07-12-2024
La grandissima squadra de La Ciambella bar à vin, il luogo di Francesca Ciucci e Mirka Guberti
Non si parla mai abbastanza de La Ciambella, bar à vin con cucina, a Roma, che il prossimo anno celebrerà i suoi primi 9 anni di attività.
Qui dove gli opposti si sono attratti e hanno imparato a convivere, avvicinando non solo una proposta, ma una clientela assai diversa.
Perché, dopotutto, Francesca nasce in fraschetta, è figlia della tradizione, quella viscerale, intoccabile, se non dopo innumerevoli e laboriosi ragionamenti. Mirka, dal canto suo, è cresciuta cibandosi all'inizio di una sapienza silenziosa, della disciplina di Josko Gravner, così attento a innestare in lei il concetto di apertura mentale, la sola in grado di far apprezzare il mondo del vino nella sua interezza - per intenderci, convenzionale e non - insegnandole a bere e, nel tempo, a servire quel mondo, fino all'esperienza in sala accanto a Giancarlo Perbellini, all'inizio della sua carriera e poi un viaggio lungo nel mondo del fine dining.
In cucina, Francesca Ciucci e l'anima della sala, nonchè custode di una cantina meravigliosa, Mirka Guberti
Si sono comprese Mirka e Francesca, pur sapendo di andarsi a scontrare con una mistura di ospiti così eterogena, eppure, quasi a un decennio di distanza, la scommessa è stata vinta e la loro semina, così accorta, ha portato i suoi frutti, maturi, succosi come non mai.
Un tempio della cucina romana, di inamovibili baluardi che hanno assunto qui una loro identità, per cui il condimento dell’Amatriciana sarà sempre più abbondante della quantità di pasta e mai un primo verrebbe fuori dalla cucina senza un pezzo di pane con cui far scarpetta; il pecorino abbonda, purché si tratti di varietà romane autoctone, molto sapide, molto "vere".
La vignarola, con tutte le verdure preparate separatamente, pisellini, cipolla stufata, carciofi e lupini al posto delle fave con guanciale, che non può mai mancare
Bottoni ripieni di alici e provola serviti su un letto di scarola, pinoli e uvetta: Roma-Napoli in un sol boccone
Una ricerca territoriale che si muove in profondità, e questo vale tanto per il cibo quanto per la cantina: non è un caso che, nel tempo, Mirka abbia dato vita a una carta dei vini laziale (senza contare la “restante” parte di etichette, custodita in quello che potrebbe sembrare un album di famiglia), una collezione che include tante piccole produzioni locali, guidate da giovani generazioni che stanno riscoprendo ciò che un tempo riempiva le giornate dei loro nonni.
C’è tanta storia, cultura territoriale, ma c’è anche tanto rispetto verso gli ospiti, e ancor di più verso questo mestiere. Dalla cucina alla sala. Ancora una volta, è necessario guardare al passato, quando lavorare in un ristorante era un privilegio e lo si faceva ben volentieri, anche a costo di non guadagnarci nulla. Bastava poter "vivere" un’insegna, nutrirsi di gesti che altrimenti non avresti mai assimilato, ore spese al fianco di un maestro, in un momento storico in cui le donne nella sala di un ristorante non erano che mosche bianche.
«Sono molto grata agli uomini, che mi hanno insegnato molto - afferma Mirka -. A custodire quella grazia femminile che mi invitavano a esaltare con un aspetto sempre molto curato, un tratto che ho conservato e ho sempre cercato di trasmettere, con la stessa premura, a quante donne si son ritrovate a lavorare con me, anche a costo di risultare un po’ rigida. Il desiderio di imparare allora era immenso e così mi ritrovavo a risparmiare tutto quello che potevo durante le stagioni per concedermi almeno una volta all’anno un pranzo dal Maestro Gualtiero Marchesi: era un’abitudine, ma soprattutto l’occasione per potergli presentare di persona un mio curriculum».
Lo studio, la tenacia, la genuinità del servizio e dell'offerta. Tutto questo oggi torna nella lucidità di aver creduto sin dal primo momento in un progetto immaginando il futuro, nella capacità di lasciar maturare modi e gesti, di comprendere un pubblico che evolve, da quanti hanno vissuto questo luogo da sempre a chi vi si accosta con senso di novità.
