06-02-2012

La biblioteca dei sapori di Viviana

La cuoca di Alice a Milano conquista la sala di Identità Donna con una creatività tutta sua

Viviana Varese del ristorante Alice di Milano. All

Viviana Varese del ristorante Alice di Milano. Alle sue spalle, Errica Tamani, presentatrice della giornata Identità Donna, format testo ad abolire gli stereotipi sul genere femminile imperanti in cucina (foto Michele Bella)

“Il potenziale creativo è alla portata di tutti. L’importante è attingere dal proprio vissuto, conoscere innanzitutto se stessi e avere il coraggio delle proprie idee”. Molti applausi, soprattutto tra i giovani, nel tutto esaurito della sala, e non solo perché Viviana Varese gioca in casa. La chef di Alice “emigrata” a Milano trasmette vivo entusiasmo con il più classico calore salernitano, senza paura degli stereotipi, in un video che testimonia anche gli insegnamenti della madre: “Mi scuso che non faccio julienne e tutte quelle cose francesi, io le verdure le taglio da mamma”. È lei la sua fonte di ispirazione per una cucina rassicurante con radici nella tradizione, dal padre invece ha imparato l’amore per il prodotto. Così ha messo insieme la sua biblioteca dei sapori, per poi stravolgerne aspetti e forme una volta arrivata al Nord, dove ha portato con sé gusto e sapori della sua terra. Il limone è il frutto che più rappresenta questo suo percorso: la polpa, la buccia, il legno, le foglie.

C'è tutto questo in "Travolta da un insolito panino", piatto wertmülleriano nato da un errore, perché “la creatività può essere anche inconsapevole”. A raccontarlo sul palco c’è anche Sandra Ciciriello - ex pescivendola e oggi socia di questa avventura imprenditoriale tutta al femminile - che si presenta in compagnia di un’ombrina di 12 chili. Mentre Sandra sfiletta, Viviana spiega la genesi dell'impasto: acqua, sale, uova, farina di grano arso, tè nero affumicato, timo e potature di limone bruciate con cui la chef ricava una cenere. L’ombrina cuoce dentro al pane e alle foglie che danno un “senso” di barbecue e trattengono il sapore. Il panino viene servito accompagnato da un’insalatina di finocchi con polpa di limone e un contorno caldo, una patata cotta nella cenere del frutto in una pentola speciale detta “patatiera” e realizzata da un’artigiana di Bergamo.

Si prosegue sull’onda della memoria gustativa, con una ricetta che la madre le proponeva sempre a casa: pasta e patate con estrazione di basilico, pecorino romano e totanetti, aggiunti alla fine con una scottatura lampo, per far sentire il tocco iodato del mare. E il “gioco” è fatto. Perché “la cosa più importante è risentire il gusto della propria infanzia, cucinare è sì un atto sacro ma anche una magia capace di farti tornare bambina”.
 


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a cura di

Federico De Cesare Viola

Romano, scrive di enogastronomia e viaggi sul Sole 24Ore e collabora con numerose testate, tra cui La Repubblica e L’Uomo Vogue. È docente allo Iulm e lecturer in Food Media per diversi college americani. Twitter @fdecesareviola

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