25-12-2020
I progetti dei vini dell'Alto Adige passano dalla sostenibilità
Altitudine e sostenibilità. Sono soprattutto questi due aspetti sul quale il Consorzio vini dell’Alto Adige punta per il futuro. La conferma è arrivata durante un incontro online al quale ha partecipato anche il direttore del Consorzio, Eduard Bernhart, che ha sottolineato come quella dell’Alto Adige sia una viticoltura di montagna, caratterizzata da vigneti che arrivano e in certi casi superano i mille metri di altitudine. Un fattore, questo, che li rende sicuramente unici.
E un fattore che è stato anche tra i protagonisti della degustazione, condotta dal sommelier Eros Teboni, di sei vini altoatesini: «Questa selezioni vuole far capire il potenziale dell’Alto Adige».
Vigneti in montagna, una delle caratteristiche dell'Alto Adige
Come si diceva, le altitudini: «Essendo una viticoltura di montagna – ha spiegato Teboni – ci troviamo di fronte a forti escursioni termiche, che vanno dai 10, ai 15 o ai 18 gradi. E questo è sicuramente un fattore importante sia per l’aromaticità, sia per l’acidità, con quest’ultimo aspetto che conferisce ai vini anche maggiore longevità».
Un grafico che rappresenta la suddivisione dei vitigni sul territorio altoatesino
Tra il 2000 e il 2010 c’è stato il “sorpasso”, fino ad arrivare ai dati odierni, con il 62% di bianchi.
Per ogni pilastro, un obiettivo specifico. Per il suolo, difesa sostenibile dell’integrità del suolo e delle risorse idriche. Per i vigneti, protezione degli impianti e salvaguardia della biodiversità. Per il vino, impronta del carbonio e tutela del clima. Per le persone, sensibilizzazione e comunicazioni. Per il territorio, infine, filiere locali ed economia circolare.
Più strutturato, ma anche molto fresco, l’Extra Brut Riserva 2013 di Arunda. Un vino che sente dell’apporto del Pinot Nero (40%) che gli conferisce struttura e un bouquet molto complesso, mentre in bocca stupisce per la sua verticalità e lunghezza. «Siamo un’azienda nata nel 1979 con l’idea di fare spumanti – spiega Josef Reiterer – Abbiamo iniziato nel mio paese a 1.200 metri a fare le prime prove di rifermentazione. Il coraggio di quell’epoca ci ha dato ragione». Reiterer è anche presidente dell’Associazione produttori spumanti dell’Alto Adige, che oggi conta di 10 aziende che realizzano metodo classico.
Josef Reiterer di Arunda in cantina
Passando ai vini fermi, invece, l’assaggio del Praesulis 2019 di Gump Hof è sorprendente: un Pinot Bianco che nasce in altitudine e che, grazie a questo fattore, guadagna in freschezza e in sapidità, ma anche dal punto di vista olfattivo riesce a esprimere un’aromaticità inaspettata. E con grandi possibilità di affinamento.
Daniel Pfitscher in mezzo alle vigne dell'azienda
Infine un vino rosso: il Pinot Nero Riserva Matan di Pfitscher. «La nostra azienda si trova a Montagna – spiega Daniel Pfitscher – e lavora 20 ettari di vigneto con un focus proprio sul Pinot Nero, in particolare con i terreni di Gleno che, insieme a quelli di Mazon, sono considerati quelli maggiormente vocati. Ora abbiamo sviluppato un nuovo progetto, legato al Metodo Classico, sempre da Pinot Nero. La Riserva Matan viene prodotta dal 1995: il vigneto è 550 metri di altitudine, e la 2018 è in sostanza un’anteprima».
È un vino piacevole da subito, con un grande frutto, ma anche sentori di tè nero e ginepro. In bocca è molto piacevole, anche se siamo consapevoli che abbia ancora bisogno di affinamento. Senza contare che si tratta di un vino che può dare soddisfazioni nel tempo.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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