26-12-2023
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È nostra consuetudine, alla fine dell’anno, fare una sorta di nostro menù personale con i vini e i piatti per un indimenticabile cenone di Capodanno. Anche questa volta non ci siamo tirati indietro, scegliendo grandi vini, e anche qualche distillato, con abbinamenti azzeccati, certe volte quasi provocatori. «Il buon anno lo auguriamo prima di tutto ai lettori di Identità Golose, e in particolare a quelli di Identità di Vino: speriamo di avervi tenuto compagnia, e soprattutto di avervi incuriosito, con le nostre newsletter dice Raffaele Foglia - . Il buon anno lo auguriamo a tutto il mondo del vino, a partire da chi il vino lo fa, che deve confrontarsi tutti gli anni con una Natura che è diventata sempre più imprevedibile e che quest’anno, secondo le stime di Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini che parlano di una perdita di produzione in Italia tra il 20 e il 24%. Ma lo auguriamo anche a chi con il vino ci lavora: ristoranti, bar, enoteche, distributori, comunicatori, giornalisti e altri ancora. Nella speranza che ci sia sempre trasparenza e correttezza».
Ed ecco i consigli dei nostri esperti.
Y di Château d’Yquem con l’insalata russa Il leggendario Château d’Yquem di Sauternes produce dal 1959 anche un vino bianco secco che non veniva prodotto ogni anno ed era in passato vendemmiato dopo la raccolta del vino liquoroso. Dal 2004 con l’arrivo di Pierre Lurton, celebre vigneron bordolese e oggi Ceo e Presidente di Yquem, si produce ogni anno. I vendemmiatori selezionano i grappoli in base al loro livello di maturità, alla forma del grappolo e all’inizio dell’attacco della botrite. Le uve impiegate sono per il 70% di Sauvignon Blanc e il 30% di Sémillon, un blend delle classiche uve del Sauternes Premier Cru Supérieur con percentuali perfettamente invertite. Un vino affinato per circa un anno in barrique nuove per il 20% e per il restante quantitativo vengono usate barriques di uno o due anni dove precedentemente ha maturato Yquem. Denominato Bordeaux Blanc, esprime una carica aromatica ricca della freschezza del Sauvignon Blanc con note di foglia di limone, fiori d’ arancio e di lavanda ben integrata alla complessità di un Sémillon lievemente botritizzato che arricchisce il sorso con note di pesca bianca, albicocca, melone e frutta esotica. Siamo di fronte ad un calice strutturato con un residuo zuccherino molto leggero perfettamente accostato a un’insalata russa. (Cinzia Benzi)
Pur Sang di Didier Dagueneau e terrina di trota Meno di 12 ettari nella Valle della Loria: questo il patrimonio vinicolo che Didier Dagueneau ha lasciato – dopo la sua scomparsa prematura nel 2008 – ai figli Benjamin e Charlotte. Pioniere di un nuovo modo di fare vino nella sua regione, fra i primi a praticare un’agricoltura biodinamica rispettosa dei suoli e dell’ambiente, Dagueneau ha saputo creare vini unici da suoli argilloso-calcarei, imprimendo carattere senza per questo togliere spazio alla cifra distintiva autentica del terroir di Saint-Andelain, a pochi chilometri di distanza da Pouilly-sur-Loire, dove le sue vigne crescono. Il Pur Sang, Sauvignon Blanc da gustarsi preferibilmente dopo qualche anno di cantina – noi abbiamo assaggiato l’annata 2008 – è una delle etichette iconiche dell’azienda. Un vino che al naso porta direttamente al suo luogo di origine: la pietra focaia, le note delicate di scorza di agrume e la suadenza della frutta tropicale non troppo matura, ricordano la provenienza da una delle zone maggiormente vocate al mondo per i grandi vini bianchi. Un sorso elegante, che conquista, vibrante, emozionante a tratti. Quale migliore occasione, allora, se non aprirlo per le feste? Ci siamo divertiti a pensarlo in abbinamento a una terrina di trota e porri in agro, per equilibrare la punta acidula vegetale con la dolcezza del frutto e compensare la grassezza del pesce – protagonista del piatto, anche gustativamente – con il corpo e la vibrante acidità del Pur Sang. Provateli! (Amelia De Francesco)
Zorzettig Myo Picolit, terrina di foie gras e tartufo Il pranzo di Natale è un’occasione per portare a tavola delizie gastronomiche che non capita, ai più, di assaporare durante l’anno. È questo il fascino di convivi famigliari dove la ricerca della chicca o del prodotto particolare crea attesa e quindi piacere. Si comincia, un po’ ovunque, con una lunga, a volte lunghissima, serie di antipasti. Fra questi paté e terrine accompagnano i grandi salumi, insieme a giardiniere e sott’oli. È qui che il foie gras la fa da padrone con il suo gusto intenso, dolce e pieno. Per degustarlo lo si prepara in terrina e lo si serve spalmato su crostini di pane al sesamo. L’apoteosi sono delle sottili scaglie di tartufo bianco d’Alba grattugiate a completare. Il vino da scegliere in abbinamento non può che essere dolce. Il Myò Picolit della cantina friuliana Zorzettig è un concentrato di profumi e aromi. Considerato per anni vino da dessert è oggi stabilmente servito, più fresco, a inizio pranzo. I grappoli sono raccolti a metà ottobre e dopo un parziale appassimento, e poi pressati delicatamente. Il mosto riposa per la fermentazione in botti di rovere sino a primavera e affina, almeno 18 mesi, fra legno e bottiglia. I profumi di frutta secca, noce moscata, albicocca trionfano al naso. Il gusto è largo, avvolgente e conquista ogni palato. Insieme al foie gras è un trionfo. Auguri! (Maurizio Trezzi)
Terlaner Primo, tortelli di caprino e salsa di totani La cantina di Terlano nacque nel 1893, in un momento storico nel quale l’agricoltura era giunta ad un punto di svolta, durante il quale i proprietari terrieri erano grossi latifondisti che non valorizzavano il lavoro dei contadini. Fu così che furono 24 i viticoltori ad iniziare la nuova avventura, specializzandosi fin da subito nei vini bianchi. La caratteristica dei vini di Terlano è quella di avere una propensione naturale alla longevità, grazie ad una composizione dei terreni particolare ed unica, ricca di cristalli e minerali. Il Terlaner Primo vuole rappresentare la produzione migliore dell’azienda, dove fossero riunite le uve raccolte nei migliori crus a disposizione nei diversi terreni a disposizione. L’uvaggio è Pinot Bianco per la maggior parte, con aggiunta di Chardonnay ed un piccolo saldo di Sauvignon. L’esame visivo rivela un giallo paglierino con bei riflessi dorati. Al naso appare davvero invitante, con una sensazione avvolgente burrosa iniziale, poi un fruttato di pesca bianca, cenni di alloro e nota fresca di scorza di pompelmo. L’attacco in bocca è largo, con acidità che si mostra decisa, ampia, risulta di bella densità, energico, con godibile sapidità e bella persistenza, appetitosa e vibrante. L’abbinamento, in particolare con l’annata 2019, è con i tortelli ripieni di caprino ed erba cipollina con salsa di totani, burro e timo. (Leonardo Romanelli)
Sasso di Fata e vellutata di lenticchie con cotechino Nata nel 2007, Tenuta Licinia è una piccola realtà alle pendici dell'Appennino toscano, prossima al borgo di Lucignano (Arezzo); qui James Marshall-Lockyer, titolare e produttore, ha scelto di selezionare il terroir ideale tra oltre cento vigneti ispezionati in Valdichiana. L’obiettivo è stato quello di scovare e riqualificare antiche parcelle trascurate o dimenticate contraddistinte da sottosuoli particolari in grado di dare vita a vini in stile clos. È questo il caso del vigneto Sasso di Fata, particella di appena 3,5 ettari che si estende su di uno scisto color oro friabile, caratterizzato da un sottosuolo formato da una particolare declinazione di galestro che si distingue per il suo colore dorato derivante dal calcio nel terreno. Nasce da qui il Sasso di Fata 2019, composto da Cabernet Sauvignon (70%) Cabernet Franc (25%) e Petit Verdot (5%), un vino che si distingue per la sua grande piacevolezza ed eleganza. L’olfatto è caratterizzato da espressivi profumi floreali di rosa e peonia, a cui si uniscono tracce di grafite e note fruttate di mora selvatica e ribes nero. Poliedrico e profondo al palato, si combina perfettamente con la vellutata di lenticchie con cotechino croccante, un primo piatto delicato e saporito, che si mostra allo stesso tempo leggiadro e avvolgente. (Fosca Tortorelli)
Isesi di Pellegrino e risotto con agrumi e crostacei Una storia che supera i 140 anni quella delle Cantine Pellegrino, fondate nel 1880 dal notaio Paolo Pellegrino che, insieme al figlio Carlo, scelse di investire nel settore enologico puntando sulle terre siciliane di Marsala. Una lunga storia di famiglia fatta di rispetto, cura, amore e dedizione, che vede oggi la settima generazione coinvolta nella conduzione aziendale e circa 150 ettari vitati dislocati nel lembo più occidentale della Sicilia e sull'isola di Pantelleria. Isesi nasce sull'isola di Pantelleria da uve Zibibbo allevate ad alberello su un terreno di origine vulcanica a 300 metri di altitudine. La vendemmia è manuale e la vinificazione avviene in acciaio, dove affina per 12 mesi a contatto con le bucce. Un vino dalle note di scorza di limone, fiori di gelsomino ed erbe aromatiche. In bocca la freschezza è esaltata dalla spiccata sapidità, con ritorni agrumati e un finale tipicamente ammandorlato, che riportano nel calice i profumi e sapori dell’isola. Abbinamento perfetto con un cremoso risotto agli agrumi e scampi, un primo piatto perfetto per la tavola di Capodanno, che unisce il gusto deciso dei crostacei crudi ai profumi della scorza di limone, arancia e, per chi ama i sapori più decisi, del bergamotto. (Adele Granieri)
Barbaresco Starderi di Mura Mura e petto d’anatra In un connubio di sapori raffinati e complessi, l'abbinamento proposto è con un delizioso piatto piemontese: un secondo preparato con petto d'anatra marinato con lo stesso nettare e poi cotto in padella. Il Barbaresco DOCG Starderi 2020 di Mura Mura, è un vino di profondità, che piace e conquista grazie anche ad una trama olfattiva fine e variegata. Da uve Nebbiolo provenienti da poco più di mezzo ettaro, si caratterizza per la marna franco argillosa che gli conferisce struttura, ampiezza e un tannino compatto e setoso. Starderi è figlio del nuovo progetto di Guido Martinetti e Federico Grom che tornano tra i filari di Costigliole d'Asti dopo l’esperienza Grom Gelato: rosso rubino alla vista, profuma di marasca, violetta e cannella. Al palato sorprende per un'assenza totale di amarezza, piace ma non stanca e si rivela di grande eleganza e in sintonia con il terroir di provenienza. Un abbinamento, quello con il petto d’anatra, da gustare Mura Mura come si dice in Madagascar (piano, piano), un Barbaresco ideale per questa occasione speciale ma anche un invito a scoprire i suoi luoghi di produzione, tra le belle camere de Le Marne o sulle tavole del ristorante Radici. (Salvo Ognibene)
Opificio Gibellina di Orestiadi e Chateaubriand con salsa bernese La pittura rende visibile un’idea, anche durante il primo pranzo dell’anno. Abbinato ad un classico e succulento Chateaubriand con salsa bernese, Opificio Gibellina Sicilia Doc Riserva, edizione limitata di Tenute Orestiadi, gratifica il palato e stimola l’intelletto unendo viticoltura e arte. Il progetto nasce dall’incontro tra l’azienda della provincia di Trapani e l’Accademia di Belle Arti di Brera: cinque etichette disegnate da cinque artisti diversi – Stefano Pizzi, Gaetano Grillo, Nicola Salvatore, Pietro Coletta, Enzo Esposito – per un vino che vuole rappresentare l’essenza di Tenute Orestiadi e della città di Gibellina, che fin dalla sua rifondazione, ha fatto di arte e produzione agricola i pilastri della sua cultura. Le uve 65% Nero d’Avola e 35% Syrah vengono coltivate nella Valle del Belìce, in prossimità del Grande Cretto di Alberto Burri, selezionate con cura e raccolte a mano. Seguono una macerazione sulle bucce di 15-20 giorni, una maturazione di 18 mesi in tonneaux da 500 litri e un affinamento in bottiglia non inferiore a 6-8 mesi. Rubino denso, al naso è ampio e intenso: sentori di amarena e frutti di bosco si alternano a toni speziati di pepe nero, soffi di liquirizia, tabacco ed eucalipto. In bocca il sorso è appagante: acidità e alcolicità sono ben bilanciati e la trama tannica è fitta. Finale succoso, dai rintocchi sapidi e lungo di spezie e frutta matura. Forme, spazi, colori e sapori di Sicilia per brindare al nuovo anno, all’arte, alla bellezza. (Davide Visiello)
Brunello La Palazzetta e cappone ripieno Credo che il cappone ripieno (ma anche il brodo di cappone con il quale poi preparare i cappelletti) sia uno dei piatti che ha da sempre caratterizzato le feste di Natale nella mia famiglia. Ritengo inoltre che questi siano i giorni dell’anno dove abbiamo maggiormente bisogno di sentirci coccolati, a casa, come in un caldo abbraccio. Così, pensando a un vino che potesse abbinarsi a questo piatto, ho deciso di scegliere utilizzando soprattutto l’affetto che mi lega alla famiglia Fanti, conosciuta quando ero un ragazzo al quale piaceva andare in giro per l’Italia a visitare sia le bellezze della nostra nazione, sia le cantine. Il Brunello di Montalcino di La Palazzetta, quindi, stavolta lo descrivo giocando sui caratteri della famiglia Fanti: c’è sicuramente la struttura e la forza di papà Flavio, un agricoltore di sostanza e non di apparenza, la gentilezza e la dolcezza di mamma Carla, che riesce a levigare e ingentilire i tannini, l’energia e l’innovazione del figlio Luca, la nuova generazione in vigna e in cantina, e la precisione della figlia Tea. Il risultato non può essere che un vino equilibrato, piacevole fin da subito, ma che sa progredire e migliorare negli anni, come tutti i Brunelli che si rispettino. Come nella famiglia Fanti. (Raffaele Foglia)
Hogshead Caol Ila 13 anni e carciofi saltati Un whisky torbato e gentile, di quelli che sanno dialogare con chi ha personalità nel piatto. E rappresentano un giusto coronamento delle feste e di un anno. Un Hogshead di Caol Ila di 13 anni si accosta con questo spirito a un secondo servito a tavola per un vegetariano con protagonista il carciofo. Ortaggio dal carattere a sua volta forte, che deve essere cucinato con rispetto per queste sue peculiarità. Ovvero saltato in padella con burro, appena sfiorato dal pepe: quest'ultimo non deve dunque essere invasivo. Dal piatto al bicchiere, il dialogo deve essere nel segno di questi delicati contrasti, di un gioco in cui vince l'equilibrio. Per il nostro Single Malt Scotch whisky, che abbiamo degustato al recente Festival di Milano, la torba è in fitto dialogo con aromi floreali, per via dell'invecchiamento in una First Fill Oloroso Octave. Il fumo trasmesso “in dote” da Islay ne esce quindi addolcito. Ci sembra un avvicinamento al finale del pasto insolito, ma accattivante, per provare percorsi sensoriali senza paure. Nel segno di una Scozia che è una terra amante dei bei finali – non è forse nata qui la canzone cantata da tutto il mondo per Capodanno? – come delle esplorazioni dei nuovi inizi, anche per un baluardo di tradizioni quale il whisky. (Marilena Lualdi)
M di Chateau Croix Mouton e panettone di Gong Anche se il percorso gastronomico vi abbiamo proposto è stato lungo e appagante, durante le feste non bisogna “mollare” fino alla fine. Versate, quindi, ai vostri ospiti un calice di M di Chateau Croix-Mounton 2020, che stupisce per l’ottimo rapporto qualità prezzo. La cantina ha una lunga storia, che risale all’epoca degli antichi Romani, riportata in vita da Jean-Philippe Janoueix, che l’ha acquistata nel 1997. Il Merlot è re indiscusso di questo vino che si presenta dal colore rubino brillante, naso delicato con note di frutta nera associate ai frutti rossi. In bocca si rivela un vino generoso, carnoso, dalla trama fitta e vellutata, con una bella freschezza. E, visto che non c’è Natale senza un buon panettone, quest’anno osate con gusti eleganti e inconsueti. Il ristorante Gong Oriental Attitude di Milano ha creato un ottimo e soffice panettone artigianale con lievito madre. Al posto dei classici canditi, che non piacciono proprio a tutti, dei cubetti aromatici di zenzero candito, che lo rendono originale, piacevole e leggero. (Annalisa Cavaleri)
Porto Graham’s Taeny e il torrone di Morlacchi Ancora tutti attorno al tavolo, le chicchere sono alternate da un croccante boccone di torrone Morlacchi e un sorso vellutato di Porto Graham’s Tawny invecchiato 30 anni. Il sapore della frutta secca, ricercato su molte tavole nel periodo natalizio, viene esaltato in questo torrone dove la tostatura delle mandorle viene equilibrata dalla vaniglia Bourbon e dal miele. Il morso pieno e fragrante richiede in accompagnamento un vino pieno, fortificato, come il Porto Graham’s dalle note simili e complementari, speziato e seducente ad ogni sorso. Caldo anche allo sguardo, di un rosso ambrato intenso, regala l’avvolgenza del cioccolato amaro, delle ciliegie mature che contrastano l’amarognolo della mandorla, mentre il finale lungo e persistente, con la freschezza della scorza d’arancia, bilancia la dolcezza del boccone. Il lungo invecchiamento e il contatto con il legno conferiscono complessità aromatica fino a raggiungere sentori di miele, così come il boccone di Morlacchi. Spezie e frutta secca sono un rito nel periodo natalizio, che diviene regale quando ad unirsi sono questi due eccellenze; il calore delle feste natalizie tradotto in un assaggio. (Stefania Oggioni)
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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A cura della redazione di Identità Golose
Uno scatto dalla 13ª edizione del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti FIVI. Foto Michele Purin
Edoardo Ligabue, alias Gunter
Gennaro Schiano, titolare di Cantine del Mare a Monte di Procida (Napoli)
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo, dando voce a grandi blasoni, insomma delle vere e proprie istituzioni, ma anche a piccole aziende: tutto questo è In cantina.