Gnocchi alla romana con funghi cardoncelli alla brace, nocciole e ribes Il vero gnocco alla romana, con parmigiano, cardoncelli appena scottati per mantenerne la carnosità e il sapore, nocciola tostata e ribes per riavviare ogni boccone
Fra tutti, il pubblico internazionale che - sono le stesse Mirka e Francesca a confermarlo - è sorprendentemente preparato alla cucina de La Ciambella, agli “al dente” decisi, alle interiora e al quinto quarto (a cui è destinata un’intera sezione nel menu), aiutando a riscoprire anche piatti presenti da sempre.
C’è una maturità che infonde sicurezza e, garbata, antepone sempre la soddisfazione dell’ospite che sempre il vero motore di un ristorante, introducendo ogni singola novità con la delicatezza di osservare e ascoltare un riscontro, come l’idea di dedicare a un produttore di vino, un intero menu: buonissima la prima, proprio con Gravner e tutta la libertà di movimento di Francesca e Mirka. Che sposa una Ribolla 2016 con un grande classico della Ciambella, l'Animella con la cicoria saltata e della Trippa alla Romana, perfetta, deliziosa.
Sua maestà, la trippa
La tradizione in movimento: è consolidata, ma leggera, autentica eppure rivestita dall’intento di voler innalzare ciò che con estrema facilità viene confinato in un attimo di puro godimento, mentre è nella sostanza del ricordo, nella sua persistenza e reinterpretazione, che il cibo diventa cultura, mezzo - assieme al vino - per comunicare un senso di accoglienza molto più profondo e duraturo: solo così è davvero possibile parlare di emozione.
L'antipasto delle fraschette L’inizio de La Ciambella si ispira al tagliere delle fraschette, ricco, generoso: a tavola arrivano, grissini e streghette, le coppiette - ventre di maiale essiccato - fatte in casa seguendo la ricetta dei Castelli, quindi con finocchietto e peperoncino, il vero street food romano - creano dipendenza. C’è la porchetta di maialino raccolta in un wrap morbido, pomodorini marinati e salsa allo yogurt; un tartufo di coratella, praticamente il foie gras romano, cuore, polmone, fegato e cacao; un bignè che contiene la merenda romana per eccellenza, burro e alici. La finta trippa, un’oliva all’ascolana con ricotta e salsiccia; la vignarola e le prime puntarelle di stagione con alici, olio e aglio.
Emergono approfondimenti della cucina popolare romana che altrimenti andrebbero persi: la salsiccia e la ricotta che fanno da ripieno alle olive all'ascolana, sono il condimento della pasta più veloce che un romano possa preparare quando ha poco tempo per pensare; esiste una finta trippa sulle tavole capitoline, per cui in periodi di carestia, quando costava caro procurarsi un po' di carne - tagli poveri compresi -, le massaie provvedevano tagliando a listarelle una frittata sottile, condita esattamente come una trippa tradizionale - pecorino, pomodoro e mentuccia.
Ricotta e visciole alla maniera di Francesca Ciucci
E ancora, impariamo che la ricotta, ingrediente principe nella crostata alle visciole venduta nel ghetto ebraico, non poteva essere "dichiarata” tra gli ingredienti, e perciò rimane nascosta sotto una crosta fragrante, ma alla Ciambella si spoglia e nuda si mostra al centro del piatto. Fino all’intenzione futura di riportare alla luce quella che è la vera Cacio e pepe, cancellando la visione moderna iper-mantecata, che pure esiste e delizia alla medesima tavola. Un viaggio nel passato recupererà il gesto di asciugare la pasta per poi condirla col cacio, fino a renderla una merenda contadina… da mangiare con le mani.
La tradizione non è mai stata così attuale. Viva la Ciambella!
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
Francesco Calò alla guida di Avenida Calò, nuovo indirizzo romano
Fabio Dodero, chef e co-patron del ristorante Metis, Roma (le foto sono di Alberto Blasetti)
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.