14-07-2023

La ricerca del personale nella ristorazione: un problema momentaneo o una nuova realtà con cui convivere? Parla la sala italiana

È sempre più arduo reperire nuove figure di sala e di cucina, una difficoltà deflagrata specie nel post-Covid. Ma a cosa è dovuto questo cambio di scenario? Lo abbiamo chiesto a patron e restaurant manager di tutta Italia

Dall'alto a sinistra: (prima fila) Susy Ceraud

Dall'alto a sinistra: (prima fila) Susy Ceraudo, Luca Gambaretto, Jgor Tessari, Valentina Bertini; (seconda fila) Alberto Piras, Alberto Tasinato, Matteo Zappile; (terza e ultima fila) Manuel Tempesta e Rudy Travagli

Per noi di Identità Golose non esistono disparità di valore tra sala e cucina: il ristorante è un piccolo universo che ne riflette la necessaria complementarità. Ecco perché non è passato inosservato il problema del personale nella ristorazione, relativamente al mondo della sala come accade da anni, ma ormai anche in brigata.

Abbiamo così avviato un’inchiesta coinvolgendo diversi tra i restaurant manager e i patron di tutta Italia, chiedendo loro di condividere le proprie riflessioni e, ove possibile, le potenziali soluzioni alle criticità che il settore vive oggigiorno. 

SUSY CERAUDO, Responsabile Marketing e Commerciale dell'Azienda Agricola Ceraudo che racchiude il ristorante Dattilo, Strongoli (Crotone)
Lo scenario della ristorazione sta subendo dei cambiamenti decisivi che il Covid ha accelerato. Credo che la realtà presente sia quella decisiva con cui fare i conti. Servono nuove strategie, nuovi rapporti e anche nuovi aiuti da parte del governo. Servono nuove garanzie non solo economiche, ma anche umane. Rapporti di fiducia e di continuità.

 

JGOR TESSARI, Restaurant manager del ristorante Stube Gourmet dell'hotel Europa, Asiago (Vicenza)
Credo sia più facile vincere alla lotteria che trovare personale qualificato e non oggigiorno. Dati alla mano la scuola Alberghiera di Recoaro Terme mi informò nel mese di Aprile che solo il 5/7% dei ragazzi diplomati decidono di intraprendere il lavoro di Sala o Cucina. Gran parte di loro o si iscrive all' Università cambiando radicalmente indirizzo oppure molti decidono di cambiare settore. Ben venga che un ragazzo prosegua gli studi, ma da quello che mi risulta in Italia siamo carenti di medici, operai metalmeccanici specializzati, operai nel campo edilizio eccetera, eccetera. Allora mi chiedo seriamente dove finiscano queste persone. Mi dispiace esporre questo pensiero ma ritengo sia colpa dei genitori che non prendono in mano la situazione e spiegano ai giovani che il "gozzovigliare" a casa non porta a nulla di buono. Altro problema di tutti noi è che siamo plagiati dai social media e crediamo si possa guadagnare grandi somme di denaro facendo poco o nulla, ma ahimè di Chiara Ferragni ne esiste una sola e per quanto superficiale possa essere considerata su Instagram, credo che sotto sotto ci sia grande sostanza, altrimenti non si spiega il suo successo che non può essere dovuto solamente alla bellezza. Io sono cresciuto con principi di altri tempi; mio nonno mi diceva spesso che il lavoro se fosse divertimento non avrebbe senso chiamarlo diversamente. Ci siamo dimenticati e forse non riusciamo a spiegarlo alle nuove generazioni che per raggiungere grandi obbiettivi bisogna lavorare, sudare, sacrificarsi e dare il 1000% in ogni situazione. Sarà che la mia passione oltre al vino è correre in montagna e vi assicuro che senza allenamento e sacrificio, non farei nemmeno le scale di casa di corsa.

 

LUCA GAMBARETTO, Patron del Ristorante Maffei, Verona

Il processo è iniziato già prima del Covid - la carenza del personale c’era già nel 2018, 2019, ma la pandemia ha dato un’ulteriore accelerata. Ed è un problema molto diffuso che va anche oltre l’Italia e oltre il solo comparto ristorativo. Noi lo tocchiamo più con mano nel ristorante perché ci lavoriamo, ma capita ovunque. Anche perché ci sono sempre state queste oscillazioni in diversi periodi storici – pensiamo alla Rivoluzione Francese, scoppiata affinché si desse più spazio ai diritti e non solo ai doveri, o nel secondo dopoguerra. Il lavoro oggi è cambiato e che ci piaccia o no, occorre strutturarsi nella gestione delle risorse umane. In generale, il Covid ha portato a un appiattimento verso il basso e il termine a cui si fa riferimento è soprattutto il breve periodo: ci sono pochi progetti e poca lungimiranza; le persone vogliono lavorare di meno perchè vogliono più tempo a disposizione e, in alcuni casi, vorrebbero anche essere pagate di più. In sostanza, il cambio di scenario c’è stato e credo anche che siamo solo all’inizio di questa trasformazione.

