09-08-2023
Lo chef Matteo Maenza coordina tutta l'offerta ristorativa dei Lefay, alta hôtellerie a Gargnano, sul Garda, a Pinzolo, sulle Dolomiti, e del 2025 anche a Montalcino e in Svizzera
«Basta col “si chef”», ci dice Matteo Maenza. Non è un caso che durante la chiacchierata con questo gran professionista, pugliese di Trani, classe 1984, esperienze con Alain Ducasse, Anne-Sophie Pic e Jean-François Piège (ma non c'è solo la Francia: ha lavorato anche al Celler coi fratelli Roca) sia emerso forte il tema della gestione del personale, sempre più cruciale in ogni ambito della ristorazione ma forse ancor di più in quella d'hotel, per il resto comparto per molti versi a sé, in passato fratello povero (gastronomicamente parlando. Ma ricco, invece, come solidità imprenditoriale) di quella indipendente e oggi da tenere d'occhio perché epicentro di un'evoluzione interessantissima.
Maenza è da dieci anni giusti giusti, ossia dal 2013, executive chef di Lefay Resorts & Residences, gruppo italiano assai ambizioso e in crescita, come vedremo. Quando vi arrivò era poco più che un ragazzo e vi tradusse quanto aveva imparato in Francia, la famosa disciplina in vigore nelle brigate transalpine, quel metodo militaresco che fu introdotto dal mitico Auguste Escoffier, non a caso capocuoco al quartier generale dell'Armata del Reno durante la guerra franco prussiana (1870-71) e poi cuoco del generale Mac Mahon. Insomma: alfiere - per ragioni biografiche - di un'impronta rigidissima che ha funzionato per un secolo e mezzo, ma forse oggi i tempi sono cambiati.
La piscina del Lefay, l'occhio si perde nello sfondo del Lago di Garda
La bella sala del Gramen
La nostra attenzione, che va soprattutto all'aspetto edibile delle storie, si è focalizzata sul Lefay Lago di Garda per la recente apertura - aprile di quest'anno - di Gramen (dal latino: stelo, gambo, erba), il ristorante gastronomico che ha affiancato La Limonaia - già di buon livello, era presente nella nostra Guida negli scorsi anni - d'approccio più quotidiano, con cucina mediterranea. Gramen è una bella sfida: proporre uno scatto in avanti nella proposta ristorativa del gruppo, ma partendo da una sottrazione, infatti Maenza qui si preclude la possibilità di utilizzare carne, latticini e loro derivati per concentrarsi invece sul pescato e sull'universo green fornito dagli orti. Dunque non un indirizzo vegetariano, ma dove il vegetale diventa protagonista.
La Limonaia al Lefay Lago di Garda
Linguine ai frutti di mare a La Limonaia, cucina mediterranea (e più semplice) al Lefay Lago di Garda
L'ASSAGGIO - Maenza - che si divide tra Gargnano e Pinzolo, quindici giorni là, quindi giorni qua - come già detto è pugliese, dunque ha la verdura nel dna, nella nostra chiacchierata con lui abbiamo ricordato le considerazioni fatte con Massimo Santoro, gran cucina veg a Ostuni, leggi qui. Ha intuizioni molto brillanti: come il burro in accompagnamento all'ottima panificazione, burro ovviamente veg quindi di cacao aromatizzato al limone, una chicca che gli copieranno in tanti. Eccellenti anche la Tartelletta con maionese al salmoriglio e bacon di ricciola, un appetizer, e poi nel cuore della cena la declinazione della capasanta (prima in una più mainstream Capasanta marinata, salsa dei suoi coralli, carote marinate bianche e arancioni, finocchietto, caviale d'aringa e poi nelle ricercate Trippe di capasanta, besciamella di pinoli e olio alla menta, sfiziosità deliziosa); il carnoso Cefalo, acqua di cetrioli, fiori di cappero, bottarga di tonno, morso di livello; il fantastico Collare di spigola al bbq con salsa yakitori, semi di zucca e misticanza (idea veg+fumo)... E il dolce Tagete (spuma di crema cotta al tagete, quenelle di gelato allo zafferano, infuso idroalcolico di chartreuse, disco di caramello). Molto dice della sua cucina anche lo Spaghettino al nero (cotto in brodo di carota viola ossidata, poi alga dulche cristallizzata e alga nori), ossia una pasta vegana: spaghettino Benedetto Cavalieri che diventa punto d’incontro perfetto tra veg e mare, in una centrifuga di carote di Polignano che si ossidano.
Ottimo anche il servizio, col maître Salvatore Silvestro e il sommelier Gioele Di Gianni. In una sala molto bella (a La Limonaia, che bravo Alessandro Bassi, classe 1999 da Verona). L’idea è chiara e arriva al tavolo, si riconosce l’impronta. Maenza è credibile.
E ora tutta la nostra cena, negli scatti di Tanio Liotta.
Chips di scorzonera all'essenza di betulla
Il giardino: carota selvatica, tarassaco, boraggine, finocchio, salsa di carciofi e china
Tartelletta con maionese al salmoriglio e bacon di ricciola
Wafer di pomodoro, fragole e fragole fermentate
Tempura di glicine
Cannolo di rapa rossa ripieno di ricotta di latte di mandorla e lime
Cono di bieta, crema allo zafferano
Biancomangiare con daikon e fichi fermentati
Cardo, besciamella di pinoli, trombette della morte, salsa verde, cerfoglio
Capasanta marinata, salsa dei suoi coralli, carote marinate bianche e arancioni, finocchietto, caviale d'aringa
Trippe di capasanta, besciamella di pinoli e olio alla menta. La "trippa" è di barbe di capasanta cucinate poi come una trippa classica
Cefalo, acqua di cetrioli, fiori di cappero, bottarga di tonno. Il pesce viene marinato a secco; l'acqua di cetrioli è montata con salamoia di fiori di cappero. Gusto nitido
Spaghetto al nero: lo spaghetto è cotto in brodo di carota viola ossidata, poi alga dulche cristallizzata e alga nori
Farfalle, salmone, panna e piselli: un classico degli anni Ottanta riproposto in modo diverso. La panna è una crema di cicale di mare, il salmone essiccato
Filetto di spigola, crema di zucca al vermouth rosa, chips di zucca. Il pesce è cotto alla lampada, dunque a bassa temperatura (attorno ai 50°)
A parte, il collarino della spigola al bbq con salsa yakitori, semi di zucca e misticanza
Moscardino quasi alla Luciana: lo chef non utilizza il pomodoro ma una salsa di prugne fermentate. Il piatto è accompagnato da foglie di cappero e olive taggiasche
Brasato di cavolfiore con fondo di verdure, scalogno, aceto di lamponi e quenelle di hummus di lupini. Il cavolfiore viene cotto prima sottovuoto con mix di verdure, poi saltato in padella
Rocher: sfera di cocco e burro di cacao, agrumi caramellati, sorbetto al pompelmo
Tagete: spuma di crema cotta al tagete, quenelle di gelato allo zafferano, infuso idroalcolico di chartreuse, disco di caramello
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale