01-10-2015
Joe Bastianich e Andrea Ribaldone si raccontano e raccontano la cucina a Identità Expo S.Pellegrino, davanti a una bella forma di Grana Padano
Scena: Joe Bastianich è reduce da una visita a Cascina Triulza, in Expo: è andato a vedere come si produce una forma di Grana Padano, spettacolo ripetuto là due volte al giorno, lo potete leggere qui.
Il Masterchef italo-americano arriva a Identità Expo S.Pellegrino con la voglia di rilassarsi un po’. Accompagnato da Elisabetta Serraiotto, responsabile Marketing e Comunicazione del Consorzio Tutela Grana Padano, sale in terrazza e ordina un drink. Qui lo aspetta il nostro executive chef Andrea Ribaldone: si salutano, si accomodano e iniziano a parlare di lavoro, sorseggiando i cocktail firmati Fabiano Omodeo. Irrompiamo noi, augurandoci di non essere troppo sgraditi: «Intervista doppia?». Accettano di buon grado.
Partiamo allora dal Grana Padano: è una delle eccellenze agroalimentari del Belpaese. Ma ce lo copiano, anche male… Bastianich: «Per me è uno dei prodotti fondamentali, come l’aceto balsamico, l’extravergine, il San Daniele, il San Marzano… Sa raccontare l’Italia all’estero. Le eccellenze vengono imitate, accade per tutte le cose della vita». Ribaldone: «Dobbiamo difendere i nostri marchi all’estero? Certo, ma la prima difesa deve essere qui da noi. Non mi riferisco al Grana Padano, che è un formaggio perfetto, in assoluto il più umami. Però molto spesso la qualità dei nostri prodotti non è costante, una volta è altissima, l’altra così così. Penso al prosciutto crudo: ne produciamo troppo, tutto magari a marchio dop o igp, non sempre è eccellente. Se io consumatore compro un prosciutto dop deludente, poi non mi fiderò più del marchio e la prossima volta preferirò un jamón iberico. Quindi: quando vogliamo propagandare l’alta qualità, dobbiamo lavorare meno cosce di maiale, farlo meglio, e magari farle costare un poco di più». Bastianich: «Pago un certo prezzo per un chilo di prosciutto? Quello davvero buono vale sicuramente di più, quello cattivo di meno. Il problema è che in Italia non ho qualcosa che mi garantisca se sto comprando il primo o il secondo. Per questo mi metterò presto a produrre San Daniele io stesso… Bisogna spingere per prodotti al top, seri, riconoscibili: allora il consumatore newyorkese sarà ben felice di pagare 10 dollari in aggiunta».
Materia prima, tradizione, creatività: mettiamo in ordine questi elementi per delineare le tue preferenze, ma anche una prospettiva futura. Bastianich: «Non so risponderti: il prodotto è fondamentale, ma anche la creatività. E più invecchio, più sono attirato dalla tradizione…». Ribaldone: «Creatività prima di tutto, nell’alta cucina: deve consentire ai giovani di sperimentare e crescere. Poi, certo, l’osteria faccia bene l’osteria: oggi non ne trovo facilmente di buone, voglio invece luoghi dove gli agnolotti siano preparati a regola d’arte e non ci sia la fregatura finale. In Giappone nei posti più popolari mi servono zampe di gallina, non è certo un prodotto raffinato: ma m’interessa che siano ben cucinate, allora sono contento».
Ribaldone e Bastianich con Elisabetta Serraiotto, responsabile Marketing e Comunicazione del Consorzio Tutela Grana Padano
Pregi e difetti della cucina italiana attuale. Bastianich: «Quanto a cultura del prodotto, siamo i numeri uno al mondo. Peccato che troppe volte si mangi male: è più facile trovare un buon ristorante a New York che a Venezia. Ma non parlo solo delle città più turistiche: dove sono finite le buone trattorie di un tempo? Anche a me, come ad Andrea, sembra assurdo che sia difficile trovarne: come si fa a rovinare in questo modo materie prime così straordinarie?». Ribaldone: «Per questo a Tokyo ci percepiscono come poco seri. Dobbiamo smettere di pensare che siamo aprioristicamente i migliori, a prescindere. Il consumatore straniero non è uno stupido. Il pregio: la materia prima straordinaria, appunto. Il difetto: siamo troppo legati a un’idea barocca di noi stessi, specie al Sud. Ossia nell’area che dovrebbe essere sempre più il traino della tavola italiana nel mondo».
Perché l’alta ristorazione in Italia fa così fatica? Bastianich: «Ha difficoltà a trovare il suo pubblico. L’alta cucina è un atto di egoismo da parte dello chef: va gestito con attenzione, perché è un ingrediente fondamentale del successo, ma risulta complicato trovare il giusto equilibrio tra le esigenze del cuoco-artista e le aspettative del suo pubblico di riferimento, che cambia da Paese in Paese. Esempio: non so se in Italia abbia senso il menu degustazione. Qui c’è tanta varietà, viene il desiderio di poter sempre scegliere». Ribaldone: «Siamo troppo legati alla mamma. La famiglia è per noi una forza e nel contempo un limite. Deve cambiare la percezione dell’alta cucina: non vado dal tale chef per mangiare, ma per fare un’esperienza più complessiva. Accade in Francia: anche l’operaio ha il piacere di spendere al ristorante tanti euro, certo solo una volta l’anno».
