25-11-2013

La Michelin andrebbe benedetta

Mai come ora la guida francese premia la cucina Italiana. Anche a livello di grandi donne chef, 51

Dall'album dei ricordi di Identità Golose a Milan

Dall'album dei ricordi di Identità Golose a Milano: sul palco della prima edizione, gennaio 2005, salirono sorridenti l'italiana Nadia Santin e il catalano Ferran Adrià, rispettivamente la chef e lo chef più famosi al mondo

La guida Michelin? Altro che pernacchie e far tanto gli offesi, noi italiani dovremmo erigere un monumento alla rossa e, nel contempo, prendere esempio dai cugini e fare ancora meglio di loro. Poi capisco benissimo che è mille volte più semplice lamentarsi, come accade anche nel caso delle donne-chef, in marcata minoranza rispetto ai loro colleghi nelle guide e nei congressi, ma quando dai mugugni si passerà ai fatti concreti?

Cristina Bowerman, chef e socia di Glass Hostaria a Roma

Cristina Bowerman, chef e socia di Glass Hostaria a Roma

La presentazione della nuova edizione lo scorso 5 novembre, raccontata qui da Gabriele Zanatta, ha segnato il debutto dell’uomo mascherato o nascosto, alias Sergio Lovrinovich, in collegamento come fosse l’uomo mascherato, lui nuovo responsabile dopo che Fausto Arrighi è andato in pensione. Credo che esistano maniere più eleganti per conservare l’anonimato, ma questo è nulla rispetto all’intervista scritta, inviata dall’ufficio stampa, come in genere fanno i ducetti della politica. Intendo proprio domande e risposte prendere-o-lasciare. Una volta la vernice della Michelin era una festa anche per la critica, ora sorridono solo i neo-stellati.

La cosa che mi fa specie, pensando al camuffamento, al celarsi di Lovrinovich, sia chiaro, liberissimo di nascondersi, figuriamoci, è come la Michelin sia passata da un presenzialista sfarfalleggiante come Arrighi a uno che sembra amare il burqa. Un po’ di misura, sia prima sia dopo, non avrebbe stonato.

Ma al di là di questo, noi italiani dovremmo ringraziare la guida leader nel mondo perché ci premia in maniera sempre più massiccia e fa si che quando i nostri chef vanno all’estero, possono fregiarsi di un titolo che tutti possono capire al volo, le stelle. A tanti sembrano poche le insegne premiate, ma solo la Francia ne vanta di più. Un calcio nei denti è un’altra cosa.

Antonia Klugmann presto si dividerà tra il Venissa sull'isola di Mazzorbo (Venezia) e l'Argine a Dolegna del Collio (Gorizia)

Antonia Klugmann presto si dividerà tra il Venissa sull'isola di Mazzorbo (Venezia) e l'Argine a Dolegna del Collio (Gorizia)

Si va di record in record. Dalla prima edizione del nuovo secolo, quella datata 2000, a quella ora in libreria, si è passati da un totale di 217 esercizi stellati (per la precisione 197 con una stella, 17 con due e 3 con tre) a ben 329 (281-40-8). Non male direi anche se fa male a qualcuno. Brucia però ben di più il dato del 2002 quando a stento furono più di duecento, 207 per la precisione, con la miseria di due soli posti tristellati, il Pescatore a Canneto sull’Oglio (che la terza la conserva tuttora) e il Sorriso di Soriso (che l’ha persa lo scorso anno).

La Michelin è ormai diventata buonista. Da alcuni anni le bocciature sono rarità. In genere si tratta di cambio di chef o di chiusure. Nel mare della singole stelle ritroviamo di tutto e in tal senso il vero banco di prova per la gestione Lovrinovich sarà l’edizione 2015. Questa è una somma di più voci, Arrighi, la casa madre francese, il nuovo responsabile che è di certo arrivato troppo presto perché Niko Romito al top sia tutta una sua scelta. Si è piuttosto trattato di condividere, approvare una promozione che stava prendendo comunque corpo. Se io fossi un ristoratore con due o tre stelle ora sarei molto preoccupato perché arriva sempre il momento in cui i nuovi capi mettono in pratica i loro giudizi.

Quanto all’altra eterna polemica, le poche chef stellate, è aria che si respira da sempre. E anche in questo caso la rossa tratta l’Italia in guanti bianchi. Guido Romeo, per Wired, ha contato le donne chef a livello di posti stellati nell’edizione 2013: 48 su 307, con 254 cucine a guida maschile e 5 a guida mista uomo e donna (fratello/sorella o moglie/marito). Nella nuova, tre novità in rosa con il debutto di Bruna Cane e Sara Chiriotti dei Caffi ad Acqui Terme (Alessandria), Maria Cicorella del Pashà a Conversano (Bari) e Maura Gosio del Petit Royal a Courmayeur (Aosta). In totale 51 su 329. Sempre una netta minoranza ma nel mondo nessun altro Paese come il nostro vanta un simile dato. Su un centinaio di chef stellate, la metà sono italiane.

Iside De Cesare, sua (e di suo marito Romano Gordini) la Parolina in località Trevinano ad Acquapendente (Viterbo)

Iside De Cesare, sua (e di suo marito Romano Gordini) la Parolina in località Trevinano ad Acquapendente (Viterbo)

Resta la difficoltà di tanti e tante nel capire che la cucina, dove la donna è regina assoluta, è cosa diversa dalla ristorazione e che se anche ai festival e ai congressi sono ben più numerosi i relatori uomini non è per cattiveria o cretineria degli organizzatori, ma per meritocrazia e minori possibilità di scelta.

Nota conclusiva: nulla vieta a chiunque lo desideri, di organizzare una tre giorni di cucina e pasticceria esclusivamente in rosa. Accadrà mai? Provoco: siccome una kermesse in rosa può apparire come un rinchiudersi in una riserva, sono davvero sicuri quelli che gridano allo scandalo, che ci sono 50 donne brave come Alajmo, Cracco e Scabin, Bottura, Crippa e Romito al punto da non invitarli?


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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