12-06-2017
La brigata de Al Pont de Ferr guidata da Vittorio Fusari. Lo chef ci racconta il suo ritrovato rapporto con Milano
Negli scatti di Tanio Liotta il nostro percorso al Pont de Ferr. Si inizia con gli appetizer, come questa Pasta croccante al pomodoro con pecorino e basilico e, sullo sfondo, il Macaron di rapa rossa e foie gras
Oliva all'ascolana con maionese al wasabi e Gyoza alla pasta di salame con salsa temaki (favoloso)
Sfogliatina di patate e caviale
Alici marinate al plancton, crema di umeboshi, lische in tempura, yogurt greco e pomodoro confit
Un piatto nuovo, davvero eccellente: Capesante, ostriche, gel di rabarbaro e ostriche (alla base), nocciole tostate e asparagi
Altra novità, piatto fresco ed estivo: Ceviche al mango, gelato di coriandolo, polvere di cavolo nero
Animelle, carciofi di Cabras, salsa di germogli e lenticchie
Ravioli di brodetto con crostacei, pesci di scoglio, consommé di scampi e acqua di mare al cardamomo
Centrolofo fermentato al cavolo viola, somen, ribes fermentato, alghe, bottarga
Tortelli di pesto su carpaccio di manzo affumicato, lumache di vigna, pinoli, salsa di zenzero e olive, timo
Il Mare in Insalata, piatto memorabile: pesci di mare (gallinella, scorfano), gamberi, calamari, ricci, erbe di campo e alghe in tempura
Altro grandissimo piatto: Risotto con lumache di bosco e bottarga di gallina, mantecato ai porri
Originalissimo il Piccione al cocco, foie gras, salsa al latte di mandorle. lenticchie e mandorle ricoperte di cioccolato fondente, equilibrio esatto tra sapidità e dolcezza
Carrè d'agnello, allevato alla stato brado, lasciato rosato, con pane alla menta, crema di pecorino e granita al profumo di gin
Filetto di cervo alla brace, crema di muggine, cialda di riso, finto midollo al lampone e midollo: buonissimo
Interessanti ma meno riusciti i dolci. Qui la rilettura della Sacher Torte, con salsa di lamponi, albicocca cotta nel saké e granita al caffé
Ventaglio di agrumi e cioccolato speziato
Dice Vittorio Fusari che all’inizio è stata molto dura: «Di più: un incubo. Arrivai a Milano quando stava per partire Expo. Ero disorientato: dovevo reinventare la cucina de Al Pont de Ferr, passare dalla sferificazione al prodotto, per dirla con uno slogan. Brigata da costruire, i ragazzi più strutturati se n’erano andati con Perdomo». Expo fu una valanga: locale sempre pieno, aspettative alte nel momento più difficile, quello del cambio di squadra: «Dico la verità, per sei mesi ho sofferto parecchio». Patron Maida Mercuri annuisce al suo fianco: «Diciamo pure che qualche piatto proprio non funzionava (usa un’espressione più tranchant, “faceva pietà”, ndr)».
Lei aveva chiamato Fusari qualche mese prima, «era la fine del 2014, Matias se ne andava e pensavo di aver bisogno di qualcuno che garantisse una grande conoscenza della materia prima. Volevo interrompere un percorso per aprirne un altro». Lui: «Quando mi telefonò, credetti che fosse per avere un consiglio, perché le trovassi qualche giovane chef da valorizzare. Io ero e sono un uomo della Franciacorta, moglie e figli vivono là. Che c’azzeccavo con Milano?».
Un articolo del 1987 scritto da Gianni Mura per Repubblica racconta il neonato Pont de Ferr. Il locale ha festeggiato lo scorso anno le 30 candeline
Il cuore di Fusari batteva allora e batte oggi per uno stile meno trendy di quello dello stesso Perdomo, «per me la ristorazione deve essere un’altra cosa». Mercuri: «Mi ricordavo del Fusari alle Maschere (il locale di Iseo dove prese la stella. Fu meta golosa dal 1987 al 1995, ndr), era andato contro gli schemi con la sua cucina di ricerca», ma legata al prodotto, al territorio. Poteva funzionare sui Navigli ambrosiani del nuovo millennio inoltrato, zeppi di turisti alcolici e penosi happy hour? Qualche mese dopo aver accettato di guidare le cucina del Pont de Ferr, Fusari si domandava, in mezzo a mille problemi: «Chi me l’ha fatto fare?».
