21-05-2018
Il Wagyu non wagyu, nuovo piatto di Massimo Bottura all'Osteria Francescana
C’è un legame forte tra cucina italiana e quella giapponese, dice Massimo Bottura. Non deriva da scambio, interazione o vicinanza culturale: è un’affinità di fatto, plasmata dalla storia in crogiuoli distanti 9.700 chilometri tra di loro, che dunque mai hanno comunicato, bensì hanno sviluppato le proprie caratteristiche ignorandosi per secoli, fino ad approdare però a esiti paragonabili.
Spiega lo chef modenese: «Quali sono le maggiori tradizioni culinarie del mondo? Io dico la francese, la cinese, la giapponese, l’italiana». Poi le accoppia: «Le prime due puntano sulla tecnica, sulla trasformazione del prodotto in cucina. Le altre invece – ossia la nostra e la nipponica - hanno sviluppato un’altra mentalità, un altro atteggiamento: noi e loro abbiamo l’ossessione dell’ingrediente. C’è anche la tecnica, certo: ma questa viene sempre vista come al servizio della materia prima. In questo senso, lo chef rimane quasi defilato, in secondo piano».
Bottura con uno dei due suoi sous chef, il giapponese Takaiko Kondo
Se il tema è dunque stimolante, difficile che Bottura rinunci a farlo anche proprio. Lo ha raccontato recentemente, durante la presentazione del programma di Al Mèni, si era proprio a Milano (leggi: Bottura ci spiega 5 buoni motivi per non mancare ad Al Mèni): «Ho studiato un piatto nuovo, fantastico». L’ha chiamato Wagyu non wagyu ed è, all’opposto delle interpretazioni giapponesi di un piatto italiano, un’interpretazione italiana di un piatto giapponese.
Vero wagyu giapponese
Aggiunge Bottura: «Prendiamo la pancia e il cuore di maiale, dunque una parte grassa e una rossa, ricca di ferro. Li alterniamo come per costruire una millefoglie, sovrapponendo vari strati, dopo averli fatti marinare in sale e zucchero (dando loro dunque una nota dolce, adatta come pre-dessert appunto, ndr). Quindi li chiudiamo in una busta per il sottovuoto».
Una volta passati quindici giorni, questo Wagyu non wagyu viene servito con brodo tiepido di cipolla bruciata profumato agli agrumi. «Sembra uno shabu shabu, in realtà è solo cuore di maiale con cipolla!», ironizza il modenese. Semplicità italiana: ma cultura dell'ingrediente tale da trovare l'assonanza perfetta con un'eccellenza nipponica.
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera