Antonio Ziantoni ha aperto il suo ristorante romano, Zia, che guida insieme alla compagna Ida Proietti, nella primavera del 2018. E gli è bastato davvero poco per farsi notare, conoscere, apprezzare, raccogliendo così attenzione, visibilità e riconoscimenti. Tra questi citiamo il premio Sorpresa dell'anno per la Guida di Identità Golose 2020, l'arrivo in finale ai TheFork Restaurants Awards 2019, oltre alla stella Michelin arrivata a novembre dell'anno scorso.

Ida Proietti e Antonio Ziantoni
Basta accomodarsi per una volta a un tavolo dell'insegna di via Mameli, a Trastevere, per comprendere in maniera molto chiara la forza di questa cucina e dell'identità di questo ristorante: tanto personale e contemporanea, quanto profondamente italiana e legata alla cultura gastronomica della città che lo ospita.
La formula è semplice e immediata: la carta di
Zia si struttura su quattro proposte per genere, antipasto, primo e secondo. Ognuno di questi piatti può diventare poi parte di un menu degustazione: da sette portate a 75 euro, da cinque a 55. I clienti possono affidarsi alla scelta dello chef per la composizione dei percorsi o invece occuparsene in prima persona.
Si parte subito con un piccolo, delizioso boccone: la
Chiacchiera ripiena di coniglio alla cacciatora è un perfetto esempio di incontro tra modernità e classicismo, tra eleganza e concretezza. La croccantezza della pasta, il gusto esplosivo del coniglio: complice anche l'accoglienza sorridente, siamo già conquistati. Gli amuse-bouche proseguono con una delicata
Idea di mozzarella di capra, con un fragrante
Cornetto con mandarino e olive, con una profumata
Rapa bianca marinata in idromele con gel di mela.
Fa parte ancora dei benvenuti uno dei piatti che ci hanno più divertito: la
Pancia di maiale viene servita spoglia, volutamente sperduta su un piatto bianco a ricordare una sottile fetta di bacon ancora da rosolare, ma è stata marinata per dieci giorni in salamoia e cotta per una notte in BBQ. La si deve arrotolare sulla forchetta e mangiare in un solo boccone, e che boccone! Morbidezza estrema, aroma di affumicato misurato alla perfezione, grassezza deliziosa a cui arriva puntualissimo a fare da contraltare un cucchiaino su cui riposa una mini aspic di verdure sottaceto. Tutto così facilmente intelleggibile, tutto così noto al palato, ma ugualmente sorprendente. E il degustazione non è ancora incominciato.
Si apre con
Ostrica, cavolo e nervetti: efficacissima l'idea di proporre un'insalata di nervetti e scalogno in mezzo alle punte iodate dell'ostrica e della salsa di lattuga di mare, con una crema di cavolfiore ad abbracciare il tutto e delle foglie di cavoletti di Bruxelles a dare anche la croccantezza. Altrettanto riuscita risulta poi l'
Animella di vitello, tre latti e pomodoro, in cui la protagonista del piatto viene presentata ripiena di pomodoro secco e mozzarella, con la crema ai tre latti ad ammorbidire e una insalatina molto fresca che porta sfumature amare a ogni assaggio.
Il
Risotto bufala, limone e genziana è un primo solo apparentemente semplice, che si rivela poi in bocca di grande struttura, con note grasse, acide e amare impegnate in un bel girotondo. Eleganza e classicismo prevalgono invece nell'
Anolino di ossobuco in brodo, con una foglia d'oro a richiamare citazioni illustri e una grande intensità nel brodo. E' l'unico piatto del menu che non contiene un elemento di sorpresa, ma che si "limita" a essere buonissimo.
Subito dopo la liquirizia si prende la responsabilità di scompaginare le carte del
Branzino alla mugnaia: ingrediente difficile da dosare, in particolare nella grande delicatezza di un piatto come questo, ma l'esperimento è riuscito alla grande.
Faraona, radici e foglie di vite è un piatto che intanto sorprende per la sua grande bellezza, una vera composizione artistica: il resto lo fanno la cottura sapiente, la pelle consistente e grassa e l'estrazione di radici, elemento chiave nella riuscita nel piatto.
Il menu si chiude con un bon bon come pre-dessert con formaggio erborinato e mirtillo, e un buonissimo
Babà, servito con crema chantilly alla vaniglia di Haiti. Ma soprattutto con la sensazione di aver compiuto un percorso davvero di grande livello, proposto a un prezzo straordinariamente competitivo. Merita un plauso infine anche la sala, informale quando serve e precisa sempre.
Se Antonio Ziantoni l'anno scorso poteva essere una sorpresa, oggi è una solida certezza del panorama gastronomico romano.