Vittorio Fusari
Fusari ha nel frattempo scoperto un’altra Milano, che ha cambiato volto rispetto a quella degli anni Ottanta: «Ne ho compreso gli umori e i sentori, ora ne avverto il fascino. Milano ti insegna il confronto e poi fornisce una lezione fondamentale: qui non c’è tempo per cucinare per sé stessi, per il proprio ego. Bisogna pensare solo al commensale. Non è come in provincia, dove puoi godere di un certo ascendente sulla clientela, sfruttare il tuo nome. A Milano no: la città ti mette alla prova, è capace di ucciderti ma ti stimola in modo meraviglioso».
Vittorio Fusari e Maida Mercuri
Non è una zona facile per l’alta ristorazione: ovunque locali di poca o nulla qualità, «ma se impari a conoscere l’ambiente, questo impara a conoscere te, capisce la tua differenza, condivide il tuo percorso… Ecco il segreto di Milano: sa riconoscre il valore del lavoro. Ed è una città che ha compiuto uno sviluppo importante. Expo non è passata invano, l’aver incontrato in quell’occasione le cucina del mondo ci ha fatto crescere».
Senza nemmeno incorrere, dice Fusari, in quanto molti paventavano, ossia la perdita d’identità: «Al contrario: aver acquisito maggior conoscenza della cucine di tutto il mondo ci aiuta ad accrescere la consapevolezza del valore enorme della nostra. Dal confronto usciamo benissimo: la città viaggia e apprezza, ma sa oggi più di allora che la nostra tavola è eccellente. Credo che proprio da questo melting pot culinario possa uscire uno schema nuovo, nel quale noi cuochi italiani ci affrancheremo dai modelli d’importazione. Non avremo più bisogno di copiare franesi, danesi o spagnoli. Milano internazionale riscopre il valore del territorio e del cibo sano».
Mercuri: «Qui una volta era una sorta di Bronx, in via Casali c’era una latteria dove si entrava, si andava nel retro e si acquistavano le autoradio e le biciclette rubate la notte precedente. Spesso riconoscevi la tua, e la riacquistavi». Per auto e moto, invece, conveniva prendere appuntamento. «Ora invece è un caleidoscopio di emozioni: vado a prendere una spremuta di canna da zucchero, poi passo a mangiare un midollo da Giuseppe Zen e magari la sera ceno all’Iyo. In quale altro luogo d'Italia potrei farlo? Le contaminazioni ci hanno fatto crescere, in città funziona anche l’offerta culturale, si è sviluppato il turismo. E attenzione: non si è persa umanità, perché alcune zone vivono ancora la socialità che si può trovare in un paese».
Tutte rose e fiori? «Ma no. Troppi locali puntano sulla poca qualità. Approfittano dell’ignoranza delle persone, vedo pane orribile, insalate immangiabili...». Meglio passare al Pont de Ferr.
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Vittorio Fusari, classe 1953, chef originario di Iseo, scomparso prematuramente il 1 gennaio 2020. Ha scritto pagine importanti nella storia della cucina italiana, con insegne come Il Volto, Le Maschere, Dispensa Pani e Vini, Al Pont de Ferr
Vittorio Fusari (1953-2020). A Iseo è stata allestita una mostra che racconta la grande eredità gastronomica e culturale dello chef
Un articolo del 1987 scritto da Gianni Mura per Repubblica racconta il neonato Pont de Ferr. Il locale chiude i battenti oggi, dopo essere entrato nel suo 35esimo anno di vita, era stato inaugurato il 14 dicembre 1986
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale