06-01-2016
Simone Dimitri, a sinistra con la barba, guida la brigata di sala al Trussardi alla Scala di Milano (a destra, lo chef Roberto Conti). Interviene nel dibattito su Identità Golose dopo i pezzi di Enrico Camelio, Lisa Foletti, Donato Marzolla, Ruggero Penza, Ramona Anello ed Ermes Cantera
Maître: bellissima parola, dal significato semplice, ossia “direttore di sala”. Come tutti i direttori, ci si ritrova a dover dirigere delle persone, guidarle in quello che è lo scopo ultimo: far stare bene le persone a tavola. E’ il mio lavoro, e mi piace.
Oggi è argomento di discussione “la sala” poiché, attraverso tutti i canali mediatici, si parla ormai tanto di cucina, cucina e ancora cucina. Beh, questo non vuole essere un prosieguo dell’argomento, ma semplicemente il far sapere come si sente un ragazzo di 30 anni a dirigere quella che è l’orchestra del ristorante.
Partiamo dalla brigata, altra parola dal significato semplice: insieme di persone. Non è la capacità del singolo cuoco o del singolo cameriere a far sì che la cena o il pranzo siano perfetti ma, appunto, quella della brigata. Hostess, sommelier, chef de rang, commis de rang per la sala; chef de partie, commis de partie, chef pasticcere, commis pasticcere, plongeur (lavapiatti) per la cucina... Tutti sono pedine importanti per la riuscita dell’opera, e poi ci sono ovviamente chef e maître, ossia le facce, i responsabili, quelli che catalizzano i complimenti e le critiche. Dovrebbero sempre più spesso far capire quanto sia impossibile ottenere risultati senza il lavoro di squadra.
Ciò che mi rende felice durante il servizio, o mentre il commensale va via, sono gli elogi. Ovviamente quelli sul cibo arrivano ogni due per tre: “Tutto bene?”, chiedo io. E il cliente è spesso entusiasta: “Grazie, buonissimo, ottimo, faccia i miei complimenti allo chef!”. Ma io gioisco ancor più quando le belle parole sono indirizzate anche verso i ragazzi di sala: “Erano sorridenti, allegri, non hanno sbagliato nulla, mi sono sentito a casa, è stata una serata magnifica, bravi!”. Ecco, queste sono le cose che mi rendono orgoglioso, che mi fanno andare a casa sorridendo e contento di me stesso dopo magari 16 o 18 ore di lavoro. Tutto tempo dedicato giornalmente a quello che ho scelto di fare nella vita: far star bene le persone.
Tutti i miei ragazzi partecipano ai momenti dedicati al commensale, quando la figura del direttore assume quella dell’ormai dimenticato oste e, passando tra i tavoli, si raccolgono complimenti e critiche, domande o richieste. In questi frangenti di relativa calma invito tutta la brigata di sala, ovviamente a turno, a mettersi vicino e ascoltare, perché ciascuno si renda conto di cosa il cliente di oggi ha bisogno e di quanto debba essere ampia la conoscenza. E non parlo solo delle necessarie nozioni su cibo e vino, ma occorre avere un’idea chiara anche di cosa succede nel mondo in generale.
Tutti, almeno una volta, mi hanno sentito pronunciare parole come queste: “I ringraziamenti vanno a loro (ossia alla brigata), perché sono loro che hanno creato la vostra serata. Io sono quello che vi accoglie, vi consiglia e che poi passa al termine per sapere com’è andata, ma nel mezzo, ci sono state le due ore guidate da loro”.
Poi è arrivata la chiamata che attendevo, quella di quel posto che ti è rimasto nel cuore, dove finalmente la posizione che speravi ti appartenesse si era liberata. Proprio dal Trussardi alla Scala è arrivata la richiesta di tornare a essere pedina importante del progetto.
Non tradirei mai la mia maison, un posto che mi ha dato visibilità ma che allo stesso tempo ha creduto e crede in me. Oggi sono ancora qui, al terzo anno alla guida di un magnifico posto che ancora una volta mi propone una sfida: riprenderci la stella Michelin tolta, riprenderci ciò che ci appartiene e che una serie di variabili in un mondo un po’ strano ci ha portato via. Lo dico al plurale: “riprenderci”. Perché si vince o si perde assieme.
Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri
a cura di
Classe 1985, nato e cresciuto a Milano, ma con sangue abruzzese e salentino. E' dal settembre 2013 maître del ristorante Trussardi alla Scala. Si è diplomato all'Alberghiero "Amerigo Vespucci" di Milano