Bastianich e Ribaldone in tv
Entrambi gestite svariati ristoranti, Joe come proprietario, Andrea come chef e consulente. Quali sono le difficoltà? Bastianich: «Al mio Orsone di Cividale perdo un sacco di soldi (scherza, non troppo, ndr). Ma è un progetto che comunque mi convince, continueremo: sono vent’anni che produco vino in zona, il ristorante s’integra bene nell’azienda agricola. Dopo due anni di esperienza lo chef Eduardo Valle Lobo presto tornerà in America: sto cercando un italiano che lo sostituisca, meglio un friulano, uno che conosca bene il territorio. E’ fondamentale, ora. Risulta difficile, a livello gestionale, lavorare con uno chef che viene da fuori». Ribaldone: «Le difficoltà sono tantissime, un ristorante gastronomico deve sopportare costi enormi. Prendiamo ancora la Francia: là i “tre stelle” godono dell’appoggio e delle sovvenzioni statali, perché danno lustro al Paese, sono un investimento sulla sua immagine, un patrimonio culturale da tutelare e valorizzare. Da noi questo non avviene quasi mai. Penso a George Blanc, sta in un posto sperduto, Vonnas, vi ha creato una sorta di “borgo gastronomico”, dà lavoro e lustro a tutto il circondario. Da noi, quando gli Alciati sono andati via da Costigliole, nessuno ha fatto una piega».
Il ristorante perfetto. Bastianich: «Quello, come dico sempre, “consistente” in tutti i dettagli, non solo nel cibo. Mi spiego: voglio che un mio ristorante sia sempre come l’ho pensato, carta igienica compresa. Il cliente è un animale, bisogna metterlo in condizioni di comfort tale da sentirsi a suo agio. Altrimenti va in confusione e, come un animale, diventa aggressivo». Ribaldone: «Oggi ti rispondo così: il ristorante perfetto è quello che serve una cucina intelligente, di gran livello, preparata da giovani che hanno studiato e possiedono le tecniche. Ma bisogna alleggerirlo da certi costi, altrimenti non ce la sia fa. Guardiamo di nuovo alla Francia: noi continuiamo a voler garantire un super-servizio, mentre anche loro, là, virano verso il gastrobistrot».
Andrea Berton e Antonino Cannavacciuolo, chef stimati rispettivamente da Ribaldone e Bastianich. Ribaldone ha anche indicato Riccardo Aiachini e Lionello Cera, oltre a Massimo Bottura
I piatti della tua vita. Bastianich: «Il risotto al granchio di mia mamma Lidia. E poi pasta e fagioli, o risi e bisi». Ribaldone: «Gli agnolotti del plin».
C’è, a livello di cucina globale, la Francia, l'avete voi stessi citata più volte come termine di paragone. C’è stata la supremazia degli spagnoli, poi degli scandinavi. Ora si parla tanto dei sudamericani. L’Italia, mai? Bastianich: «I francesi sono antipatici e ora non sono più neanche di moda. Gli spagnoli sono “olé”, sempre dinamici, ma la loro ondata è passata. I nordici fumano troppa erba e da quelle parti fa troppo freddo. L’Italia è il Paese che ha un numero impressionante di vitigni autoctoni; la ristorazione italiana è adatta al buongustaio studioso, appassionato, preparato. Qui vi è una complessità utile e fertile. Se devo scommettere, scommetto qui». Ribaldone: «Toccherà all’Italia se daremo ai giovani la possibilità di essere liberi, sperimentando il futuro, certo senza dimenticare le radici, ma anche senza esserne vincolati. Manca un maestro, un punto di riferimento: potrebbe essere Massimo (Bottura, ndr), se non si fa prendere dalla sua vena un po’ egocentrica. Io lo stimo molto. Per il resto, vedo sempre più forte l’Oriente: Giappone, Corea, Singapore, Hong Kong, Shanghai»
Attività, idee e protagonisti dello spazio di Identità Golose all'Esposizione Universale 2015
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classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Un incontro intenso, seppur a distanza, con spunti concreti per gli imprenditori del settore. Joe Bastianich e Sandro Feole hanno raccontato a Identità Milano 2021 il metodo che offre un salvagente a chi è in difficoltà e vuole ripartire
Da sinistra, i quattro nuovi protagonisti di Identità Milano 2021: Francesca Castignani della pasticceria Belle Hélène, Francesco Pompetti della pizzeria Impastatori Pompetti, Joe Bastinich del Bastianich Hospitality Group e Roberta Ceretto del ristorante Piazza Duomo e dell'azienda vitivinicola Ceretto
Joe Bastianich. L'imprenditore della ristorazione italo-americano ha pensato a un videocorso, chiamato Metodo Bastianich, in cui mette al servizio dei ristoratori (o aspiranti tali), degli addetti ai lavori o a chi sogna di perseguire una carriera imprenditoriale nel mondo del f&b la sua esperienza nel campo. E lo fa con l'ausilio di ospiti illustri: Oscar Farinetti, Massimo Bottura, Marco Reitano, Cristina Bowerman, Antonino Cannavacciuolo, Umberto Montano...