19-05-2021
Marco Montemagno e Lara Gilmore nel dialogo che si può rivedere sul canale youtube del presentatore, per il ciclo Food Talks by S.Pellegrino
«Nel gennaio 1993 io vivevo in un piccolo appartamento nell’East Village, a New York. Studiavo canto e recitazione ed ero affascinata dal mondo off-off Broadway e dall’avanguardia artistica. Massimo viveva nell’Upper West Side. Veniva da un’esperienza di 9 anni alla Trattoria del Campazzo in una frazione di Nonantola, a 10 km da Modena e da Casa Maria Luigia. Per pagare l’affitto, lavoravo al bancone del Caffè Di Nonna, un locale italiano delizioso a Soho, di proprietà del calabrese Ray Costantini. Un giorno Massimo entrò nel caffè e chiese a Ray un lavoro. Conquistò immediatamente il patron parlando di tortellini, tortelloni e tagliatelle. Era già il Bottura che conosciamo oggi, un vulcano. Ci confrontavamo sui cappuccini che servivo. Diceva che erano terribili. Gli mancava l’Italia, e lui mancava a sua mamma. L’estate successiva tornammo insieme in Italia». Ha inizio con questa rievocazione il Food Talk by S.Pellegrino tra Marco Montemagno e Lara Gilmore, una conversazione brillante che si può anche ascoltare integralmente, sul canale youtube del presentatore. «A ottobre venne a trovarlo Alain Ducasse al Campazzo», procede Lara il racconto sulle origini, «Massimo era fuori di sé dalla gioia. Mi mandò a prendere dell’olio d’oliva perché mancava. Andai a prenderlo in bici, con lo zaino, in un’enoteca a 12 km di distanza. Servì al monsieur un pranzo molto tranquillo, con la rezdora che preparava la pasta in bella vista. Insieme discorrevano di terroir. Alla fine, Ducasse lo invitò a lavorare al Louis XV di Montecarlo. Ci rimase quasi un anno mentre io decisi di rimanere a Modena. Al tempo ci legava più di un’amicizia, ma la relazione vera e propria doveva ancora consolidarsi. Un anno dopo, un amico chiamò Massimo e gli disse che un ristorante di via Stella era in vendita. Decise che era venuto il tempo di provarci. Comprò l’Osteria Francescana. Io tornai in America perché mio papà non stava bene. Un mattino del marzo 1995 – erano le 8 a New York, le 2 di notte a Modena - lui mi chiama e mi dice: ‘Sto per aprire il mio ristorante. Mi spiace molto che non sei qui. Mi vuoi sposare?’. Accettai. Anni dopo mi sono resa conto che in realtà mi aveva chiesto di sposare il suo ristorante». «Agli inizi, la Francescana era un sorta di trattoria gourmet, animata da uno spirito provocatorio accentuato. Massimo serviva piatti come il Cappuccino di patate e porri e Aceto Balsamico di Modena o i Tortellini, 6 di numero, che camminavano in fila nel brodo, cercando di sottolineare il valore gustativo di ognuno di loro. Cercava di fare una cucina molto diversa dai classici Rigatoni con salsiccia e piselli. Cominciammo ad appendere alle pareti opere d’arte. Ricordo che dal Campazzo aveva portato un poster di Bruce Springsteen. Ci fu una critica feroce nei confronti della cucina e delle opere scelte dal ristorante. I clienti e i modenesi impiegarono anni ad accettare queste provocazioni. Nel 2000 non avevamo ancora una stella Michelin. Ma noi non smettevamo di incoraggiarlo».
Lara Gilmore e Massimo Bottura
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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A cura della redazione di Identità Golose
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Tutte le foto sono a cura di Marialuisa Iannuzzi
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