23-03-2016
Alberto Tasinato, nato a Ivrea nel 1985, oggi è restaurant manager del ristorante Seta del Mandarin Oriental hotel di Milano. Dopo l’alberghiero di Biella, inanella esperienze significative al Trussardi alla Scala con Andrea Berton, al Plateau di Londra, al Pellicano con Antonio Guida, al V Piano al fianco di Matteo Torretta. Cura il pre-opening del ristorante Berton Milano come direttore. A dicembre 2015, l’approdo al Mandarin, ancora con Antonio Guida
Mi si chiede di illustrare la differenza che c’è tra essere il maître di un “semplice” ristorante gourmet e quello di un hotel a 5 stelle con grandi ambizioni. Mi viene da dire subito che la differenza sostanziale è nelle dimensioni: il ristorante Seta ha 50 coperti, una capienza simile alle insegne delle mie esperienze passate. Ma, avendo la responsabilità anche delle prime colazioni, la squadra si amplia, e i servizi anche. Devo gestire ben 24 persone.
Un’altra bella differenza è relativa all’aspettativa dell’ospite nei riguardi del servizio. Entrare in un hotel 5 stelle lusso presuppone che certi standard siano altissimi e sempre rispettati. La responsabilità per noi è ancora più alta e quindi motivante: siamo il primo Mandarin in Italia e gli altri Mandarin del mondo hanno una fama pazzesca, soprattutto per il servizio che sanno offrire. È tutto molto stimolante e challenging perché sai bene che il cliente è sempre pronto a fare paragoni con le altre realtà in giro per il mondo. GAVETTA E FORMAZIONE. Ai giovani consiglio di schiarirsi le idee il prima possibile. Questo perché so bene che, spesso, ci si avvicina alla sala per mille motivi spesso lontani da una motivazione reale, dalla volontà di fare davvero carriera. Per riuscire, occorre darsi obiettivi seri e a lunga scadenza, motivazioni che non siano sinonimo di ripiego. È importante poi mantenere le proprie idee e non farsi mai distogliere dagli obiettivi prefissati.
Particolare di sala del ristorante Seta del Mandarin Oriental di Milano, una stella Michelin a 3 mesi dall'apertura
LA CARTA DEI VINI. Nel definire la composizione di una carta dei vini, è necessario confrontarsi di continuo con lo chef. Quella del Mandarin nasce da un dialogo continuo con lo chef Antonio Guida e da riflessioni attente sulla tipologia di cucina che offriamo. È importante che i vini siano al servizio delle sue creazioni e non viceversa. Nel nostro caso, abbiamo dato ampio spazio alle bollicine: sono circa 76 su 500 etichette. Questo perché è la tipologia di prodotto che può accompagnare una cena intera. È stato dato molto più spazio all’Italia perché crediamo fortemente che dobbiamo essere noi, in primis, a spingere le nostre splendide realtà. Abbiamo creato anche una pagina dedicata ai pinot nero provenienti da tutto il mondo. Abbiamo scelto questo nobile vitigno per diversi motivi: è il preferito degli chef e ha una forte identità della carta.
Sempre in tema di vini, mi chiedete infine quali differenze esistano tra la carta dei vini fatta per il ristorante privato e quella riservata all’hotel. In primis è il budget, come potrete immaginare più consistente in una realtà complessa come la nostra. Occorre sempre pensare che l’ospite dell’hotel non sempre ha voglia di sperimentare: spesso vuole grandi nomi famosi da tutto il mondo, vedi Masseto, Monfortino, Sassicaia, che non devono assolutamente mai mancare. La carta dei vini per tutto l’hotel dev’essere soprattutto accessibile e facile da leggere per una fetta di pubblico naturalmente ben più ampia.
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Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri
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classe 1985, nato a Ivrea (Torino), dopo una serie di importanti esperienze, su tutte il ristorante Seta del Mandarin Oriental di Milano, da febbraio 2018 è al timone de L’Alchimia a Milano. Maitre dell'anno per la Guida di Identità 2019