni all’arte e dalla storia fino alla cultura.

Non deve esistere una disobbedienza fine a sé stessa perché risulterebbe sterile, ma piuttosto si può puntare a una disobbedienza controllata: con un’idea, si traccia una strada o… un nuovo piatto. Lavorano proprio a questo scopo Alessandro Procopio e Riccardo Merli, da tanti anni con Oldani: sul palco armeggiano con la prima portata da raccontare, l’Ostrica.

Il prezioso mollusco subisce un’esaltazione anatomica essendo utilizzato in tutte le sue parti: quella più carnosa è messa nel guscio, che viene posto su dei sanpietrini ardenti (omaggio a San Pietro all’Olmo), vaporizzati con acqua aromatizzata agli agrumi ed erbe, il tutto sotto una campana, mentre il resto della polpa è cotto in acqua di ostrica e servito con una Tigella, della spuma di yogurt e rafano, una gelatina all’aceto di Jerez e, sulla sommità, il muscolo dell’ostrica stessa.

Ostrica, tigella, spuma di yogurt e rafano, gelatina all’aceto di Jerez e muscolo d'ostrica

Ostrica, tigellaspuma di yogurt e rafanogelatina all’aceto di Jerezmuscolo d'ostrica

Precisa chef Davide: «Siamo proprio entrati nell’ingrediente. In un piatto crudo, dove di solito non c’è consistenza, per noi era importante trovare e valorizzare anche questa caratteristica. Max Alajmo ha parlato, su questo palco, di carnosità e di masticazione: aspetti fondamentali, che portano anche a una buona digestione». Da qui, l’idea di usare anche il muscolo dell’ostrica, spesso dimenticato attaccato al guscio, per dare una croccantezza e un mordente a un frutto di mare che è sì sapido, ma senza consistenza. Se si ripensa al viaggio del D’O negli anni, l’ostrica è un ingrediente disobbediente, poiché il primo Oldani non l’avrebbe mai usato, coerentemente alla filosofia Pop a costi contenuti. Sorprendentemente, anche alcuni vegetali vivevano la stessa sorte: «Vent’anni fa non usavamo i carciofi a causa della loro lunga lavorazione. Servivamo prodotti più veloci da gestire, come il topinambur. Oggi la prospettiva è cambiata». Il piatto successivo è proprio a base di questo ortaggio e un emozionato Oldani, introducendolo, cita il comico Enrico Bertolino: «Pungersi con il carciofo deve valerne la pena. Se non c’è il cuore ad attenderti, allora è meglio lasciar stare».

Il Carciofo, nella visione di Davide Oldani

Il Carciofo, nella visione di Davide Oldani

Non poteva che essere un carciofo un po’ discolo, che ricorda quello "alla Giudia" e quello farcito, ma senza essere niente di tutto questo. Esso è cotto sottovuoto, poi farcito con pane, pecorino e menta, ricoperto di finte foglie fatte con una pastella di acqua e farina e fritto velocemente, per mantenere tutte le proprietà benefiche intatte. Infine, viene servito con un aceto di agrumi macerati e accompagnato con una birra un po’ “spinta”, che ricorda sake e distillati invecchiati, per un abbinamento a contrasto.

Si nominava, all’inizio, l’essere radicato a San Pietro di Cornaredo, nella piazzetta con l’albero tanto caro a Davide Oldani: proprio qui è appena nato Olmo, un nuovo modo di esprimere un’idea di cucina e il culmine di tutta la storia di quest’uomo e dei suoi ragazzi.

Pastasciutta condita con una pasta fresca, quindi royale di tortellini (il loro ripieno) e mignonette di pepe: disobbedienza assoluta

Pastasciutta condita con una pasta fresca, quindi royale di tortellini (il loro ripieno) e mignonette di pepe: disobbedienza assoluta

Tocca a Riccardo Merli, l’Executive, preparare l’ultimo piatto: è una pasta secca, condita con una royale realizzata con gli ingredienti dei tortellini e finita con una mignonette di pepe. Il tutto è molto disobbidiente: una pasta fresca ripiena diventa il condimento di una… “pastasciutta”!

L’ultimo passaggio è dedicato alla genesi del menu di Olmo: «L’abbiamo battezzato “Radici” - racconta sempre Oldani - per richiamare il fatto che lavoriamo qui da tempo, ormai figli di un territorio. Forse la cosa più disubbidiente che potessi fare nella mia vita era far leggere un menu dal basso verso l'alto, come in questo caso. C’è un perché: da radici solide si costruiscono grandi cose, ma solo se esse comprendono delle radici umane, che si estendono al cibo e alla natura. I miei maestri, nello studio di un nuovo menu, partivano sempre dal basso per arrivare all’antipasto, aggiungendo solo dopo il dolce. Non avevo mai capito perché, ma ora, grazie alle radici, al territorio e a un po’ di disobbedienza, è tutto più chiaro».

Grazie chef Oldani per aver piantato un nuovo Olmo. Anzi… eizarg!


IG2024: la disobbedienza

Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.

a cura di

Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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