03-08-2023

Cercasi personale: ma la colpa di chi è?

Continua la nostra inchiesta sulla crisi del lavoro nella ristorazione: da quali ritardi e quali mancanze è causata? Rispondono Ceraudo, Tessari, Gambaretto, Zappile, Tasinato, Travagli, Tempesta, Piras, Bertini, Andriani

Per noi di Identità Golose non esistono disparità di valore tra sala e cucina: il ristorante è un piccolo universo che ne riflette la necessaria complementarità. Ecco perché non è passato inosservato il problema del personale nella ristorazione, relativamente al mondo della sala come accade da anni, ma ormai anche in brigata.

Abbiamo così avviato un’inchiesta coinvolgendo diversi tra i restaurant manager e i patron di tutta Italia, chiedendo loro di condividere le proprie riflessioni e, ove possibile, le potenziali soluzioni alle criticità che il settore vive oggigiorno. 

Alcuni dei professionisti che hanno risposto alla nostra inchiesta: dall'alto a sinistra, (prima fila) Susy Ceraudo, Luca Gambaretto, Jgor Tessari, Valentina Bertini; (seconda fila) Alberto Piras, Alberto Tasinato, Matteo Zappile; (terza e ultima fila) Manuel Tempesta e Rudy Travagli

Alcuni dei professionisti che hanno risposto alla nostra inchiesta: dall'alto a sinistra, (prima fila) Susy Ceraudo, Luca Gambaretto, Jgor Tessari, Valentina Bertini; (seconda fila) Alberto Piras, Alberto Tasinato, Matteo Zappile; (terza e ultima fila) Manuel Tempesta e Rudy Travagli

SUSY CERAUDO, Responsabile Marketing e Commerciale dell'Azienda Agricola Ceraudo che racchiude il ristorante Dattilo, Strongoli (Crotone)
Non penso ci siano “colpe” quanto mancanze di supporti da parte del Governo. Occorre una riforma seria sul lavoro e sugli aiuti per i disoccupati. Il reddito di cittadinanza è stata un’arma a doppio taglio. Il covid ha accelerato e cambiato nettamente il mondo del lavoro nella ristorazione.

 

JGOR TESSARI, Restaurant manager del ristorante Stube Gourmet dell'hotel Europa, Asiago (Vicenza)
Se vogliamo dare una colpa a qualcuno, ricordo che tuttora per entrare in qualche "grande ambiente" bisogna fare stage gratuitamente di 3/6 mesi e questo fenomeno non aiuta, nè invoglia i giovani ad avvicinarsi alla ristorazione. Vogliamo parlare del comportamento di alcuni chef o presunti tali? Non è corretto fare nomi, ma tra le mie esperienze passate ho trascorso mesi d'inferno provando persino il terrore di entrare a lavoro e nell'arco dell'intera giornata prendevo insulti gratuiti; non solo violenze psicologiche, ma pure fisiche. Per non parlare degli orari da campo di concentramento e un unico giorno di riposo a settimana che, praticamente lo passi a dormire in quanto sei distrutto e non hai nemmeno voglia di alzarti dal letto. Queste situazioni sembrano surreali ma vi posso assicurare che esistono ancora oggi nelle grandi città dove c'è una mole di lavoro ingente oppure nelle stazioni turistiche nei mesi di alta stagione. Dove lavoro attualmente, di norma, saltiamo il riposo nelle due settimane centrali di agosto e nelle due settimane a cavallo tra Natale e fine anno, ma subito dopo recuperiamo i riposi quindi tutto sommato è un piccolo sacrificio che si può tranquillamente fare. Bisogna pur tener conto che in bassa stagione si lavora poco e un dipendente può avere una vita normale, avere una famiglia o coltivare un hobby, una passione o dedicarsi a corsi formativi.

