06-05-2023

Eugenio Roncoroni, capitolo futuro

Si inaugura una nuova fase per l'ex chef di Al Mercato che, se da un lato modella un'immagine inedita del vegetale in Italia, dall'altro conserva un'anima carnivora nella sua idea di fine dining

Lo chef Eugenio Roncoroni

Lo chef Eugenio Roncoroni

Non stiamo scrivendo di una nuova apertura, o almeno non solo di ciò che effettivamente sarà tale. Non stiamo neanche parlando di un cuoco che dalla sera alla mattina abbia mutato completamente pelle, e che da pesce quale era, si sia fatto carne.

Ciò che stiamo per raccontarvi è il risultato di un graduale processo e di una maturata consapevolezza rispetto a ciò che, secondo il nostro, manca ancora nel Bel Paese: valutando ciò che si sa e ciò che si può fare per inaugurare una nuova stagione del cuoco, ma soprattutto per scuotere le fondamenta e restituire una visione rigenerata dell'elemento vegetale in Italia. E questo sì, facendo anche leva sulle nuove tecnologie, oltre che su tipologie di prodotti alternativi senza mai rinnegare le proprie origini o la propria morale.

Il protagonista in questione è Eugenio Roncoroni che, fino a meno di un anno fa, eravamo soliti incontrare al pass delle cucine di Al Mercato, il brand meneghino a tutta ciccia, steaks e burgers per la maggiore, brace e una buona dose di verdure, il tutto composto e ricomposto attraverso quella grandiosa alchimia che accorpa elementi di Francia, Stati Uniti e poi influenze a ruota libera da tutto il mondo, vuoi nelle marinature, vuoi in starters golosi. Di qui, senza andare troppo indietro, dal principio di Al Mercato assieme a Beniamino Nespor, alle diverse permanenze oltre Oceano, e ancora il melting pot genetico, i viaggi, ripartiamo invece dal nuovo futuro di Eugenio, che lui stesso preferisce suddividere in due parti, distinte e solo apparentemente antitetiche, perché in realtà l’una alimenta la densità e la profondità dell’altra.

La nuova fase, nella sua complessità, parte da una linea netta tracciata tra l’Eugenio di oggi e l’Eugenio di Al Mercato, passato che non rinnega, ma archivia, per dare spazio all'inedito.

Innanzitutto, rivolgendosi a un pubblico molto più ampio rispetto a quello della sola città di Milano e fiutando progetti che possano avere una portata di taglio internazionale: occhi puntati soprattutto sull’Europa, quindi.

Non scendiamo nei minimi dettagli perché ogni cosa ha un suo tempo, ma ciò che ha consentito un ampliamento del suo raggio d’azione, è sicuramente aver visto comporsi attorno a sé un gruppo di lavoro solido e ben articolato che ha portato alla luce una sorta di “brand” legato al nome di Roncoroni, «da intendersi non secondo le più pure logiche di marketing, bensì figura più come “raccoglitore” di fini e progetti, impostando una comunicazione autentica». Il che vuol dire essere consapevoli del fatto che il pubblico, oggi, non è distratto, legge e lo fa con cognizione di causa; ha voglia di imparare qualcosa di nuovo, e apprezza chi riesce a dialogare offrendo un punto di vista alternativo su una data questione.

Ma, in fondo, cos’è che Eugenio vuole comunicare?

«La mia idea - ed è quella che stiamo portando avanti come gruppo di lavoro, interfacciandoci con numerose realtà a noi vicine - è riuscire ad allinearci con gli altri Paesi europei e nel mondo rispetto a quella che è la rappresentazione del mondo del vegetale. Non rievocando esclusivamente quella che è la tradizione, che certamente ci riconduce a numerosi esempi di una cucina vegetale tipicamente italiana, appagante e nutriente. Ma andando oltre, per compiere un passo avanti, uscendo persino dalla cornice del fine dining, proponendo, allora, cibo di strada, comfort. Vegetale appunto, ma di sostanza. Senza impianti lineari, sbarazzandoci della cronologia di antipasto, primo, secondo e dolce, a favore di una trama di assaggi di origine eterogenea, combinati insieme». Attenzione, non parliamo di fusion, ma di un accostamento di sapori decisi, inusuali, talvolta anche riconoscibili, eppure inquadrati in una dimensione più elastica del gusto.

Tutto ciò prende piede anche attraverso il confronto con chi sta orientando i nostri sguardi verso orizzonti fino a poco fa impensabili, per esempio Planet Farms, che ha sviluppato uno stabilimento di agricoltura verticale compiendo una vera e propria rivoluzione dei sistemi produttivi, e quindi «andando oltre i luoghi comuni, superando convinzioni ormai consolidate, mettendole in discussione», utilizzando le parole del nostro Carlo Passera (per approfondire, vi rimandiamo all’articolo La sfida green di Planet Farms). 

