14-09-2022

Identità di Gelato, ecco come è andata: le lezioni di Liu-De Santi, Chartier, Quagliarini e Brunelli

Seconda parte della cronaca, assaggio dopo assaggio, dell'evento sulla gelateria organizzato da Identità Golose a Senigallia. Vi raccontiamo le lezioni di patron e pastry di Iyo, del maestro francese, del bartender e del super-gelatiere senigalliese

Si è confermato irresistibile il fascino retrò della Rotonda a Mare di Senigallia, una sfera rotonda sospesa sul mare, che in una giornata di cielo azzurro che sapeva ancora di estate, ha ospitato la terza edizione di Identità di Gelato. Una narrazione a 360 gradi sul gelato, che aveva come tema le nuove frontiere del gelato contemporaneo e che si è snodata attraverso i racconti e le testimonianze dirette di chef, gelatieri, pasticceri e mixologist.

Dopo l'articolo sulla prima parte dell'evento (clicca qui), vi raccontiamo la seconda "ondata" di lezioni. Buona lettura.

 

CLAUDIO LIU e LUCA DE SANTI

Claudio Liu e Luca De Santi. Sotto, il gelato da loro presentato

Claudio Liu e Luca De Santi. Sotto, il gelato da loro presentato


I lavori della sessione pomeridiana sono ripresi facendo un primo passo verso l'internazionalità, con la presenza sul palco di Claudio Liu, nato in Cina e cresciuto tra Reggio Emilia e Milano, artefice di grandi successi sulla piazza meneghina come Iyo Experience e Aalto, entrambi premiati con la stella Michelin. Con lui, a segnare un "dolce incontro tra Italia e Giappone", il pastry chef di Iyo Experience Luca De Santi, che alla collaborazione con Liu è arrivato dopo esperienze molto importanti come quelle all'Enoteca Pinchiorri, da Peck, al Ratanà. «Iyo nasce da un sogno - ha raccontato Liu - concretizzatosi nel 2007, partito dall'idea di realizzare una izakaya, una trattoria giapponese, e che poi negli anni si è sviluppato e cresciuto, e speriamo possa farlo ancora. La nostra cucina è di ispirazione giapponese, autentica, ma non tradizionale, e così è anche la nostra pasticceria. Quando, qualche anno fa, ho incontrato Luca De Santi, sono rimasto folgorato dalla sua tecnica: la nostra collaborazione è stata ottima dall'inizio, Luca è un pasticciere in costante evoluzione». 
«Vengo da esperienze molto diverse - ha raccontato De Santi - ma nel mio pensiero c'è sempre stato l'obiettivo di togliere il più possibile lo zucchero. La cucina giapponese è ricca di zuccheri nelle sue preparazioni e per questo la sua pasticceria tradizionale invece risulta poco dolce. Quello che facciamo da Iyo , anche grazie alla collaborazione con lo chef Katsumi Soga, è proporre una pasticceria che crea un ponte tra le tecniche occidentali e i prodotti giapponesi, lavorando sull'ulteriore diminuzione degli zuccheri. I gelati e i sorbetti hanno un ruolo molto importante nella nostra proposta, hanno una carta a loro dedicata e rientrano anche nelle creazioni al piatto». 
Per il dolce presentato a Identità di GelatoDe Santi ha utilizzato prodotti quasi del tutto sconosciuti in Italia, come lo yuba, la pelle del latte di soia, che si ottiene quasi nel medesimo modo con cui si ottiene la pelle del latte vaccino, a noi nota. «Assomiglia veramente tanto alla pelle del latte, ma essendo di soia è completamente vegetale. Partendo da questa idea, ho iniziato a pensare a un dolce adatto agli intolleranti, anche perché la cucina giapponese non prevede latticini: così abbiamo lavorato su un dolce dedicato a tutti i gusti, perché anche chi non è intollerante lo troverà buono». Lo yuba viene spennellato con un burro vegetale preparato da Iyo, poi viene cotto in forno per ottenere una sfoglia simile alla pasta fillo. Al piatto si aggiunge poi una versione croccante, e senza zucchero, della classica marmellata di fagioli rossi, l'anko. Il cuore del dolce è uno sorbetto alla pesca e yuzu, a cui poi si aggiunge un gel di Moscato, una spuma di latte di mandorla e della pesca fresca. 

 

ALAIN CHARTIER

Alain Chartier e sotto, il gelato che ha presentato

Alain Chartier e sotto, il gelato che ha presentato


L'ospite seguente sul palco di Identità di Gelato è stato il primo "straniero" di queste tre edizioni a Senigallia, ma è soprattutto uno dei grandi protagonisti del gelato a livello internazionale. Più volte campione del mondo di gelateria, M.O.F Glacier (miglior artigiano gelatiere di Francia) e un grande successo raccolto negli anni. Alain Chartier ha voluto parlare di Glaces toute l'année, titolo di un libro da lui pubblicato nel 2017, spiegando come, per destagionalizzare il gelato, la sua idea è stata quella di virare verso una «pasticceria gelata. Tutto quello che si può fare in pasticceria, lo proponiamo in una versione gelata: snack, torte, eclair... Seguiamo anche le ricorrenze, S.Valentino, Pasqua, Natale, sempre seguendo questa ispirazione».
Dal palco di Identità di Gelato ha presentato un progetto dedicato agli stecchi gelato, una linea che presenta diciotto variazioni, con ingredienti diversi e la presenza sempre del cioccolato, altro elemento fondamentale della passione professionale di Chartier. Infatti, dopo aver collaborato per 25 anni con un marchio importante come Valrhona, il pasticciere francese ha intrapreso un percorso di ricerca personale, per arrivare a produrre il proprio cioccolato, riducendo il saccarosio all'interno e integrandolo con zuccheri naturali, per abbassare l'indice glicemico, realizzando una linea di tavolette di cioccolato vegane. 
Negli stecchi presentati sul palco, e preparati live, il cioccolato si trova sia all'interno, in forma di tubicini di cioccolato freddo inseriti in mezzo al sorbetto di lamponi bretoni, sia nella copertura esterna, con l'utilizzo di un Madagascar al 70% e l'aggiunta di grue di cacao e sale. 


OSCAR QUAGLIARINI

Oscar Quagliarini e sotto, il Milano-Torino

Oscar Quagliarini e sotto, il Milano-Torino "diverso" che ha presentato


La gelateria contemporanea vista dal punto di vista di un mixologist che pure è un artigiano del gusto e un "naso", ossia « uno straordinario studioso di fragranze», come ha sottolineato Silvia Cittadini nel presentarlo. Sul palco ecco Oscar Quagliarini, bartender di fama internazionale; proprio a Senigallia ha creato un laboratorio, Le Garagiste, che produce vermouth, bitter, gin e liquori con cura sartoriale. Di più: lui analizza i profumi con una particolare attenzione alle connessioni che questi hanno con il mondo dei cocktail e ai virtuosismi che la percezione olfattiva ha su quella gustativa, pure nell’approccio ai cibi. Insomma, lupus in fabula: perché il passo ulteriore verso la gelateria - non banale - è stata l'anima di una lezione intitolata Alchermes e malaga: le nuove frontiere, ad altissimo grado di interesse.
Anche perché galeotta fu appunto la città di Senigallia, dove opera il maestro Paolo Brunelli. La fusione (fredda gelata, ça va sans dire) tra questi due talenti ha dato risultati sorprendenti; l'idea di base, come ha spiegato Quagliarini, è stata quella di «introdurre nella gelateria due prodotti», appunto alchermes e vino malaga, «che sono sempre stati utilizzati soprattutto in pasticceria e gelateria. In realtà quello che sto cercando di fare, con l'aiuto di Paolo, è comunicare ai bartender come possano essere un apporto perfetto alla miscelazione». Esempio? Il Milano-Torino, «sostanzialmente un Americano senza soda»: perché non sostituire l'alkermes al vermouth? O il vino malaga? «La cosa bella è che sono prodotti classici ma che abbiamo rivisto in chiave moderna» e di qualità, quindi non il bottiglione di alchermes da supermercato, di due litri pieni di coloranti, ma un liquore d'eccellenza e totalmente naturale «che ho studiato sempre con Brunelli stesso».
Quest'ultimo, chiamato a sua volta sul palco, ha raccontato il progetto Malaga 2.0: anche in questo caso, come per l'alchermes realizzato dai due e presentato proprio a Identità Milano nel 2019, si trattava di «colmare un vuoto, legato alla scarsissima reperibilità del vino Malaga». Come? Realizzandolo fuori zona, nelle Marche. Quagliarini: «Abbiamo affittato delle viti di Moscatello locale, aggiungiamo l'alcol e uno zucchero particolare, poi dello zucchero bruciato e un insieme di estratti naturali che afferiscono al vanigliato. Sostanzialmente sei tinture differenti che richiamano il gusto della vaniglia, senza la vaniglia». L'esito viene utilizzato per la macerazione dell'uvetta (per osmosi: almeno tre settimane sottovuoto), essenziale se si vuole realizzare un gusto di gelato - il malaga appunto - che Brunelli vuol riportare all'onor del mondo. L'assaggio conferma: i due ci sono riusciti. Paolo Marchi: «È una nuvola».
E dopo l'alchermes, nel 2019, e il nuovo "Malaga marchigiano", fresco fresco, ci sono altri prodotti nati dalla crasi tra gelateria e mixology, che Quagliarini e Brunelli hanno allo studio? «Per la verità uno l'abbiamo già presentato nel 2020, a Identità on the road: il Brunelli numero 5», essenza che riprende il famoso profumo di Chanel e aromatizza un gelato al cioccolato bianco. Lo "spariamo" con un phon sfruttando l'aria che il gelato stesso incorpora durante la mantecatura». Geniale.

 

PAOLO BRUNELLI

Paolo Brunelli, a destra. Nella foto sotto, il gelato che ha presentato

Paolo Brunelli, a destra. Nella foto sotto, il gelato che ha presentato


L’ultima masterclass alla Rotonda a Mare di Senigallia ha rappresentato la chiusura del cerchio, perché è stato il racconto di un altro gelatiere e imprenditore, nato nell’immediato entroterra marchigiano, che ha fatto di di questa città di mare il suo quartier generale: Paolo BrunelliPaolo si è spesso divertito a scardinare vecchi assiomi che legano alcuni classici di gelateria in voga negli anni ’80 a produzioni industriali di scarsa qualità. Questa volta tocca a topping e guarnizioni, parole che di per sé evocano grandi confezioni di plastica da capovolgere e versare su gelati e panne cotte, con ingredienti che vanno dal saccarosio agli aromi chimici.
La ricerca di salse che nobilitino il suo gelato ha portato Brunelli a riscoprire la cugna piemontese, una composta di frutta e spezie nata in abbinamento alle carni bollite, che oggi arriva in platea nella ricetta elaborata dal gelatiere (mele, spezie tra cui ginepro, e pepe di Sichuan e una piccolissima percentuale di miele), in compagnia di un formaggio blu marchigiano a base di latte crudo di bufala, un abbraccio suadente e morbido, grazie alla qualità di un latte straordinario che ha una percentuale di grasso al 7%. Nel frattempo sfila anche il gelato al latte di bufala, candidato ideale per la cugna, o per un goloso caramello, una delle altre ricette a cui Brunelli sta lavorando, attraverso l’impiego della tecnologia Roboqbo, che permette l’elaborazione delle salse nel totale rispetto delle materie prime di partenza.
«L’universo delle salse di qualità apre infinite strade, per dare ad un buon gelato tradizionale una veste gourmet - ha spiegato Paolo - grazie ad un prodotto fatto bene, gratificante dal punto di vista gustativo e facile da usare, perché chiuso in un barattolo e con una discreta shelf life».

 

Testi di Silvia Cittadini, Marialuisa Iannuzzi e Niccolò Vecchia


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