10-08-2023

Responsabilizzare il collaboratore: la ricetta di Lorenzo Costa contro la crisi del personale

L'imprenditore bolognese propone un nuovo approccio: un modello basato su coinvolgimento e responsabilizzazione. Intanto ha aperto in città un "contenitore" tre-in-uno davvero innovativo

Lorenzo Costa e lo spazio innovativo appena inaugu

Lorenzo Costa e lo spazio innovativo appena inaugurato in via Galliera a Bologna, che racchiude al suo interno Allegra, la bakery di ispirazione internazionale, Calmo, il ristorante di cucina italiana nostalgica e Scuro Cocktail Bar

 

Foto a cura di Giulia Nutricati

Per noi di Identità Golose non esistono disparità di valore tra sala e cucina: il ristorante è un piccolo universo che ne riflette la necessaria complementarità. Ecco perché non è passato inosservato il problema del personale nella ristorazione, relativamente al mondo della sala come accade da anni, ma ormai anche in brigata.

Abbiamo così avviato un’inchiesta coinvolgendo diversi tra i restaurant manager e i patron di tutta Italia, chiedendo loro di condividere le proprie riflessioni e, ove possibile, le potenziali soluzioni alle criticità che il settore vive oggigiorno.

Reperire personale oggi, sia che si parli di cucina, che di sala potrebbe essere un problema transitorio, ma sicuramente è una problematica che sta perdurando ormai da qualche anno e che di base, in forma diversa, c’è sempre stata.

Forse anni fa ci si accontentava di più: dai ragazzini in stage con la scuola, o chi non avesse ancora un’idea definita di lavoro stabile e collaboratori famigliari per le altrettante gestioni. Credo che, a partire dal post-Covid e con la ridefinizione del concetto di ristorazione moderno, le nostre aspettative anche del servizio in sala, siano cambiate. A chi imputare la colpa di tutto questo? Personalmente, credo che le colpe stiano nel mezzo e sebbene sia ormai un pensiero sdoganato, la verità è che i contratti probabilmente non rispecchiano gli standard dello stile di vita odierna. Infatti, le esigenze di tutti si sono trasformate, si sono elevate; il mondo offre un palcoscenico bellissimo di nuove esperienze che tutti vorrebbero sfruttare e non si è più disposti a scendere a compromessi.

Da qui ci si spiega la perdita di appeal nei confronti della ristorazione come lavoro, a cui si contrappone la riscoperta della qualità della vita, giorni e orari di riposo più umani, la possibilità di scegliere l’online piuttosto che la staticità di recarsi tutti i giorni nello stesso posto, il che riduce il tempo da trascorrere in famiglia o da dedicare a sé stessi. C’è da aggiungere, inoltre, che il post pandemia ha ridotto notevolmente quella classe ristorativa intermedia, quella vecchia guardia con usi e costumi retrogradi e poco appaganti. La nuova ristorazione, invece, sempre più incline alla ricerca di personale altamente qualificato, si ritrova scoperta da quella generazione di ragazzi che spesso ripiegavano sul lavoro di sala o di cucina perché non aveva altri spunti lavorativi più immediati o definitivi.

Dal punto di vista delle istituzioni, sicuramente queste ultime per anni non hanno aiutato la classe imprenditoriale. Pensiamo a chi conta almeno 10 persone in squadra tra sala e cucina: i conti a fine mese sono sempre una bella doccia fredda. In generale, è prioritario ripensare a una sostenibilità collettiva dell’intero sistema.

Proviamo a considerare cosa accade all’estero: se pensiamo soprattutto ai modelli danesi e svedesi - ma ormai un po’ dappertutto - si sceglie sicuramente una turnazione molto più sostenibile; la maggior parte degli addetti ai lavori ha sapientemente optato per i due giorni a settimana di riposo, prediligendo soprattutto la domenica. Moltissimi, inoltre, hanno abolito il servizio del pranzo, un po’ per migliorare la qualità della vita, un po’ perchè costretti dalla mancanza di personale. Dunque, da una causa ne è derivato quell’effetto estremamente orientato al “rallentamento” della gestione della maggior parte delle attività. Nel mio ristorante precedente, Oltre, i miei ragazzi non avevano degli orari predefiniti, vigeva l’autoregolamentazione; ognuno era responsabile dei propri compiti e l’importante era il risultato e non in quanto tempo veniva raggiunto. La stessa impostazione è applicata al progetto appena partito che vede soci, assieme a me, Piero Solferini e Benedetto Linguerri.