 

MATTEO ZAPPILE, General manager del ristorante Il Pagliaccio, Roma
Secondo me, semplicemente, gli uomini di sala e di cucina hanno scoperto che esiste una vita dopo il lavoro e no, non è uno slogan. Prima del Covid tutti eravamo dediti alla passione e al lavoro, tralasciando talvolta la vita privata e gli affetti, oggi non siamo più disposti a farlo e le nuove generazioni ancora meno; chiedono, anzi urlano a gran voce il rispetto degli orari da contratto, le mansioni ed essere trattati da umani, piuttosto che da lavoratori. Siamo di fronte ad un cambiamento drastico di questo mondo, tutto cambierà quando gli imprenditori si renderanno conto che il loro guadagno si sarà talmente assottigliato che busseranno alla porta del ministero per chiedere di abbassare la pressione fiscale per poter assumere più staff. Fino ad allora l’emergenza che viviamo sarà uno standard e saremo costretti a chiudere sempre più servizi.

 

ALBERTO TASINATO, Patron del ristorante L'Alchimia, Milano
Potremmo dire che il Covid è stato “un incubatore” della situazione attuale e ha accelerato un processo già in corso: questo perché le persone hanno avuto tanti mesi per rivivere dinamiche familiari, o del tempo libero proprio, che per un bel po’, si pensava, non esistessero più. Ci si è riabituati a una normalità che, una volta ripartiti, è stata messa nuovamente in discussione. Oggi ci troviamo in una fase inedita che è già diversa rispetto a quella di sei/sette mesi fa. Per un tempo abbiamo vissuto una crisi pazzesca: dai più grandi ristoranti, alle piccole insegne c’è stato un momento di grande difficoltà perché tutto ha riaperto contemporaneamente e tutti si sono messi alla ricerca di personale, dai grandi magazzini, ai ristoranti, dagli alberghi ai negozi. Ecco perché molti, in questo frangente, hanno cambiato settore. Quella fase della “crisi nera” è passata: oggi stiamo già vivendo un nuovo equilibrio, un nuovo mood.

 

RUDY TRAVAGLI, Restaurant manager del ristorante Enoteca La Torre a Villa Laetitia, Roma

Se da una parte il Covid ha incrementato la voglia di famiglia e amici - non fraintendetemi, sono alla base delle vite di ciascuno di noi - dall'altra ha bruscamente frenato l'idea di lavoro e sacrificio, anch'esso alla base dell'essere umano per costruirsi e assicurarsi un futuro. La mancanza di personale è sotto gli occhi di tutti e sono convinto essere un problema momentaneo; certamente passerà, ma quello che mi preoccupa è che non sappiamo quanto durerà. Ovviamente non può dipendere tutto da noi, ma deve esserci una chiara presa di posizione da parte delle istituzioni. Un sondaggio uscito su Il Bollettino nel febbraio 2023 evidenzia che il 29,4% (quasi 1 su 3) dei giovani tra i 20 e i 34 anni non ha un lavoro, non studia e non è coinvolto in altri tipi di percorsi formativi. Gran parte di quelli occupati, invece, lamenta di lavorare in un posto che non soddisfa a pieno le aspettative economiche. Non dobbiamo sottovalutare che sono state create 380.000 nuove posizioni lavorative: tanti ristoranti nascono ogni giorno e non può esserci personale professionale per tutti.

 

MANUEL TEMPESTA, Direttore del ristorante Seta al Mandarin Oriental, Milano
Parlando con diversi professionisti, anche di altri settori, ho notato che non si tratta di un discorso legato esclusivamente al mondo della ristorazione, ma lo inquadrerei con quelle attività che richiedono un contatto diretto con il pubblico. Si tratta sicuramente di una situazione che necessita di una gestione attenta, soprattutto per quanto riguarda la generazione che si sta approcciando ora al mondo del lavoro.


ALBERTO PIRAS, Sommelier del ristorante Il Luogo di Aimo e Nadia, Milano
Credo che il problema non sia momentaneo e diverse cose a livello sociale sono cambiate; ci si è accorti dell’importanza del tempo libero da rapportare in equilibrio a quello lavorativo. Detto questo, il lavoro nella ristorazione dovrebbe essere percepito ed essere comunicato come un lavoro di estrema professionalità e bellezza. In sala, ad esempio, ci mettiamo in contatto con persone di ogni tipo, genere e importanza. Negli ultimi anni sono arrivato a pensare che abbiamo accesso a un momento estremamente “privato” (lo stare a tavola) delle persone. Questa cosa non è da tutti, ma soprattutto non è per tutti e chi sceglie questo mestiere deve essere fiero di questa cosa.


VALENTINA BERTINI, Wine Corporate Manager di Langosteria
Per la ristorazione, il problema è legato alla volontà delle persone, specialmente le più giovani, di ricercare un equilibrio virtuoso tra vita privata e lavorativa. In particolare a Milano la situazione è aggravata dal caro prezzi perché spesso un affitto è quasi pari a uno stipendio. A questi fattori, si aggiunge la difficoltà nel reperire personale qualificato, come nel caso dei sommelier, perché una preparazione approssimativa non è più sufficiente. 

 

MIRELLA ANDRIANI, Responsabile HR Langosteria 
Partiamo dal presupposto che la ristorazione italiana ha sempre avuto questo problema, post covid ancora di più, e non si tratta di una questione passeggera, ma di una nuova realtà con cui fare i conti. La causa è da ricercare in molteplici fattori, come la pandemia, il cambio generazionale e il tema della professionalizzazione, che riguarda in particolare l’Italia.


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