 

LUCA GAMBARETTO, Patron del Ristorante Maffei, Verona
Io in primis, ho dovuto fare “mea culpa” e considerare le scelte compiute nel passato. Ricordo che qualche anno fa decisi di cambiare circa l’85% del mio personale per ricostruire una squadra che condividesse i miei stessi valori: la correttezza, la trasparenza, la lealtà. Quasi come un diritto acquisito, abbiamo dato per scontato che le persone dovessero lavorare anche 70 ore a settimana. Come se fosse un atto dovuto all’imprenditore. E questo – in perfetto stile italiano – ha fatto sì che l’immagine dell’imprenditore diventasse quella del “cattivo”, di chi vuole sfruttare i dipendenti e riuscire a premerli il più possibile. Oggi, confesso che prima di fare qualsiasi rimprovero rifletto molto di più. Penso, inoltre, che all’Italia manca anche una piena consapevolezza della forza di questo settore, e di come potrebbe evolvere nel futuro. Abbiamo un grande potenziale, ma lo stiamo sfruttando e alimentando per davvero? Pensiamo alle grandi catene della ristorazione all’estero, magari anche di cucina italiana.
I piccoli ristoranti (e quindi non gli stellati, che restano comunque una minoranza nel grande disegno italiano) devono iniziare a pensare a sé stesse come piccole aziende e così proiettarsi nel futuro.

 

MATTEO ZAPPILE, General manager del ristorante Il Pagliaccio, Roma
Paghiamo lo scotto di anni e anni di abusi e vessazioni verso i lavoratori; anni di 14 ore normali, anni di buste paghe inesistenti e di lavoro al nero. Tutto era dovuto, tutto era la normalità, e qui l’imperfetto è dovuto.

 

ALBERTO TASINATO, Patron del ristorante L'Alchimia, Milano
Direi che quando la crisi è scoppiata, avevamo raggiungo il momento di iper-stress di un sistema già stressato. Oggi premiare, fare formazione in un ristorante è piuttosto diffuso, ma non è sempre stato così. Oggi finalmente abbiamo compreso che il lavoro di sala deve essere un punto di arrivo e non una fase di passaggio tra uno studio e l’altro. Nei contratti collettivi è tutto scritto: sta al ristoratore rispettare quanto dichiarato su carta ed evitare di bypassare alcuni punti o di interpretarli alla propria maniera.

 

RUDY TRAVAGLI, Restaurant manager del ristorante Enoteca La Torre a Villa Laetitia, Roma
Il nostro mestiere si porta dietro gli strascichi del passato; un lavoro fatto di fatica, sudore, tante ore di lavoro, soprattutto nei momenti di festa come la domenica, ferragosto, Natale e Pasqua, per esempio. 

 

MANUEL TEMPESTA, Direttore del ristorante Seta al Mandarin Oriental, Milano
Non parlerei di colpe, bensì di responsabilità. Il settore della ristorazione, come molti altri, è stato colpito duramente e il supporto richiesto dagli operatori non sempre è arrivato in modo puntuale: questo ha causato una certa delusione e disaffezione verso il settore. Penso, però che questa situazione abbia portato alla luce una criticità precedente, ossia il costo fisso di certe attività che risulta essere superiore agli introiti, e questo in un settore importantissimo e strategico per il nostro Paese come l’ospitalità.

 

ALBERTO PIRAS, Sommelier del ristorante Il Luogo di Aimo e Nadia, Milano
Non credo ci siano colpe o ritardi, la ristorazione è sempre più vista solamente come un lavoro di estremo sacrificio dimenticandosi della professionalità e dell’impegno che ci vuole per ottenere alcuni risultati.

 

VALENTINA BERTINI, Wine Corporate Manager di Langosteria
Probabilmente, le istituzioni scolastiche sono spesso fuori dal tempo, per questo motivo cerchiamo di rivolgere la nostra attenzione a ragazzi che frequentano accademie dedicate, dove studiano una materia e la mettono in pratica concretamente.

 

MIRELLA ANDRIANI, Responsabile HR Langosteria 
Osserviamo un cambiamento nel mondo del lavoro dovuto a una generazione sempre più digital e distante da quelli che sono i mestieri vivi, creando mercati di lavoro nuovi e differenti. Nello specifico dell’Italia, il lavoro nell’hospitality è poco sentito come professione alla pari delle altre e di conseguenza i nostri giovani non vengono valorizzati, perciò vanno alla ricerca di questo riconoscimento all’estero, dove c’è maggiore serietà a riguardo.


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a cura di

Identità Golose