La nuova iniziativa imprenditoriale di Lorenzo Costa è una e trina. Sul piano strada c'è Allegra, la bakery di ispirazione internazionale, con macchine del caffè specialty Victoria Arduino e il caffè Orsonero, la caffetteria specialty di Milano fondata da Brent Jopson e importata dalla città di Vancouver. Propone sfogliati dolci e salati fino al post pranzo, il prosieguo in modalità bar à vin fino a sera, sbicchierando vini e fornendo una selezione di salumi, formaggi e prodotti di eccellenza. Nella parte interna, sempre al piano terra, si svilupperà Calmo, il ristorante di cucina italiana nostalgica la cui direzione, così come la firma dei menu, è affidata a Lorenzo Vecchia, già socio di Ahimè. Infine, al piano superiore, con affaccio sul ristorante, prende vita Scuro Cocktail Bar, con i drink di Nico Salvatori

La nuova iniziativa imprenditoriale di Lorenzo Costa è una e trina. Sul piano strada c'è Allegra, la bakery di ispirazione internazionale, con macchine del caffè specialty Victoria Arduino e il caffè Orsonero, la caffetteria specialty di Milano fondata da Brent Jopson e importata dalla città di Vancouver. Propone sfogliati dolci e salati fino al post pranzo, il prosieguo in modalità bar à vin fino a sera, sbicchierando vini e fornendo una selezione di salumi, formaggi e prodotti di eccellenza. Nella parte interna, sempre al piano terra, si svilupperà Calmo, il ristorante di cucina italiana nostalgica la cui direzione, così come la firma dei menu, è affidata a Lorenzo Vecchia, già socio di Ahimè. Infine, al piano superiore, con affaccio sul ristorante, prende vita Scuro Cocktail Bar, con i drink di Nico Salvatori

Prevede tre realtà separate unite nello stesso contenitore. Molto probabilmente la parte ristorante resterà chiusa a pranzo con un giorno e mezzo o due di riposo. Stiamo parlando di un ambiente molto rilassato, senza pressione alcuna per risultati stellari. Resta inteso, invece, che ognuno dall’alto delle proprie responsabilità è chiamato a fare bene e con cura il proprio lavoro, conservando intatta quell’aria di festa. Qui le decisioni importanti vengono prese tutti insieme, vige il confronto e la massima disponibilità nell’ascoltare le richieste di tutti.

Molti dei ragazzi che mi seguiranno in questo nuovo progetto arrivano da pregresse esperienze nei miei ristoranti; punteremo su contratti a tempo indeterminato nella visione in cui ognuno è responsabile e fondamentale per la mansione richiesta. Ciascuno di loro sa perfettamente che quando vince uno, vincono tutti e dovunque ci sia margine di crescita, noi mettiamo sempre la quinta per sfondare quel portone.

Molto sta nello scegliere i collaboratori giusti con cui lavorare e perciò mi avvicino sicuramente a professionisti in linea con la mia visione di ristorazione: fresca, divertente, ambiziosa. Il lavoro lo percepiamo come una missione in cui, in primis, stiamo bene noi stessi, lavorando ogni giorno duramente per costruire un ambiente a misura delle nostre esigenze. Tra tutte le cose che non sopporterei c’è l’approssimazione. Ecco, un collaboratore non dovrebbe mai “sentirsi arrivato”, mai agire dando per scontato il proprio lavoro, mai influire negativamente la squadra smorzando l’entusiasmo altrui.

Parliamo di una generazione attuale che, fondamentalmente, non ha nulla di peggio o meglio rispetto alla precedente: è semplicemente diversa, affamata di successo, di benessere e affermazione, per cui diversi devono essere i trattamenti e i possibili scenari nell’interagire con essa. Per esempio, considerando questa generazione, la gavetta va bene, ma l’utilizzo scorretto di quel percorso di apprendimento volto a diventare sfruttamento resta una linea straordinariamente sottile, incontrollata e in quanto tale, è sempre più sfumata e inconsistente. C’è poi un altro aspetto che i ragazzi di oggi, rispetto al passato hanno vissuto, ossia la bulimia di cibo e cucina in tivù che ha fatto credere che nei ristoranti tutto fosse non tanto facile, ma sicuramente più scenografico. Il segmento faticoso per raggiungere un obiettivo è divenuto più patinato, più da palcoscenico. Il nostro lavoro, invece, resta al di là dei lustrini che solitamente gli si vuole applicare, un percorso per pochi e che, purtroppo, una trasmissione tv non potrà mai sostituirlo.

In questo contesto vale la pena considerare il ruolo delle donne nella ristorazione che, non credo costino meno. Hanno una capacità di adattamento estremamente importante, sono in crescita in questo settore, come è in crescita l’importanza del loro apporto e i risultati che riescono a raggiungere. Le chiacchiere da corridoio sulle prestazioni fisiche appartengono a retaggi veramente preistorici: conosco molte colleghe che ci fanno continuamente le scarpe e senza versare neanche una gocciolina di sudore!


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Lorenzo Costa

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Lorenzo Costa

bolognese, classe 1990, sta rinnovando la scena ristorativa della sua città ideando e poi inaugurando locali "di nuova generazione": Oltre, Sentaku Ramen Bar, il "fratellino" Gyoza Bar, Nasty Burger. Di fine giugno 2020 è la nascita di Ahimè. Costa è figlio di ristoratori che nel 1978 hanno aperto la Trattoria del Battibecco. Diplomato in agraria, ha iniziato nel locale di famiglia come cameriere. Nel 2016 ha aperto Oltre col socio e chef Daniele Bendanti

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