17-07-2024

Il lago che non vedi: l'evoluzione di Stefano Zanini al Mos di Desenzano del Garda

Nel paese lacustre in provincia di Brescia, lo chef ex-allievo di Ducasse, vive una nuova fase in cucina: abbandonata la dimensione "Mediterraneo", esplora adesso in lungo e in largo il Garda, tradizioni comprese

Stefano Zanini, chef del ristorante Mos a Desenzan

Stefano Zanini, chef del ristorante Mos a Desenzano del Garda, Brescia. Tra le esperienze più rilevanti nel suo curriculum, il St. Hubertus dell'Hotel Rosa Alpina con Norbert Niederkofler, il Signum di Salina con Martina Caruso, la Parigi di Alain Ducasse, e poi ancora Copenaghen, fino alla scelta di ritornare a pochi km dal suo paese d'origine, Peschiera del Garda, e aprire il suo ristorante

Dove eravamo rimasti
Anno 2022. Stefano Zanini, chef del Mos a Desenzano del Garda, dopo un esordio in cui dimostra di saper governare tecnica e inventiva, di stupire con eleganza ed evidenti richiami territoriali, spezza le catene e approda a una chiara rievocazione del Mediterraneo, a quel mare che vive dentro di sé da quando inizia a nutrirsene anni prima all'hotel Signum di Salina, dove affianca la chef Martina Caruso. Lo interpreta abilmente ricorrendo, però quasi interamente a ingredienti e pulsioni che originano dal lago, e che legano quest’ultimo a un mare immaginario, che è quello del ricordo. Stefano inizia a intercettare il desiderio dell’ospite, l’esigenza di connettersi a quest’ultimo diluendo l’austerità attraverso un’iniezione di colore e calore. La cucina, in altre parole, non è più uno spazio in cui dare semplicemente sfogo alla propria abilità. La cucina è tutto quello che esiste dentro, ma soprattutto al di fuori delle mura di un ristorante. E questo già sembrava un ottimo inizio.

La sala del ristorante Mos a Desenzano del Garda, Brescia

La sala del ristorante Mos a Desenzano del Garda, Brescia

Dove siamo
Anno 2024. Sono passati 2 anni. 2 anni per sbaragliare le carte e avvertire, ora, il bisogno di tornare a un anno zero, di mettere in discussione la propria rotta e cominciare ragionare in maniera differente. Non è il cuoco a stabilirlo, non è Stefano a decidere, ma l’effetto che il luogo esercita su di lui.

Stabilire un contatto con i pescatori locali, infatti, non basta; cercare in superficie è solo un esercizio di stile parziale. La panoramica, ormai, si è ampliata e muove libera verso profondità e altitudini inesplorate, raggiunte e attraversate con estrema minuzia, con la certezza di poter chiedere di più alla natura, oltre che a sé stessi: Stefano Zanini non solo si è ambientato, ma ha messo radici in questo luogo.

Un viaggio immaginario verso l'alto, verso quelle altitudini esplorate regolarmente dalla squadra di raccoglitori a cui Stefano affida la ricerca delle erbe spontanee (e non solo), portando in tavola una porzione di lago spesso dimenticata, eppure presente, ricca di contenuti e sapori: il limone salato da Gargnano (in provincia di Brescia) servito sotto forma di emulsione alla base del piatto, poi una distesa di tuberi - crosni o tuberine e cicerchia tuberosa; una varietà di foglie tra cui radicchio dell'orso in conserva, radicchio dell'orso al naturale, asparago di montagna, pepe di montagna - giunge una nota piccante dopo aver masticato la foglia - erba sedanina, levistico, finocchietto, pimpinella, silene, aglio orsino e fiore di cerfoglio, da prendere a caso, senza un ordine preciso, aspettando che la natura esploda sul palato

Un viaggio immaginario verso l'alto, verso quelle altitudini esplorate regolarmente dalla squadra di raccoglitori a cui Stefano affida la ricerca delle erbe spontanee (e non solo), portando in tavola una porzione di lago spesso dimenticata, eppure presente, ricca di contenuti e sapori: il limone salato da Gargnano (in provincia di Brescia) servito sotto forma di emulsione alla base del piatto, poi una distesa di tuberi - crosni o tuberinecicerchia tuberosa; una varietà di foglie tra cui radicchio dell'orso in conserva, radicchio dell'orso al naturale, asparago di montagna, pepe di montagna - giunge una nota piccante dopo aver masticato la foglia - erba sedanina, levistico, finocchietto, pimpinella, silene, aglio orsino fiore di cerfoglio, da prendere a caso, senza un ordine preciso, aspettando che la natura esploda sul palato

Il lago (inteso come dimensione acquatica) c’è, persiste, eppure non è l’elemento dominante della sua cucina, quasi come se la prossimità di un habitat possa determinare tout court il destino di un cuoco. Quest'ultimo deve essere abile abbastanza da far convivere l’elemento naturale con spunti interiori, con la storia locale (qui dove son passati grandi cuochi alla corte di nobili famiglie, codificando ricette che giungono fino ai nostri giorni), con la propria esperienza e con una cultura gastronomica alta, che si mescola a quella del volgo, senza trattenersi a ciò che è prossimo, ma invitando, per esempio, anche la montagna, la tradizione pastorale, ad "avvicinarsi" alle sponde del Garda: è così che inizia ad esprimersi l’evoluzione del cuoco.

Dalla conservazione del passato deriva l’attuazione di un pensiero presente, ed ecco che arriva in tavola uno Strachi parat, tra gli ultimi di stagione perché presto farà largo al Bertagnì bresciano. Due tradizioni limitrofe, due dimensioni gustative: «Più tradizionale e contadino di così non c’è», commenta fiero Zanini a proposito del suo Strachì parat, che in dialetto sta per paratura di stracchino, una preparazione tipica delle montagne gardesane: parliamo di una zuppa di cipolla cotte col vino bianco, al cui interno viene aggiunto tutto lo stracchino che, fermentando, cede ai lati delle forme (le parature, appunto).

Strachì parat

Strachì parat

Al Mos, Stefano presenta questo saporoso patrimonio locale in doppio servizio: da un lato lavora di concetrazione, dall’altro di stratificazione, due entità distinte, destinate a congiungersi intensamente sul palato. Quindi cipolla, paratura di stracchino e vino bianco ridotto alla massima concentrazione possibile, e poi la sua versione più leggera, spumosa, mordida. Un boccone che concentra sapidità, un umami rustico, e l’acidità piuttosto carezzevole dello stracchino. Per passare, poi, al Bertagnì, lo street food made in Brescia per eccellenza: un baccalà fritto in pastella che Zanini abbina a ceci serviti quasi a mo’ di caramelle, merito dell’azione del collagene dello stoccafisso che permea i legumi, ravvivati da una spinta decisa di spezie macinate fresche.

Un’evoluzione che si manifesta anche attraverso la graduale riduzione dell’uso della carne, già al limite, per cui resterà spazio solo ed esclusivamente per un vitellone proveniente da allevamenti locali.

Insalata di tartufo nero estivo, mostarda di mele, riduzione alcolica e salmoriglio

Insalata di tartufo nero estivo, mostarda di mele, riduzione alcolica e salmoriglio

Qui, dove si estremizzano concetti stagionali e se quindi l’estate è tempo di insalate, insalata sia… Ma di tartufo. Da un’idea Anna Gosetti della Salda, autrice de Le ricette regionali italiane e delle sue pirofile piene zeppe di tartufo, in sfoglie sottili, condito con una riduzione alcolica a base di marsala: è questo il nucleo originario dell’Insalata di tartufo, salmoriglio, mostarda di mela e riduzione alcolica, questa volta a tutto Calvados; è un accenno discreto, bensì necessario per spezzare l’uniformità dell’assaggio; molto più sonora, invece, è la componente acetica della mostarda di mele, a tratti piccante. Come piccante, forte, è il pre-dessert, in realtà un invito ad abbandonare per un po’ il proprio tavolo, ad alzarsi e compiere qualche passo vero il porticciolo.

Vista sul porticciolo di Desenzano, il passeggio lungo il quale l'ospite è invitato a consumare il pre-dessert

Vista sul porticciolo di Desenzano, il passeggio lungo il quale l'ospite è invitato a consumare il pre-dessert

Il gusto diventa scenografia, la dolcezza è concentrata nei passi lenti di una passeggiata sul lago mentre ci si gode il proprio gelato, Crescione d’acqua e limone arrosto, tutt’altro che zuccherino e confortante. Il palato è assalito dal vigore del crescione, mentre del limone vengono esaltati gli oli essenziali, succosi e dissetanti.