Lo colture idroponiche di Planet Farms

Lo colture idroponiche di Planet Farms

O schiudendosi al consumo di prodotti plant based, a base vegetale, che assumono per Eugenio un senso ben preciso: «Sperimentare con questa tipologia di ingredienti, sia ben chiaro, non vuol dire escludere la carne dalla mia cucina, nè fa di me un animalista o un vegetariano. Comsumo carne, la lavoro e lo faccio con la passione di sempre. Il punto è che, soprattutto pensando alla grande distribuzione, i prodotti plant based – per esempio il pollo vegetale ottenuto da fibre vegetali o legumi– si presentano come un’alternativa sana rispetto a proteine animali, farcite di antibiotici.

Chicken tenders Planted fritti, vinaigrette di peperoncino, chipotle e crispy chili, panna acida, arachidi e pak choi Planet Farm: lo street-food vegetale secondo Eugenio Roncoroni, presentato durante un evento in collaborazione con Planted, azienda specializzata in prodotti plant-based (soprattutto carne vegetale) ricchi di proteine,100% naturali e vegetali

Chicken tenders Planted fritti, vinaigrette di peperoncino, chipotle e crispy chili, panna acida, arachidi e pak choi Planet Farm: lo street-food vegetale secondo Eugenio Roncoroni, presentato durante un evento in collaborazione con Planted, azienda specializzata in prodotti plant-based (soprattutto carne vegetale) ricchi di proteine,100% naturali e vegetali

Quindi, se so che del pollo vegetale o del maiale plant based, riescono ad assicurarmi una texture e un sapore tali da ricreare perfettamente le caratteristiche di un pollo o un maiale “veri”, ricorrendo, però all’uso di ingredienti esclusivamente vegetali (che fanno anche bene all’organismo), perché accontentarmi di un prodotto mediocre di origine animale?». I prodotti plant based, quindi, valgono in funzione di alternativa, indirizzando a un consumo più consapevole e misurato della carne, mangiata in quantità minori, mentre aumenta la qualità ricercata. E questa è una parte della storia.

Dall’altra parte c’è quel che Roncoroni è sempre stato: un grande maestro della carne, della brace, amante delle frattaglie e del quinto quarto, interprete dell’alta ristorazione, a patto che questa non sia contrassegnata necessariamente dal diktat di una formalità eccessiva. Anche in questo caso, lo scenario espande i suoi confini ed Eugenio punta su consulenze ed eventi che lo avvicineranno anche al mondo dell’hôtellerie: «Trovo che la ristorazione negli hotel abbia quel piglio in più perché ti consente di entrare in contatto, in maniera più fluida, con persone di nazionalità diversa; americani, australiani, giapponesi che – possiamo dirlo? – accolgono i sapori con molta più facilità rispetto agli italiani, i quali fanno ancora un po’ di fatica ad allontanarsi dalla tradizione». Il che non è una colpa, ma fa parte del retaggio culturale del nostro Paese.

Esiste poi un’ultima porzione di futuro che Eugenio conta di inscenare entro la fine dell’anno, e che scriverà interamente con le sue mani. Dove? Chi può dirlo: potrebbe essere Ibiza, ma anche il Nord della Francia o perché no, un remoto villaggio sulla costa greca. Sicuramente sarà un luogo di totale immersione nella natura: quella del posto e quella di Eugenio. In questo territorio ameno nascerà la sua insegna. Fine dining? Sì, se con questa parola facciamo richiamo all’armonia che Eugenio immagina per la sua prossima apertura.

Armonia tra chi lavora, e non come una forzatura, ma un naturale sentire: «Sarei disposto persino a tenere aperto il ristorante tre giorni a settimana, a patto che in quei tre giorni si dia il meglio di sé stessi, donandosi all’ospite per portarlo in una nuova dimensione. Non voglio che sia memorabile solo il cibo, ma ogni singolo dettaglio deve vivere in funzione di chi arriva e deve narrare chi siamo». Parla al plurale Eugenio, perché accanto a lui ci sarà anche Giselle Bridger, la sua compagna. Studiosa di erbe medicinali e aromatiche, apporta quella sensibilità femminile, quella delicatezza che compensa e raffina la concretezza di lui.

Abbiamo detto tutto, o forse niente, ma una cosa è certa: per costruire un nuovo futuro, vanno corsi dei rischi, affacciandosi sull’inusuale, mutando il proprio linguaggio, senza che questo metta in discussione i propri principi e le proprie radici. Diversificare, sperimentare, penetrare la superficie e restituire il giusto significato a ogni singola scelta.

Fuori dagli schemi: lì dove Eugenio Roncoroni si trova perfettamente a suo agio.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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