11-01-2022

Viaggio nella Pantelleria enoica

Solo visitando l'isola oltre l’estate, concedendosi tempi lenti, se ne può cogliere l’essenza. Andiamo alla scoperta delle etichette di questo micro-cosmo al centro del Mediterraneo

La splendida Piana Monastero

La splendida Piana Monastero

Viene forse difficile pensare che sia un’isola di agricoltori, essendo istintiva l’associazione mare-pesca-navigazione. Eppure è così, i panteschi sono un popolo di contadini e vignaioli, adattatisi nei secoli ad una natura estrema, spesso avversa, dove la furia vulcanica riplasma in breve tempo gli spazi e ogni forma. Il mare è stato sempre percepito come un pericolo, come una porta spalancata dalla quale arriva il terrore, la violenza di invasori e pirati.

Il vignaiolo Fabrizio Basile

Il vignaiolo Fabrizio Basile

Attraversandola in questo periodo dell’anno, nei primi giorni di dicembre, c’è calma piena, la luce è particolarmente affascinante e accende i colori intensi di una vegetazione lussureggiante, nonostante sia questa un’isola siccitosa e battuta fortemente dai venti. Si nota una natura spontanea ancora dominante e in piena armonia con le aree agricole dedicate alla vigna, all’olivo, alla coltivazione dei capperi e all’orto. A fare da sfondo alle forme vitali della vegetazione è il colore nero lucente delle colate laviche, delle rocce vulcaniche e dei ben dodicimila chilometri di muretto a secco. L’isola è la punta di un grande vulcano sommerso, su di essa la pietra è l’elemento primario e l’uomo da sempre si è impegnato, con strategie ingegnose, a liberare la terra dai massi scuri per recuperare superfici coltivabili. Un’impresa titanica che ha costituito per secoli, anzi per millenni, l’attività primaria della sua gente in cerca di un equilibrio che garantisse sostentamento, troppo spesso sopravvivenza. Eppure quella terra è fertile e generosa una volta messa in condizione di produrre, di rigenerare la vita. Nella consapevolezza dell’asperità dei luoghi, si rimane incantati ammirando la gentilezza delle aree coltivate. La vite ad alberello è un simbolo di Pantelleria, la cui pratica è stata riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dall’Unesco. Proprio in questi giorni i vignaioli sono duramente piegati, proni verso terra per effettuare la prima potatura delle viti costrette a rimanere molto basse per difenderle dal vento inclemente, dalla siccità e dalla salsedine che giunge imbrigliata tra i refoli.

Carrellata di etichette locali in degustazione

Carrellata di etichette locali in degustazione

L’uva allevata seguendo questa forma arcaica, eppure ancora validissima, è lo zibibbo, il moscato d’Alessandria che conosciamo per la rinomata produzione del passito di Pantelleria. Una tradizione che mette insieme quel che resta di una lunga dominazione cartaginese, di una cultura magrebina che usa essiccare i frutti, con una sapienza italica che invece ben conosce la vinificazione. Un nettare della terra del quale i panteschi sono esperti artigiani, spesso artisti capaci di inglobare negli acini, e in ogni goccia divina, il respiro del sole, la generosità dei suoli, di celebrare il ciclo della vita sfidando gli equilibri più estremi. Nelle valli di Monastero, di Ghirlanda, di Mueggen, le viti ad alberello disegnano un paesaggio suggestivo, di estrema bellezza, sul quale domina Gibele, il vulcano spento ricoperto da foreste di leccio, pino marittimo, corbezzolo, di muschi e licheni che portano macchie insolite di colore sulle rocce nere. Negli inverni piovosi la sommità concava dà forma ad un laghetto dove amano ritrovarsi i fenicotteri. Il Parco Nazionale di Pantelleria offre percorsi di trekking unici perché unica è la natura di quest’isola vulcanica al centro del Mediterraneo. Si notano qua e là le favare, così vengono chiamate le fumarole, e chi conosce bene questi luoghi sa dove godere di una sauna naturale - e libera - tra le rocce.

Lo Specchio di Venere

Lo Specchio di Venere

Siamo in visita all’isola e ai vigneti con il Consorzio di Tutela Vini di Pantelleria che vuole raccontare le bellezze dell’isola, e i suoi molteplici punti di interesse, attraverso itinerari e attività godibili in questa stagione. Proprio in una delle zone più belle e maggiormente vocate per la viticoltura, incontriamo Salvatore Murana, genius loci, un mito per gli enoappassionati. Siamo a Mueggen, nel suo antico dammuso risalente al XVIII secolo, la tipica casa pantesca, con tetto a cupola per la raccolta dell’acqua piovana, un bene prezioso, spartana nella concezione di un popolo per il quale l’attenzione, e ogni risorsa, vanno dedicati rigorosamente alla terra. Durante la cena di benvenuto, Salvatore ha voluto raccontare la tradizione agricola pantesca con una sequenza di piatti preparati con i prodotti del proprio orto, ai quali sono stati abbinati i vini dei produttori presenti. Ne è emersa una realtà varia e molto interessante di vini bianchi da uva zibibbo, che va dalle bollicine metodo classico, ai vini fermi ben interpretati nell’etichetta Sora Luna di Cantina Basile e Isesi di Pellegrino, ai passiti iconici Ben Rye di Donnafugata, Shamira di Fabrizio Basile, fino allo stratosferico Creato Passito di Pantelleria 1983 di Salvatore Murana.

La cena nel dammuso di Salvatore Murana 

La cena nel dammuso di Salvatore Murana 

Molto suggestiva si è rivelata il giorno seguente la visita al Museo del cappero, il fiore simbolo di Pantelleria. Pregiato nella sua forma più minuta, quanto più è piccolo tanto più è buono, figlio a sua volta di una saggezza scaturita dall’esigenza di sopravvivere utilizzando al meglio, fine a raggiungere l’eccellenza, le pochissime risorse che la natura mette a disposizione.  E si ritorna alla pietra e all’ingegno degli uomini nella costruzione dei giardini panteschi: ce ne sono tantissimi e entrarvi ha qualcosa di magico, di sovranaturale. Sono le grandi torri di pietra lavica erette per coltivare gli agrumi, secondo un rapporto altezza circonferenza ben preciso perché si riesca nell’intento di proteggere l’albero e i suoi frutti dalle spire violente, dal sole implacabile, e per preservare l’umidità del terreno. Luoghi quasi fiabeschi, di retaggio arabo, che racchiudono da secoli un’aurea mistica, come fossero antichi templi di pace e meditazione.

Ben Ryé il Passito di Pantelleria Doc di Donnafugata

Ben Ryé il Passito di Pantelleria Doc di Donnafugata

Nella sua originalità e profondità l’isola merita di più, merita di essere visitata in tutti i mesi e le stagioni, soffermandosi a lungo con i panteschi che sono patrimonio unico a loro volta, forgiati dalla durezza della natura e dagli episodi cruenti della storia, sanno attendere i tempi giusti perché ogni cosa si risolava e, forse, quell’andamento slow, inconcepibile altrove, è anch’esso una risorsa che ha mantenuto ogni cosa così autentica e straordinariamente bella.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Marina Alaimo

nata a Napoli, è giornalista, sommelier e degustatrice Onaf, oltre che di vini ovviamente. Wine & food writer

Consulta tutti gli articoli dell'autore