Gelato al crescione d'acqua e limone arrostito: potente, fresco

Gelato al crescione d'acqua e limone arrostito: potente, fresco

Infine, evoluzione è ascoltare la voce dei maestri, ravvivare le reminiscenze dei loro insegnamenti che diventano vie possibili da percorre, senza imitare; avvicinarsi per poi lanciarsi e dare senso e continuità al proprio lavoro negli anni: punto di partenza, dunque, la Faraona cotta nella creta, piatto dall’archivio 2022.

Faraona cotta nell'osso con burro maître d'hotel, nappata con salmoriglio

Faraona cotta nell'osso con burro maître d'hotel, nappata con salmoriglio

È una carne dal gusto pulito, con un morso interessante se viene centrata la cottura, e Zanini ci riesce servendosi dell’espediente del "contenitore". Conserva il guscio, ma questa volta abbandonata la creta, e sposta la sua attenzione sull’osso, nel quale in Francia si è soliti cuocere il midollo. Anche quest’ultimo viene meno, sostituito da una parte grassa, un burro maître d’hotel, aromatizzato al prezzemolo con succo di limone, sale e pepe. La cottura viene gestita praticamente alla cieca cercando di non far seccare la carne alterando la texture finale, che dovrebbe risultare molto simile a un arrosto confit, carnoso e sugoso, con una bella polpa.

Quel che resta della faraona...
A partire dall'alto: pelle fritta croccante, un classico pâté di fegatini al Calvados, coscia di faraona marinata nel cognac e una farcia generosa di carne trita, lardo stagionato e sottaceti. Sontuosità, opulenza decisamente francese, ma anche equilibrio tra le diverse parti tanto che il palato non ne risulta appesantito, ma ingolosito; l'alcolicità aiuta, così come pure la componente acetica che alleggerisce la ricchezza del pâté, mentre la farcia è rustica, succulenta, rassicurante. Classicità senza tempo

Quel che resta della faraona...
A partire dall'alto: pelle fritta croccante, un classico pâté di fegatini al Calvados, coscia di faraona marinata nel cognac e una farcia generosa di carne trita, lardo stagionato e sottaceti. Sontuosità, opulenza decisamente francese, ma anche equilibrio tra le diverse parti tanto che il palato non ne risulta appesantito, ma ingolosito; l'alcolicità aiuta, così come pure la componente acetica che alleggerisce la ricchezza del pâté, mentre la farcia è rustica, succulenta, rassicurante. Classicità senza tempo

Quel che avanza della faraona, invece, finisce in uno scrigno di pasta sfoglia ripieno: pâté di fegatini, coscia marinata nel cognac, lardo stagionato e sottaceti. Sontuosa eleganza tra stratificazioni di consistenze e temperature, l'acidità e la robustezza delle salse, ma soprattutto dell’idea.

Riso di pane vecchio, un piatto di recupero assoluto.
Il pane avanzato viene ridotto in briciole, tostato, quindi risottato nel siero di latte di capra fermentato 20 giorni fino a cottura; il finto riso assorbe parte del siero, ma non si sfalda. In cima, bottarga... o meglio la sua versione di recupero perchè in realtà parliamo di lische essiccate. Il sapore è ben definito, le consistenze rispettate (probabilmente bisogna lavorare ulteriormente sulla consistenza del pane per rendere ancora più interessante la masticazione); si alternano sul palato la piacevole acidità del siero, che stimola la salivazione, e una spinta marina, iodata della finta bottarga

Riso di pane vecchio, un piatto di recupero assoluto.
Il pane avanzato viene ridotto in briciole, tostato, quindi risottato nel siero di latte di capra fermentato 20 giorni fino a cottura; il finto riso assorbe parte del siero, ma non si sfalda. In cima, bottarga... o meglio la sua versione di recupero perchè in realtà parliamo di lische essiccate. Il sapore è ben definito, le consistenze rispettate (probabilmente bisogna lavorare ulteriormente sulla consistenza del pane per rendere ancora più interessante la masticazione); si alternano sul palato la piacevole acidità del siero, che stimola la salivazione, e una spinta marina, iodata della finta bottarga

La concentrazione di Stefano, la sua energia sono ben incanalate, sincronizzate con il luogo nella sua totalità; segue profondità e altezze, attraversa le acque e respira la flora, ma poi il cuoco compie una scelta ancora più coraggiosa: quella di creare un’ulteriore dimensione in cui perdersi, ritrovarsi, nutrirsi, ispirarsi ed è quella interiore. Il Garda e tutto quello che del Garda non vedi.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Marialuisa Iannuzzi

di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, dal 2021 è redattore per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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