11-06-2022
L’estate è alle porte e, da buongustai, non vogliamo rinunciare a bere un buon bicchiere di vino. Così abbiamo pensato di dare ai lettori di Identità Golose alcuni suggerimenti, molto personali, per assaggiare qualcosa di buono – e magari anche di diverso – in questi mesi più caldi. A proposito, non facciamoci ingannare: l’estate non è solo vini bianchi o rosati, ma può essere benissimo anche ottimi rossi, anche strutturati.
Bisogna però avere alcune accortezze. Per i rossi, per esempio, evitiamo quella barbarica abitudine della cosiddetta temperatura ambiente. Ora, se ci sono 30 gradi, come pensate che possa essere un vino? Cotto. Allora il vino rosso non solo può, ma deve essere messo in frigorifero (oppure, per i meglio attrezzati, nelle adeguate cantinette) e servito alla giusta temperatura, o magari anche un paio di gradi in meno, pensando che poi si possa leggermente scaldare nel bicchiere. All’opposto, evitiamo di “congelare” i bianchi e i rosati: a una temperatura troppo bassa, bere un bicchiere di vino, un succo di frutta, una bibita o una bottiglietta d’acqua diventa quasi uguale, si perde il sapore e la piacevolezza. Quindi, si può bere bene anche d’estate, con qualche attenzione. Raffaele Foglia
Il Nizza non delude mai, anche d’estate
Se la pandemia ha costretto i produttori nicesi a rinunciare alla manifestazione celebrativa del grande rosso piemontese per due anni, il secondo fine settimana di maggio ha celebrato 64 produttori e 300 etichette in degustazione e un programma di tour dei vigneti in bici e molte degustazioni a cura dell’Associazione Produttori del Nizza che attraverso i calici ha tracciato sei delle macro aree della zono produttiva del Nizza docg. Un’associazione che compie vent’anni e vede autorevoli vigneron continuare a credere in questo territorio che svela un Barbera identitario tale da meritarne una denominazione, una crescita che ha testimoniano il valore di fare sistema.
Vitigno 100% Barbera prodotto in 18 comuni delle provincia di Asti, declinato in Nizza con un invecchiamento minimo di 18 mesi di cui 6 in legno e Nizza Riserva che richiede un invecchiamento minimo di 30 mesi di cui 12 in legno. Vini intensi, eleganti con note di amarena per i vini più giovani e una palette di sensazioni di cacao e note di caffè per le riserve.
Assaggi indimenticabili e bottiglie must have per l’estate: Cascina Garitina con Nizza Docg Riserva Gianola, Tenuta Il Falchetto con Bricco Roche Riserva, Pico Maccario con Tre Roveri, Michele Chiarlo con La Court Nizza Docg Riserva, La Patareina con l’edizione limitata di Nizza docg 2016, Isolabella della Croce con il Nizza Augusta e Cascina Nuova con il primo Nizza Docg Bio. Cinzia Benzi
Finado di Andriano, Pinot Bianco delle Dolomiti
Prodotto con uve coltivate a un'altitudine di 400 metri, su terreni argillosi di roccia calcarea e stratificazioni di pietra dolomitica bianca, il Pinot Bianco Finado di Cantine Andriano è un vino perfetto per i pranzi estivi, sotto pergole vista mare, grazie alla sua freschezza, ai profumi intensi e alla sua pronta beva. L’annata 2021 è stata caratterizzata da un inverno molto nevoso, da una primavera secca e fredda che ha indotto una germogliatura tardiva utile però a proteggere i vigneti dalle gelate. Dopo la fioritura ai primi di giugno, l’estate, con molti temporali, non è stata torrida e questo ha favorito le note fruttate e l’acidità. Finado è ben strutturato, ha profumi di mela e pera, buona persistenza ed eleganza. È pronto da bere sin da subito, anche se regge bene anche 5 anni in cantina, e questa estate lo potete mettere a tavola insieme a piatti di pesce, fresche insalate, paste fredde e risotti ai frutti di mare. Un vino, dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, a tutto tondo per i mesi più caldi. Maurizio Trezzi
Malvasia di Villanova, profumo di mare
Immaginatevi in barca, in mezzo ad un mare calmo e lucente, con una leggera brezza e un ottimo crudo di pesce pronto per essere degustato. E a concludere questa immagine rilassante e di spensieratezza una bottiglia di Malvasia di Tenuta Villanova, servita fredda (ma non ghiacciata). Un ottimo bianco della DOC Friuli Isonzo con 12 gradi e mezzo di alcool, ma con una buona acidità, una struttura ricca e molto sapido. Il colore è giallo scarico, con dei riflessi verdognoli, e anticipa la percezione al naso che fa riaffiorare profumi di sambuco, gelsomino, rosa bianca, mela, con qualche nota erbacea. Naso e bocca coincidono e l’acidità e la sapidità, nel loro bilanciamento, lo rendono un vino di facile beva e donano freschezza.
Tenuta Villanova, della famiglia Grossi, si trova a Farra d’Isonzo, in provincia di Gorizia e gode di una posizione strategica per i suoi vigneti, rappresentati in etichetta, che si distribuiscono dalle alte rive dell’Isonzo fino ai rilievi del Collio, abbracciando tutta la Tenuta. Per chi avesse voglia di estate e di mare, basterà, quindi, assaggiare la Malvasia di Tenuta Villanova per poterne sentire il profumo. Stefania Oggioni
Baraldo, L’affacciatoio esalta lo Chardonnay
Un vigneto a 600 metri d'altezza a San Casciano dei Bagni nato dalla passione di un giovane viticultore toscano che ha trasformato l'azienda di famiglia e che oggi conta 3,5 ettari vitati nell’estremo sud della provincia di Siena. Quella di Giacomo Baraldo è una sfida e un sogno: il suo Chardonnay toscano "L'affacciatoio", annata 2019, è prodotto in sole 1337 bottiglie e 50 magnum. Le uve raccolte in un'unica vendemmia (il 30 agosto) sono state vinificate e poi lasciate a fermentare in barrique. Poi la fermentazione malolattica e due anni di affinamento tra legno, acciaio e bottiglia: naso caratteristico dello Chardonnay, di buona complessità e di note agrumate e gessose che ricordano i più interessanti della Borgogna a cui si ispira. Il sorso è pieno, fresco, espressione di un'idea preziosa come il territorio da cui proviene e la passione di chi lo cura. Una chicca per chi ha la fortuna di gustarlo, eleganza e forza ma anche facilità di beva che lo rende ideale da bere nel periodo estivo. In questa maniera, tanto maniacale quanto esclusiva, l'impegno di Giacomo Baraldo è quello di esaltare in ogni annata il legame tra vitigno e terroir, e ci riesce bene. Salvo Ognibene
Torre a Cona, eleganza sui Colli Fiorentini
Uscire da Firenze, percorrere pochi chilometri, e rilassarsi tra le colline toscane. Il suggerimento estivo, per chi può, è doppio: un buon bicchiere di vino e un paesaggio rilassante. Torre a Cona, in questo senso, racchiude questi due aspetti: affacciata su un parapetto naturale a 400 metri sul livello del mare, da qui si gode la vista sulla campagna fiorentina con i filari di viti, gli uliveti e i cipressi pennellati. E il vino? Chianti Colli Fiorentini, per rispecchiare un territorio forse meno celebre di altre zone, ma ugualmente affascinante e qualitativamente interessante da un punto di vista enologico. Torre a Cona conta di circa 18 ettari, più della metà a Sangiovese, e poi Merlot, Colorino, Trebbiano e Malvasia. Il terreno predominante è l’alberese, tipico dell’area chiantigiana, ma il fatto di essere a circa 400 metri di altitudine porta ad avere un microclima fresco e ventilato. Ne hanno ovviamente giovamento i vini, come il Terre di Cino, Chianti Colli Fiorentini Riserva: viene realizzato con le uve provenienti dal vigneto Mulino a Vento, un nome che evoca le notevoli escursioni termiche che caratterizzano il terroir. Circa tremila bottiglie all’anno: il 2018 ci ha sorpreso per freschezza, per note floreali iniziali che poi si accostano a speziature leggere e erbe aromatiche, e un frutto avvolgente. Al sorso ha un’ottima struttura e un buon equilibrio.
Poggio alla Meta, il Maturano intrigante
Siamo nel basso Lazio, ai confini con il Parco Nazionale d'Abruzzo e Molise, a Casalvieri, sulle pendici dei monti della Meta; a pochi passi da questo piccolo borgo dal patrimonio architettonico inaspettato e misconosciuto, si trova la realtà vitivinicola Poggio Alla Meta. Sette gli ettari di proprietà, a cui si aggiungono due in affitto, ripartiti fra la Valle di Comino e la Media Valle del Liri, una realtà poco nota e spesso trascurata, in cui Mariano Nicótina, enologo e professore presso l’Università di Agraria di Napoli, ha creduto e con lungimiranza ha intravisto un luogo ricco di potenzialità. Un’azienda che ha sempre lavorato orientandosi all’ecocompatibilità e al rispetto del territorio e dell’ambiente, guidata da Mariano Nicòtina e dai suoi figli, ha creduto nei vitigni locali quasi scomparsi, come il Maturano bianco, antico vitigno della media Valle del Liri e della Val di Comino di cui non si conoscevano le potenzialità. Il Maturano Bianco del Frusinate IGT 2021 di Poggio alla Meta colpisce proprio per le sue caratteristiche organolettiche, ha un profumo intrigante che gioca sulle note agrumate di pomelo e fruttate di mango, a cui si uniscono le note floreali di ginestra ed erbe officinali. Il sorso è agile, sapido e solare, godibile e disimpegnato, perfetto per le fresche serate estive in buona compagnia. Fosca Tortorelli
Susumaniello Rosé, l’anima pugliese di Varvaglione
Tutto ha avuto inizio con l’azienda individuale “Angelo Varvaglione”. Non c’era un vero e proprio logo bensì un’insegna che riportava direttamente al nome del dominus, con l’indicazione di Pulsano, il luogo di fondazione di quella che sarebbe diventata una delle realtà vitivinicole più importanti della zona. Varvaglione1921 ha da poco raggiunto il traguardo dei 100 anni, confermandosi tra le poche realtà pugliesi che da sempre producono vino mantenendo ancora una proprietà che fa capo alla stessa famiglia con 1500 ettari vitati e una cantina all'avanguardia, sistematicamente monitorata dalle Università di Udine e Bologna. Oggi la quinta generazione, rappresentata da Marzia, Angelo e Francesca Varvaglione, è impegnata nella gestione dell'azienda, sempre sotto la supervisione di papà Cosimo e mamma Maria Teresa. Nella produzione aziendale, oltre ai grandi Primitivo di Manduria, grande spazio è dedicato al rosato, declinato in tre interessanti interpretazioni. L'ultimo nato dell'azienda è il Susumaniello Rosé, un rosato che è un inno all'estate e all’anima pugliese, già dal suo colore cipria appena accennato e dall’etichetta, che riporta i simboli della tradizione del tacco d’Italia. Un vino dai profumi di lampone, cedro e fiori freschi e un sorso fresco, succoso e dissetante. Adele Granieri
Voglia di Calabria con il Cirò di Fezzigna
Per vivere l’estate che tutti pregustiamo nel segno di una ben maggiore libertà rispetto agli ultimi anni, scegliamo un vino che sa essere piacevole e di carattere insieme, che unisce una sua leggerezza alla capacità di essere risoluto. Proprio come la sua terra. È Cirò Doc Rosso 2019, 100% uve Gaglioppo, biologico, dell’azienda Fezzigna. Una realtà, scandita da tre generazioni. È il 1957 quando Francesco Fezzigna fonda l’azienda nell’area di Caraconessa, a 100 metri di altitudine, tra Umbriatico e Cirò. Un terreno propizio per i suoi sali minerali e che può contare anche sull’effetto prezioso dello sbalzo termico tra notte e giorno che raggiunge anche i 20 gradi. Si punta tutto sulla raccolta manuale delle uve, nelle prime ore della giornata, diraspate e lasciate a macerare fino a dieci giorni. Quindi l’affinamento avviene in acciaio per 12 mesi, seguito dal passaggio in bottiglia per un mese almeno. L’annata proposta ha impresso ulteriore carica di personalità a un vino di 13,5 gradi, caloroso ambasciatore della Calabria. Capace di invitare al piacere dell’attesa e persino della pazienza in un momento dell’anno in cui si può prendere una pausa per se stessi. Questo per la simbiosi di ruvidità ed eleganza all’olfatto, ma ancora di più al palato. Marilena Lualdi
Una gita in barca con Ante dei Custodi
Lo stile non deve mai mancare, anche nella stagione della leggerezza. Ante dell’azienda I Custodi delle Vigne dell’Etna è un vino di spiccata personalità prodotto dal patron Mario Paoluzi e dall’enologo Salvo Foti nella cantina di Contrada Moganazzi a Castiglione di Sicilia (Ct). Accuratamente scelte nel vigneto di Mascali, versante Est dell’Etna, a 750 metri sul livello del mare, le uve Carricante (90%), Grecanico e Minnella vengono raccolte a mano e riposte in cassette basse la seconda metà di settembre; seguono la spremitura soffice del grappolo intero e la successiva fermentazione in acciaio a 20°C. Il vino affina per circa un anno nelle stesse vasche in acciaio e, infine, almeno 6 mesi in bottiglia. Dagli invitanti riflessi verdolini, al naso si apre deciso con sensazioni di agrumi, fiori bianchi, erbe mediterranee e bei toni di pietra focaia; interessanti le sfumature di pesca e mandorla. L’assaggio è complesso e verticale, tra vivace freschezza e sapidità vulcanica; lungo il finale agrumato e di mandorla amara. È un vino di grande finezza e classe: l’acidità e la salinità sono bilanciate in maniera studiata e armonica con l’alcolicità e la parte glicerica; è proprio questo equilibrio che gli conferisce leggerezza, fa in modo che la struttura importante non lo appesantisca, e che, anzi, lasci al palato salivazione e piacere. Sicuramente tra le etichette più indicate da abbinare a un’elegante cena a base di astice. In barca, sotto le stelle d’estate. Davide Visiello
Nesos, l’esperimento riuscito di Arrighi
Da alcuni anni Antonio Arrighi, vignaiolo sull’Isola d’Elba, propone un esperimento enoico unico, producendo il suo Nesos. Nel 2018 assiste a un convegno in cui viene rammentato - a opera del professor Attilio Scienza - un antico metodo di produzione di un vino assai longevo nell’isola di Chio e fatto con uve simili all’Ansonica, vino la cui conservabilità dipendeva da una immersione delle uve in mare. Arrighi pensa che sulla sua isola si coltiva proprio Ansonica e che il mare non manca e in azienda l’uso delle anfore era già sperimentato da tempo. Perché non provarci? L’uva viene inserita in nasse di vimini e calata in mare, per il primo anno a 7 metri di profondità, ma negli anni successivi riesce ad arrivare a 10 metri. Il tempo massimo di durata del grappolo con acino intero è di 5 giorni, limite oltre il quale si rischia la rottura della buccia e di superare il limite massimo consentito dalla legge italiana per il sale nel vino. Una volta riportate sulla terra, le uve appassiscono al sole per riprendere il grado zuccherino, poi fermentano in anfora restando a contatto con le bucce per 6 mesi. Nesos all’assaggio non si lascia incasellare e porta dalla terra al mare e viceversa, con le sue note importanti di alghe marine e una sapidità prevalente - il richiamo è all’ostrica - ma non ingombrante, equilibrata dal miele e dal naso floreale, con fiori di camomilla ed erbe mediterranee che si alternano. Una succosità golosa che, se fortunati, non dovete perdere. Amelia De Francesco
Passaggio a Santorini, tra le onde del Mar Egeo
Siamo nel Mar Egeo, in quella che è l’isola più meridionale dell’arcipelago delle Cicladi: Santorini. Qui, a partire dal 2004, Artemis Karamolegos ha deciso di rivitalizzare la tradizione vitivinicola di famiglia costruendo una nuova cantina e investendo nei vigneti di proprietà, alcuni con età che supera i cento anni. Il suo scopo, quello di realizzare - con approccio dinamico, contemporaneo e sostenibile - etichette in grado di esprimere al meglio il territorio - dove la coltivazione sistematica della vite viene fatta risalire al XII secolo a.C. - e la locale denominazione di origine. Un’interessante testimonianza è certamente il Santorini, qui dalla vendemmia 2019, realizzato con gli autoctoni a piede franco e bacca bianca Assyrtiko (90%), Athiri e Aidani (10%). La vinificazione è classica, con una parte di macerazione a freddo a seconda dell’annata. La fermentazione, in acciaio a temperatura controllata, avviene separatamente per ciascuna varietà e per ciascun villaggio di provenienza delle uve. L’assemblaggio matura poi sui lieviti per almeno cinque mesi. Giallo paglierino, si esprime con un intenso bouquet predominato da note agrumate, di macchia mediterranea e salmastre. Altrettanto profondo all’assaggio, chiude fine e persistente. Luca Torretta
Vina Gravonia, la Spagna che non ti aspetti
Lopez de Heredia è una delle aziende più storiche del Rioja. Nata nel 1877, è molto nota per la grandissima capacità di gestione dei legni e per vini con un rapporto qualità prezzo realmente invidiabile. Oltre al più famoso Vina Tondonia, massima espressione del concetto di Gran Reserva, l’azienda produce anche il meno conosciuto Vina Gravonia, bianco a base di Viura, che ha una storia molto particolare. Il Viura è più noto come Macabeo in Spagna ed è un’uva dalla quale si ricava il Cava. Sebbene abbia un’importante acidità e una interessantissima evoluzione aromatica in fase di invecchiamento, poiché tutto il mondo si può dire è paese, è stato coltivato per lunghi anni a grandi rese per assicurare grandi quantità di Cava a basso prezzo. Una scelta che, come già si è visto in altre parti d’Italia, porta a una svalutazione e a una sorta di oblio per queste varietà. In realtà Vina Gravonia esprime tutto il contrario di un’uva neutra o banale. Annata attualmente in commercio, 2014. Esaltazione massima dello stile ossidativo, con note di mela leggermente ossidata, latte di mandorla, nocciola, il boisè ancora predominante, legno americano che accompagna per mano le note di pasticceria. In bocca secco, anzi secco secco, con un’acidità sferzante che non ti aspetti al naso e il ritorno di nuovo della frutta secca che lascia la bocca veramente pulita. Chiara Mattiello
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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A cura della redazione di Identità Golose
Gennaro Schiano, titolare di Cantine del Mare a Monte di Procida (Napoli)
Il nostro viaggio enoico, calice dopo calice, camminando nella cantina di Località San Cassiano
Da sinistra: Alberto, Teresio e Alessandro Schiavi