16-05-2015

Il New York Times parla di noi

La leggendaria testata di Manhattan si occupa di Identità Expo e dà la parola a Paolo Marchi

Anche il prestigioso New York Times, uno dei quoti

Anche il prestigioso New York Times, uno dei quotidiani più autorevoli e conosciuti del mondo, parla di Identità Expo, il format studiato da Identità Golose per l'Esposizione 2015. Cita una lezione di Andrea Ribaldone, nostro executive chef, e dà la parola al fondatore e curatore Paolo Marchi

Anche il New York Times, la mitica testata di Manhattan, parla di Identità Expo S.Pellegrino, il ristorante di Identità Golose, della sua attività in Expo e del suo fondatore Paolo Marchi. Lo fa all’interno di un’editoriale, intitolato How to understand Italy (“Come capire l’Italia”), firmato da Beppe Severgnini, editorialista del Corriere della Sera.

Con la solita brillantezza, il giornalista cremasco che venne strappato da Indro Montanelli a una placida carriera da notaio prende a pretesto Expo per raccontare la cucina italiana, e dunque gli italiani tout court. Partendo da un dato di fatto certificato dai suoi stessi occhi. Si chiede retoricamente, Severgnini: “Davvero gli italiani ce l’hanno fatta, hanno organizzato un grande evento mondiale? Nonostante scandali, ritardi, superamento dei costi e litigi? E’ proprio così, ce l’abbiamo fatta. Nessuno meglio di noi sa trasformare una crisi in una festa”.

[[ ima2 ]]E nessuno – suggerisce l’editorialista – è capace meglio di noi di trattare il tema di Expo, “Nutrire il pianeta”. Ne sintetizza le ragioni in cinque parole che cominciano “f”, tradotte ne perdono una: “family, feuds, fantasy, feelings and fashion”, ossia “famiglia, faide, fantasia, sentimenti e fashion”.

La famiglia, perché “per secoli, la casa è stata un laboratorio gastronomico che combina semplicità e robusto buon senso” e “il successo globale della cucina italiana inizia nei primi anni del XX secolo, quando gli italiani emigrarono in massa verso il Nord Europa, gli Stati Uniti e Argentina, aprendovi ristoranti e trattorie per offrire ad altri italiani l'unico tipo di cucina che conoscevano: quella casalinga”.

Poi ci sono quelli che Severgnini chiama “feuds”, le rivalità in base alle quali “ogni città e paese in Italia ritiene di poter vantare i prodotti alimentari, le ricette e i piatti migliori”, una divisione storica che ha anche esiti assai positivi: la competizione continua, oltre <l clima temperato e alla naturale biodiversità, fa sì che si sia sviluppata una “spettacolare varietà” che trova in Slow Food il proprio punto di riferimento: “Dal 1986, il movimento Slow Food ha individuato 254 presidi in Italia”.

[[ ima3 ]]Il “fashion” è presto spiegato: la cucina italiana è di moda e il suo stile “ha influenzato le tendenze alimentari in tutto il mondo”. Poi arriva… Identità Golose. Severgnini cita Paolo Marchi come “one of our finest food critics”, ossia uno dei nostri migliori critici gastronomici, quando vuole spiegare perché la parola “fantasia” sia fondamentale nel raccontare il rapporto tra italiani e cucina: “Possiamo anche non essere i più grandi inventori della storia dei prodotti alimentari, ma certamente siamo adattatori imbattibili”.

E spiega il concetto proprio con le parole di Marchi: “I cinesi hanno creato 40.000 ricette, noi ne abbiamo solo un ventesimo. Hanno inventato gli spaghetti, ad esempio. Ma l'idea di non cuocerli troppo - il concetto di “al dente” - è italiano. Il mondo ama masticare”. Lo stesso dicasi per il pomodoro o il caffè: vengono da fuori, ma sono stati resi grandi nella Penisola.

Infine, si parla di “sentimenti”. Il cibo è emozione e gli italiani ne sono i migliori interpreti. Scrive l’editorialista: “Pochi giorni fa, a Identità, un ristorante creato espressamente per l'Expo, lo chef Andrea Ribaldone ha svelato la ricetta di un risotto allo zafferano col midollo. Sembrava che stesse condividendo un segreto, più che insegnando qualcosa. I commensali lo ascoltavano estasiati”.

Non è la prima volta che la maggiore stampa internazionale parla di Identità Golose, di Marchi e dei meriti di un lavoro che dura da undici anni e che Marchi stesso pensa e firma insieme a Claudio Ceroni, patron di Magenta Bureau. Citiamo qua e là. “Ha fatto più Paulo (proprio con la "u", ndr) Marchi per il suo Paese, negli ultimi anni, di qualsiasi cuoco”, scriveva Nicholas Lander sul Financial Times il 9 febbraio 2008. L'anno prima il Time aveva raccontato Identità come "il più importante evento per la cucina d'avanguardia". E davvero lusinghiero, negli stessi mesi, era stato il giudizio del Los Angeles Times, in un pezzo che potete leggere qui, firmato da Regina Schrambling.

L'editoriale di Beppe Severgnini sulla versione on

L'editoriale di Beppe Severgnini sulla versione online del New York Times

Beppe Severgnini, al centro, l'altro giorno a cena

Beppe Severgnini, al centro, l'altro giorno a cena a Identità Expo. Paolo Marchi era al suo stesso tavolo, lo si vede sulla sinistra


Identità Expo

Attività, idee e protagonisti dello spazio di Identità Golose all'Esposizione Universale 2015

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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