Alfonso Pacifico
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Il Noma di Copenaghen, primo ristorante al mondo World's 50Best per 4 anni non consecutivi (2010, '11, '12 e '14), ha inaugurato la sua nuova sede il 16 febbraio scorso. Aperto a pranzo e cena, è chiuso domenica, lunedì e martedì. Tutti i dettagli nel nostro racconto in 100 fotografie
«Hello, what’s your name?». Il pranzo comincia col sorriso di una signorina che accoglie gli ospiti all’aperto. Le sfiora la schiena un nastro orizzontale bianco e rosso, di quelli da lavori in corso. Da qui parte un sentiero stretto: a destra c’è una costruzione finita con porte e finestre; a sinistra una lunga palizzata in legno da cui spuntano tetti a spiovente in vetro. Sono le capanne che tra qualche settimana ospiteranno le nuove serre, il laboratorio di panificazione e il test kitchen. Il 22 febbraio 2018 il nuovo Noma è ancora un semi-cantiere. Rene Redzepi sognava di aprire con tutte le cose a posto ma c’è ancora un po' da fare. Per inaugurare non poteva però aspettare la fine effettiva dei lavori perché ogni giorno senza income pesa sui bilanci: è dal 24 febbraio 2017, ultimo servizio del Noma 1.0, che il cuoco di origini macedoni stipendia decine di dipendenti senza avere entrate (i conti del pop-up aperto in Messico sono altra cosa). E mica si potevano far slittare le migliaia di persone che a novembre avevano già prenotato online, pagando in anticipo il menu degustazione da 2.250 corone danesi (circa 300 euro). Persino le piastre a induzione e i banchi di lavoro della cucina sono arrivati all’ultimo. «Siamo entrati per la prima volta a cucinare», ci racconterà più tardi Jessica Natali, italiana punto fermo del ristorante, «due giorni prima dell’apertura al pubblico. Abbiamo finito di girare le ultime viti solo poco fa». È stato già un bel colpo di reni aprire 24 ore dopo i piani, il 16 invece che il 15 febbraio. E le 80 persone che avevano prenotato a pranzo e cena del 15? «Le abbiamo chiamate chiedendo loro di spostare la data. Abbiamo fatto due servizi extra sabato scorso», spiegherà il maître e socio James Spreadbury, «hanno capito». Chissà che polemiche se fosse successo da noi. Del resto in Danimarca si ragiona diversamente. Per esempio, come facciamo a spiegare a un italiano che a Copenhagen sono entusiasti per aver aperto un ristorante davanti a un inceneritore? Le finestre della nuova sala inquadrano un laghetto e delle ciminiere che sbuffano colonne di vapore. Si chiama Amager Bakke e l’ha disegnato Bjarke Ingels, lo stesso architetto del nuovo Noma. È un termovalorizzatore a impatto zero che tra qualche mese inaugurerà sul suo tetto una pista da sci. Potremo smaltire il pranzo nordico facendo slalom sopra ai rifiuti.
Amager Bakke, l'inceneritore a impatto zero davanti alle finestre del nuovo Noma. Tra qualche mese ci si potrà sciare
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo