17-05-2019

La Sardegna del vino vuole emergere: c'è un tesoro da scoprire

Qualità in crescita e voglia di farsi conoscere anche fuori dall'isola, tra realtà giovani, investimenti e progetti

Un'immagine della Gallura: qui alcuni vigneti

Un'immagine della Gallura: qui alcuni vigneti della cantina Siddùra

C’è una Sardegna del vino che vuole emergere. E che vuole uscire dai propri confini. Come insegnano le avventure dei pirati, quelle che si raccontano ai bambini, se un tesoro rimane nascosto, sotterratto in qualche isolotto sperduto, non può essere apprezzato.

Questo discorso vale anche per la Sardegna del vino: un patrimonio inestimabile, una qualità in netta e costante crescita, un tesoro nascosto in un’intera isola ricca di storia, tradizione e biodiversità. La Sardegna è stata una delle regioni che all’ultimo Vinitaly ha cercato di uscire allo scoperto, anche con le iniziative di singole aziende che hanno cercato di valorizzare il proprio prodotto.

Michele Mastìo e Paola Hofmann

Michele Mastìo e Paola Hofmann

Aziende giovani, come la Mastìo Hofmann, di Michele Mastìo e Paola Hofmann, che si trova a Galtelli, in provincia di Nuoro, a poca distanza dal mare. «Abbiamo iniziato 5 anni fa, abbiamo circa dieci ettari – spiega Michele Mastìo – e come vitigni abbiamo Cannonau, Vermentino, Montepulciano, Sangiovese, Nebbiolo. Alcune vigne hanno 60 anni, altre sono da nuovi impianti. Produciamo circa 30mila bottiglie, 5 etichette. La Sardegna non è solo mare, ma è anche molto altro. E noi vogliamo dimostrarlo con i nostri vini».

Molto interessanti i rossi: Banduleri 2018 è un Cannonau lineare, piacevole e immediato, mentre Pontes 2017 è un Cannonau più strutturato, con un passaggio abbastanza breve in barriques: naso inizialmente un po’ chiuso, ma molto elegante, che si apre alla distanza. In bocca dimostra che può fare tantissima strada, con ottimi potenziali evolutivi. Poi c’è Frantzisca, che è 50 Cannonau e 50 Montepulciano, annata 2016: un anno in acciaio, poi un passaggio in tonneau, per un vino complesso e intrigante.

Antonella Corda nelle sue vigne di Serdiana

Antonella Corda nelle sue vigne di Serdiana

La Sardegna, quindi, cerca di uscire dal pregiudizio di vini “rustici”, un po’ duri e non particolarmente eleganti. Un'altra dimostrazione arriva dall’azienda Antonella Corda di Serdiana, altra realtà piuttosto giovane, ma che fin da subito ha sviluppato un progetto per arrivare a un’altissima qualità, soprattutto con il Vermentino, grazie anche alla collaborazione con l’enologo Luca D’Attoma.

«Il Vermentino ci sta dando risultati sorprendenti – spiega Antonella Corda che è nipote di Antonio Argiolas - La nostra è un’azienda giovane, imbottigliamo vino dal 2016. Il Vermentino rappresenta 9 ettari dei 15 vitati, su una proprietà di complessivi 40 ettari a Serdiana. Gli altri vitigni sono il Nuragus e il Cannonau».

L'enologo Luca D'Attoma, Antonella Corda e il direttore commerciale Andrea Carpi

L'enologo Luca D'Attoma, Antonella Corda e il direttore commerciale Andrea Carpi

E Luca D’Attoma racconta: «Qui in Sardegna ho cercato di familiarizzare con il Vermentino. Un Vermentino che è comunque diverso da quello toscano: per questo dovevo capire le differenze, a partire dai terreni, che qui sono caratterizzati da suoli biancastri. Credo che queste siano terre vocate per i bianchi di alto profilo».

Nel 2017 nasce il progetto Ziru, un vino sperimentale che vuole essere un’estremizzazione: viene fatto macerare per 20 giorni e poi la fermentazione conclude in anfora, dove rimane per altri 12 mesi ad affinare. Ziru 2017 è un IGT Isola dei Nuraghi, ne sono state prodotte solo 830 bottiglie. Un’estremizzazione nata per valorizzare il Vermentino, e il primo esperimento è sicuramente molto ben riuscito.

Francesco e Andrea Sannitu

Francesco e Andrea Sannitu

Quando si pensa al Vermentino, è impossibile non parlare di Gallura. Abbiamo già avuto modo di constatare come l’azienda Atlantis sia una delle cantine emergenti più interessanti della Sardegna. Ne abbiamo parlato proprio nei giorni del Vinitaly, segnalando il Vermentino di Gallura superiore Crizia 2017 tra i nostri migliori assaggi durante la rassegna (qui l’articolo completo).

Nell’area di Barchidda, famosa anche per una nota rassegna jazz, Francesco Sannitu, insieme al fratello Andrea, propone dei vini freschi, immediati, profumati, ricchi ma mai pesanti: insomma, si assapora un po’ di jazz anche nel bicchiere. In attesa, soprattutto, di assaggiare l’annata 2018 di Vermentino. Ma c’è anche il Demiurgo, un Cannonau che, prodotto in questa zona, trova freschezze inaspettate e grande eleganza.

Massimo Ruggero, amministratore delegato di Siddùra

Massimo Ruggero, amministratore delegato di Siddùra

C’è chi sta investendo molto sulla Sardegna: Massimo Ruggero ne è una dimostrazione. Infatti, arriva da un altro settore, quello delle imprese edili, ma ha saputo costruire un progetto di valorizzazione di Siddùra, questa azienda vitivinicola che, negli ultimi anni, sta ottenendo sempre maggiore successo. «Dovevamo creare un brand, e poi dovevamo investire sulla comunicazione – spiega Massimo Ruggero – Ma per fare questo dovevamo avere dei vini di qualità, e così abbiamo cercato di creare un grande staff: per fare un esempio l’enologo Dino Dini è allievo del grande e indimenticato Giacomo Tachis».

«Da parte nostra abbiamo un valore aggiunto, che è il terroir della Gallura. Quando abbiamo iniziato c’erano quattro ettari con del Vermentino e una piccola parte di Cannonau, in una zona piuttosto selvaggia: ci siamo detti, se queste piante sono riuscite a vivere qui fino a ora, forse è il caso di studiarle meglio. E così da quei quattro ettari siamo passati alla piantumazione fino ad arrivare agli attuali 22 ettari, ai quali si aggiungeranno altri quattro appena acquisiti».

Il Vermentino Spèra di Siddùra

Il Vermentino Spèra di Siddùra

«Il focus deve essere il Vermentino per tre motivi: è l’unica Docg della Sardegna, è un vino amato dagli italiani e dagli stranieri ma è anche poco venduto. A questo punto, abbiamo il terreno, abbiamo il prodotto, e allora possiamo pensare anche al marchio, Siddùra, con il simbolo di una grande “S” che significa anche Sardegna. Il Vermentino rappresenta il 60% della produzione dell’azienda».

E i vini sono molto interessanti, iniziando con il “semplice” Spèra 2018, Vermentino “d’ingresso”, diretto, che fa solo acciaio, ma che ha un’intensità olfattiva davvero interessante. Poi c’è Maìa 2016: un anno di acciaio, un anno di bottiglia, più complesso e avvolgente, e Bèru 2015, con una vinificazione alla francese in barrique, con tanto di malolattica e batonnage.

La Vernaccia di Oristano, prodotto simbolo della Silvio Carta

La Vernaccia di Oristano, prodotto simbolo della Silvio Carta

Molte aziende sarde dovrebbero cercare di avere uno sguardo più internazionale, come quelle già citate finora, oppure come la Silvio Carta, della quale abbiamo già avuto modo di approfondire filosofia e produzione in questo articolo.

Perché l’esempio ce lo ha dato, in questi anni, la Sicilia: la “moda” dell’Etna è esplosa, dimostrando che si possono fare vini di altissima fascia, e ha trainato tutto il mondo del vino della Sicilia. Così potrebbe essere, per esempio, la Gallura, una zona che ha il potenziale di fare da apripista per tutta la Sardegna.

C’è un tesoro, in Sardegna: bisogna solo scoprirlo. Come dei bravi pirati.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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