12-03-2024

Tomas Kalika, cuoco ebreo errante

Da un decennio, lo chef di Mishiguene, Buenos Aires, si batte per rinnovare una cucina complessa quanto le sue tradizioni itineranti

Tomas Kalika (a destra) con il giornalista Ryan Ki

Tomas Kalika (a destra) con il giornalista Ryan King, moderatore dell'intervento dello chef di Mishiguene, Buenos Aires (foto Brambilla/Serrani)

«Una reinvenzione costante per rendere il modello di ristorazione sostenibile, e non solo a parole: è quello che fa di Tomas Kalika uno dei cuochi più disobbedienti del continente latino-americano». È il giornalista britannico Ryan King ad accogliere sul palco di Identità Milano il ragazzo che ha aperto Mishiguene (accento sulla seconda “i”) e Cafe Mishiguene a Palermo, Buenos Aires, un professionista che da un decennio si batte per dare valore alla cucina ebraica degli immigrati, non solo in Argentina ma anche in Messico – nella capitale centro-americana ha varato El Porteño.

«Dal primo giorno in cui faccio questo lavoro», spiega al debutto sul palco il cuoco “matto” (mishiguene in lingua yiddish), «mi impegno a inserire il repertorio delle nostre nonne nel filtro delle tecniche moderne. E' il concetto che anima quello che facciamo nel fine dining». Poi, la prima domanda retorica con cui Kalika interroga se stesso e l’audience: «What is Jewish cuisine?». «La cucina ebraica si può suddividere in numerosi sottogruppi: gli askenhazi dell’Est Europa, gli ebrei spagnoli, georgiani, italiani… Ogni gruppo esprime il tentativo di adattamento del mio popolo al paese di accoglienza, una somma di influenze che fanno della nostra cucina itinerante una delle più ricche del mondo».

«Siamo un popolo di pescatori: uno dei simboli universali della nostra cucina sono le aringhe, spesso servite con patate e cipolla. E voi in Italia conoscerete di certo i Carciofi alla Giudia, ricetta super popolare nelle cucine dei ghetti del vostro paese, a Roma soprattutto, dov’è c’è una comunità ebraica molto numerosa». Paese che vai, tradizione ebraica che trovi. «Tradizioni orali tramandate dalle nonne, il nostro patrimonio, la stessa dinamica di voi italiani. Soprattutto, per noi e per voi, la cucina è da sempre un atto d’amore».

Quale piatto è il più celebre della tradizione ebraica? Il pastrami, senza dubbio, carne essiccata introdotta a New York dalla comunità rumena. «Avrei dovuto darvene un assaggio proprio qui, in questa sala, ma il mio bagaglio si è perso nei cieli intercontinentali: spero che qualcuno se lo stia godendo da qualche parte nel mondo». Imprevisti a parte, chiediamoci: «Chi ha creato questa ricetta così popolare? Io credo che non esista la cucina ebraica univoca ma diverse visioni di inquadrare la stessa»

In Turchia gli influssi ottomani sono quelli che hanno generato il modo in cui mariniamo la carne del pastrami. Si chiama basturma, la prima carne a essere curata con sale e spezie, per essere trasportata agli angoli remoti dell’impero. In un secondo tempo, gli ebrei lituani presero il basturma e cambiarono il metodo di marinare la carne nell’acqua, e da qui discese il pastrami che conosciamo, quello di Katz’s Deli a Manhattan, di cui tutti avrete sentito parlare».

Ricette in perenne cammino. «Con Mishiguene puoi esperire il repertorio ebraico di comunità da tutto il mondo. Nell’anno successivo alla nostra apertura, le nostre nonne disapprovavano quello che facevamo: ‘Come hai osato fare così? Questo non è pastrami’ Mi stressavano così tanto che fui costretto ad andare dallo psicologo. È giusto quello che sto facendo? Cioè mettere la mani su qualcosa di molto complesso come la tradizione? Non hoi una risposta, ma è quello che mi sforzo di fare ogni giorno».


IG2024: la disobbedienza

Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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