09-02-2017
Riccardo Canella, veneto di Mestrino (Padova), dal settembre 2014 in forze al Noma di Copenhagen, insegna che farà l'ultimo servizio venerdì 24 febbraio. Partito da stagista, è stato promosso in breve tempo a capopartita. Ora è sous chef della cucina di servizio. Canella terrà lezione a Identità Milano in Sala Blu 2, domenica 5 marzo, ore 10.40
«Welcome to Noma!». È dall'apertura del novembre 2003 che l’intera fila dei cuochi saluta ogni giorno i clienti appena dietro la porta a vetri, al civico 93 della Strandgade di Copenhagen. Una settimana fa, ad accogliere gli ospiti c'erano tutti tranne uno, Rene Redzepi, impegnato tra un evento privato a Nashville e la preparazione del pop-up di Tulum, in Messico. «Benvenuti!», abbiamo udito subito dopo, in italiano con inflessione veneta. Apparteneva a Riccardo Canella, padovano di Mestrino, classe 1985, da oltre un anno sous chef della corazzata danese. Ancora dietro sorrideva Jessica Natali, marchigiana 23enne, capo-partita che si è già raccontata per noi. E a tavola arriveranno a illustrare a turno i piatti del menu Edoardo, Francesco, Giovanni, un secondo Riccardo e Stefano. Una vera enclave. «Andavamo al Noma», sospireranno tra qualche anno questi ragazzi, unendosi a tutti quelli che l’hanno già fatto, italiani già passati in quantità alla corte di Redzepi. Per esempio Matteo Aloe e Alessandro Proietti Refrigeri di Berberè, Marco Ambrosino di 28 Posti, Ludovico Di Vivo del Capofaro, Fabrizio Ferrari del Porticciolo 84, Entiana Osmenzesa di Gurdulù, Floriano Pellegrino di Bros, Oliver Piras di Aga. Senza menzionare Christian Puglisi di Relae, colonna del Noma delle origini e oggi multi-ristoratore di successo a Copenhagen. E ne dimentichiamo tantissimi altri. «Andavamo al Noma» è il nuovo «Andavamo al Bulli», uno slittamento generazionale che si porta appresso qualche non trascurabile differenza: Stefano Baiocco, Massimo Bottura, Moreno Cedroni, Enrico Crippa o Loretta Fanella entrarono a Cala Montjoi con una solida formazione alle spalle, in qualche caso già siglata con una stella Michelin. Oggi, tanti italiani escono dall’alberghiero e vogliono subito fiondarsi al Nord senza aver maturato vere e proprie esperienze di cucina. E se mai riusciranno a imbroccare lo stage al Noma, si troveranno sbalzati per 15 ore al giorno a bordo di un’astronave senza pentole e padelle, che quasi mai prevede preparazioni più calde dei 60°C.
Il tradizionale benvenuto dei cuochi del Noma, un marchio di fabbrica dell'insegna 4 volte numero uno della World's 50 Best (2010, 2011, 2012 e 2014). Al centro, Riccardo Canella (foto Zanatta)
Canella illustra il laboratori delle fermentazioni all'esterno del ristorante. Il concept del Noma non prevede pentole e padelle
Ma uno dei segreti del Noma è che non lascia mai i suoi cuochi più di un tot a cullarsi nella comfort zone: «Nel settembre del 2015 mi trasferirono senza preavviso alla sezione 3, quella degli snack. Panico: non sapevo nulla della mise en place. Fu come prendere un filotto di ceffoni in faccia. Feci molta fatica ma piano piano presi la mano. Il 28 dicembre 2015, di ritorno da una cena all’Arpege, Rene mi prese da parte: ‘Com’è andata da Passard? Vuoi fare il sous chef l’anno prossimo? Mi piace molto il tuo palato e la tua leadership. Potresti fare il capopartita in tutti i ristoranti del mondo’. L’ultimo giorno del servizio al pop-up di Sydney ufficializzò la mia promozione davanti a 60 persone. Un momento che non scorderò mai». Cosa fa un sous chef al Noma? «Nella gerarchia c’è sopra a tutti l’head chef, che sta al pass (il canadese Ben Ing, ndr) e poi i sous chef, che ora sono 5, ognuno con compiti diversi. C’è chi si occupa delle fermentazioni, chi della produzione al piano superiore e chi della cucina di servizio al piano terra. Io ho cominciato alla produzione, gestendo decine e decine di stagisti. Ma ero troppo 'vecchia scuola' per quel compito, troppo rigido nella gestione dei ragazzi. Perché per me la cucina è sacra: mi arrabbiavo troppo spesso. E allora hanno pensato che quel ruolo fosse più adatto a una persona più paziente e premurosa».
Granchi reali, ricci di mare, ostriche: Canella espone al tavolo il plateau di crostacei e frutti di mare. Ci torneremo
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt