La percezione del momento in cucina è un atto di sensibilità che non dobbiamo ancorare alla sola questione stagionale di portare l’espressione naturale più attuale nel piatto. Anche perché esistono passaggi, tempi, in cui si deve esser certi di poter servire un dato ingrediente nella migliore condizione possibile.
Un fare ancora più sensibile, invece, è ancorato all’incisività di un’idea - e quindi di un piatto - sul palato dell’ospite; cogliere quel momento, prevederlo, studiarselo è ancora più intrigante, una linea guida da seguire, il motivo che ispira e monitora ogni singola scelta perché proprio in quegli attimi si definisce il valore dell’esperienza e del ricordo del commensale.
In altre parole, è il grado di attenzione che il cuoco riesce a catturare nell’ospite a definire la correttezza delle proprie scelte e lo spessore della propria sensibilità.
Si potrebbe giocare di gusto, di piacere, e quindi puntare su sinfonie rassicuranti che difficilmente creerebbero sconcerto, ma il rischio è quello di cascare in una proposta semplificata. Molto più alto, invece, è l’obiettivo di chi aspettava da tempo di ritrovarsi su un palco dove poter esprimere visioni che erano state solo momentaneamente sospese, senza fretta, e intanto maturavano concetti e stilemi di cui ora possiamo godere a pieno: stiamo parlando di Alberto Quadrio, chef del ristorante L’Aurum de L’Albereta Relais & Châteaux a Erbusco (Brescia).

Dovere eravamo rimasti? Un’interpretazione di una cucina italiana contemporanea, classici intrecciati alla tradizione milanese alla tavola del 10_11 Bar, giardino, ristorante all’interno del Portrait Milano, e ancora prima sul balcone dell’alto Piemonte, a Gattinara (Vercelli) nello spazio di Cucine Nervi. Fino a quella migrazione intrapresa circa un anno fa e che ha trovato l’autunno scorso l’ufficialità del suo approdo in Franciacorta, presso L’Albereta, in quel gioiello da 20 coperti che è L’Aurum nel segno dell’incomparabile maestro Gualtiero Marchesi che fece di quella meravigliosa dimora la sua casa.

Omaggio
Un omaggio al luogo, L'Albereta: «Il signor Marchesi ha tracciato la via di Albereta, ma anche della cucina italiana. Nei suoi piatti si ispirava all'arte, in questo caso a Piero Manzoni e ai suoi Achrome, che declinava in branzino e salmone» ci ricorda Quadrio, il quale omaggia il Maestro con una sua versione a base di sedano rapa rispettandone la forma, lavorato come se fosse un lardo e servito con un gelato al pinolo. Resta proprio la speziatura del lardo sul palato, la sua parte più sapida, mentre avremmo preferito una grassezza più pronunciata a rafforzarne il ricordo
Arriva qui Alberto, erede naturale della preziosa eredità del Maestro - custodita abilmente da Fabio Abbattista oggi protagonista del suo Abba in zona Certosa a Milano -, corroborata dalla supervisione di Enrico Bartolini.
L'Aurum, come alloro e quelle erbe aromatiche che invadono la proprietà, e aurum come oro; naturalezza e preziosità, l’esclusività di ciò che è colto e servito, della conoscenza di un habitat che inizia a fermentare nell’immaginario di Alberto: storione, trota, salmerino, ma anche l’ostrica rosa del delta del Po; pecora gigante bergamasca e sul finire della stagione invernale, sedano rapa, spugnole e cavoli.
C’è spazio per tutto, grazie a una sostanziosa base tecnica, punto di inizio per una costante riflessione sul piatto e sulla sua struttura: portata dopo portata il palato è invitato a scoprirla, ad attraversarla, vuoi per visioni più pulite ed essenziali, vuoi per una composizione più complessa di ingredienti.

Spaghetti tiepidi, erbe amare e trota affumicata
Come accade, per esempio, per gli Spaghetti tiepidi, erbe amare e trota affumicata che nasce originariamente come uno spaghetto alle erbe, fatto e finito. Poi è lo stesso Bartolini a indurre un ragionamento: nella sua forma essenziale questa pasta non poteva che restituire quella percezione di astringenza e di vibrante aromaticità; soddisfacente, certo, ma univoca. L’invito colto, invece, è quello di “aprire” il piatto, di trasportarlo su un senso di orizzontalità: da qui l’intuizione di Alberto di aggiungere su quelle tinte amare un’altra nota non di certo "accomodante" eppure necessaria in questo caso, l’acido, concentrato, pungente. Evitando sensazioni citriche, si vira sull’esotico, e quindi frutto della passione; trota affumicata, grassa, servita in cima al nido di spaghetti come un guanciale e, nascoste tra la pasta, le uova di trota. Il risultato? Un duplice binario espressivo che si concilia nella pulizia finale: da un lato, l’immagine di uno spaghetto al pomodoro verde acerbo, la sua succosità concentrata e acidula, l’astringenza, risultante dal gioco tra le erbe e il passion fruit; dall’altra, invece, una parentesi di grassezza e sapidità, le uova che scoppiettano e condiscono la pasta, la trota affumicata come un guanciale sudato, e il pepe di una carbonara.

Ostrica rosa e funghi del momento
L'ostrica del Delta del Po - precisamente della sacca degli Scardovari -, viene cotta alla brace e accompagnata con funghi che vengono lavorati in maniera differente: alla base, una royale di funghi e risalendo, porcini e pioppini spadellati, ragù di funghi, un cardoncello a crudo, erbe e lamponi ad apportare acidità e condire lievemente quest'incontro tra terra e mare
Poi profondità, un viaggio dall’alto al basso, l'Ostrica rosa e funghi del momento. Terroso, rotondo quasi di nocciola con note di cioccolato, i funghi, in più varietà, interagiscono manifestandosi in più consistenze a cui si aggiunge quella dell’ostrica, che quasi si confonde tra i funghi, se non fosse per il suo iodio, dalla pregevole sapidità.

Storione, Franciacorta e spugnole
Ancora funghi, spugnole, in salsa, per sposare lo storione, un intingolo “ingrassato” e cotto nella vescica di maiale perché in realtà il condimento è (quasi) tutto vegetale – mandorla, Franciacorta, caviale e spugnole –: ancora rotondità, ma a far vibrare il palato questa volta è un bouquet di erbe ricchissimo che sprigiona di volta in volta sensazioni diverse, balsamicità di liquirizia, origano, basilico, timo, tra amari incisivi e toni più freschi e amabili, che accolgono, in ultimo, la morbidezza della nocciola in crema.

Pasta di corte in fiore e arancia
Una ode al classicismo è il ricordo di una canarde à la presse in Pasta di corte in fiore e arancia, solo che l’anatra, in realtà, è il carnoso ripieno della pasta ripiena, la cui sfoglia guida dritta alla farcia; ancora erbe e poi il nettare caramellato, bruciato di un’arancia che passa per intero à la presse, farcita con jus di anatra, condimento della pasta profumato e succoso.

Pecora gigante bergamasca, erbe e ortaggi del momento
Potente la Pecora gigante bergamasca di cui viene presentata ogni singola parte e la sua essenza è manifesta, senza scremature d'intensità: filetto e controfiletto; arrosticino; uno stracotto racchiuso in veli di verza e succosa salsiccia alla brace con cipolle caramellate e sedano rapa in petali. Pane, una fetta di grani antichi, a ripulire il piatto da quel fondo generoso di pecora e senape.

Camilla Guarneri, executive pastry chef
Subisce, infatti, un graduale inserimento il pane di Camilla Guarneri, executive pastry chef de L'Albereta: energica, precisa e dalla determinazione d’acciaio. D’altronde ha sempre avuto al suo fianco dei grandi maestri, da ciascuno dei quali assimila una lezione precisa, e quindi, il gioco da Massimiliano Alajmo, una visione essenziale nell’uso dell’ingrediente in Massimo Bottura da Gucci Osteria a Firenze e l'opposta capacità di armonizzare anche una pluralità di ingredienti da Heinz Beck.

Sorbetto alla mela con latticello, camomilla e maggiorana. Alla base, la scoperta del carciofo, la sua parte più tenace, aromatizzato al Cynar
Ora c’è quel senso di esclusivo, impronta di Enrico Bartolini, che Camilla traduce nell’esaltazione del momento interpretata attraverso una manualità magistrale, riducendo gli zuccheri nel dessert e proseguendo quel filone introdotto da Alberto di non scegliere la via maestra di sapori scontati, ma piccole vie, strette e illuminate, che vertono su un’idea di dolcezza nella sua accezione più pulita: il predessert e la freschezza di un sorbetto alla mela verde con latticello, camomilla in fiore e alla base, inatteso e irruente il carciofo, con la sua parte più coriacea, aromatizzato al Cynar.
Quindi, la Mousse di yogurt che racchiude un cuore di lenticchie rosse e marron glacée, in cima sorbetto al mandarino accompagnato da polpa di pompelmo giallo e rosa e tapioca al vermuth, con salsa di mandarino e datteri.

La piccola pasticceria di Camilla Guarneri
E ancora una piccola pasticceria, precisa nelle proporzioni per arrivare in fondo al pasto senza fatica, merito anche della frutta fresca, le fragole o le mele del signor Moretti cotte nel vin brûlée, un orsacchiotto di mandarino, succoso, da intervallare con sfoglie di cioccolato al latte affumicato al miso rosso e miele, bignè all’orzo, gianduia e nocciola caramellata e lemon curd, il cannolo mignon, omaggio alla sua Sicilia, e una madeleine ancora calda da intingere nello zabaione.
C’è virtuosità in ogni scelta a L'Aurum, la consapevolezza di potere - e volere - dare tanto proprio perché circodati da una serenità e una coesione di gruppo che agevolano il processo creativo e la coerenza di un percorso, pronto a offrire nuove prospettive nel prossimo menu di primavera. L’invito è di avvicinarsi a questa cucina senza pregiudizi; viverla a sensi e mente aperta, e conoscerla attraverso l'entusiasmo di chi ha voglia di fare e fare bene.
Il racconto continua nella nostra fotogallery.

Inaugura il pasto una bevanda che prende ispirazione dalla tradizione messicana del tepache, un fermentato a base di ananas, utilizzato anche in questo caso, a cui poi si aggiungono bucce di frutta e verdure - fermentate per circa 3 settimane -, fiori di ibisco, anice stellato. Prepara piacevolmente il palato alla degustazione

Alessia Albertalli, chef de rang, leggera, radiosa, ha deciso di abbracciare questo progetto dopo un primo incontro con Quadrio a Gattinara, da Cucine Nervi. Presenta il primo assaggio proposto al tavolo: i grissini realizzati con mais nero della Valle Camonica da un piccolo mulino che risale al 1500

Zucca e spezie
Si parte da una zucca giapponese detta zucca spaghetti per la particolarità della sua polpa a filamenti che ricordano tanto i capelli d'angelo, solitamente usati per brodini e pastine. Ed è proprio con questi filamenti che Quadrio giunge all'idea di una pastina 100% vegetale: la zucca viene passata in forno e una volta cotta se ne estraggono i filamenti dorati serviti con purea di zucca Delica, semi ed erbe e un brodo, in realtà kombucha calda di zucca alle spezie. Infine, come ogni pastina che si rispetti, si aggiunge un formaggino, anche in questo caso 100% vegetale a base di mandorla

Da sinistra, Alessia Albertalli, chef de rang, Ferdinando Giovetti, sous-chef e Nicola Manganaro, restaurant manager

Risotto Franciacorta
Milano e Franciacorta si incontrano in questo risotto condito con salsa allo zafferano, bagnato al Franciacorta e servito con una costina di maiale nero arrostita; in conclusione, broccolo per spezzare la rotondità dell'assaggio con una venatura vegetale ben calibrata. Un piatto che unisce la raffinatezza del risotto a un tratto più rustico: quel delizioso pezzo di carne sfilacciosa e umida servita sullo stesso piatto