10-01-2017
Sono circa 150, spiega un sito catalano, i bullinians in giro per il mondo, ossia gli chef stellati che si sono formati anche nel mitico indirizzo di Ferran Adrià. Stima per difetto, sono anche di più. Passiamo in rassegna alcuni degli italiani. Loretta Fanella, Stefano Baiocco, Moreno Cedroni, Terry Giacomello e Luca Lacalamita ci raccontano che...
Loretta Fanella con Albert e Ferran Adrià
Terry Giacomello e Ferran Adrià a Identità Milano 2006 (foto Sandra Salerno)
Una foto d'antan di Adrià con Moreno Cedroni
Ferran Adrià e Stefano Baiocco
Luca Lacalamita con Ferran Adrià
Lacalamita con Juli Soler, l'uomo di sala (e non solo: era l'alter ego di Ferran) de elBulli. E' deceduto nel luglio di due anni fa
La brigata de elBulli nel 2003. Sesto da sinistra, in ultima fila, è Stefano Baiocco
Ferran Adrià vive e lotta insieme a noi. Ok, non cucina (quasi) più; va bene, El Bulli, il suo indirizzo mitico, è ormai chiuso dal 30 luglio 2011, «malinconia a Cala Montjoi vicino Roses. Dove sorgeva il Bulli, ora c’è un cantiere. Come dicevano già i latini: sic transit gloria mundi. E’ proprio vero: bisogna vivere il presente e non pensare vi sia qualcosa che duri in eterno», ha scritto recentemente Paolo Marchi qui. Esatto, nulla dura in eterno: ma l’eredità di Adrià (per)dura nella cucina mondiale: perché la sua lezione – tecnica, ma soprattutto concettuale – è stata recepita un po’ ovunque, propugnata in primo luogo dai tantissimi i cuochi che hanno lavorato con lui, i bullinians li chiama il sito www.ccma.cat della Corporació Catalana de Mitjans Audiovisuals, radio e televisione pubbliche create dalla Generalitat de Catalunya, ossia la regione autonoma catalana. I giornalisti Louis Hill e Irene Vaqué hanno contato quasi 150 chef stellati in tutto il mondo che devono (anche) la loro fortuna dal fatto che sono transitati – chi per pochi giorni, chi per anni: ma in entrambi i casi respirando a piene polmoni aria di libertà creativa – da elBulli. Ne hanno ricavato una mappa globale dei bullinians, con la quale potete giocare qui.
Scrivono i colleghi: “L’eredità di Adrià continua vivere attraverso cuochi che ne hanno adottato lo spirito, ossia l'innovazione e la creatività con prodotti eccellenti. Questo è il caso del fratello Albert, che con il progetto elBarri ha acceso sulla mappa culinaria di Barcellona tre nuove stelle, quelle di Tickets, Hoja Santa e Pakta (leggi qui). Ma è pure il caso di Andoni Luis Aduriz, chef del basco Mugaritz, o dei tre responsabili di Disfrutar (leggi qui) a Barcellona, Oriol Castro, Mateu Casañas e Eduard Xatruch (leggi qui), che si sono incontrati proprio a elBulli”.
La mappa dei bullinians secondo il sito www.ccma.cat
Un concetto che sottolinea anche Stefano Baiocco, del Villa Feltrinelli, che a elBulli è rimasto tre mesi, nel 2003, «che sarebbe stato l’anno decisivo, quello delle arie e delle sferificazioni, oggi magari a parlare di queste cose qualcuno storce il naso, ma fu una svolta». Ci dice al telefono dalla sua Ancona: «Fino all’inizio degli anni Duemila per fare esperienza si partiva per la Francia, era la mecca, oppure anche per Svizzera, Germania o Londra, ma in ristoranti francesi. Nessuno andava in Spagna, il Giappone era gastronomicamente parlando un Paese considerato solo per il sushi, insomma eravamo un po’ chiusi, provinciali. Io stesso avevo inanellato stage da Pierre Gagnaire, da Alain Ducasse, e mi sentivo quasi completo, dal 2001 ero sous chef a Palazzo Sasso con Pino Lavarra. Avvertivo però che mi mancava la ciliegina, e in quegli anni s’iniziava diffusamente a parlare di questo funambolo catalano, che mi incuriosì».
Moreno Cedroni è annoverato tra i bullinians doc, anche se a elBulli è stato solo per un breve corso. Ma decisivo. Scrive Adrià stesso: “Conobbi Moreno nell’inverno del 1998 durante uno stage di tre giorni organizzato dal Gambero Rosso presso elBulli. Sin d’allora mi dette l’impressione di essere un cuoco speciale, con una sensibilità molto spiccata. Ma il nostro particolare feeling non iniziò prima del 2001, anno nel quale scoprii il suo locale (…). Arrivammo a Senigallia (…). Appena parcheggiammo di fronte, avvertii subito un forte odore di mare (…). Sapevo che Moreno era uno dei migliori chef italiani, però quello che più tardi appresi, degustando e apprezzando i suoi piatti, fu che è un cuoco con un’anima, cosa che distingue un semplice cuoco da uno magico”.
Lo staff de elBulli fotografato nel 2007
Cedroni è reduce da una cena dal succitato Tickets, uno dei locali a Barcellona di Albert Adrià, il fratello: «Ho ritrovato alcune atmosfere de elBulli, soprattutto nel reparto dolci – regno del genio di Albert - ma non solo. Anche per il salato, buona parte delle tapas sono quelle de elBulli, in un percorso molto divertente». Nota Cedroni – ma anche Baiocco – che quella mentalità vocata alla ricerca si percepisce ancor oggi in chef come Quique Dacosta o Andoni Luis Aduriz: «Ovvio che, tra molti piatti innovativi, ce n’erano e ce ne sono anche di sbagliati». Come dice Aduriz stesso (leggi qui): «Il peggio è l’indifferenza. Meglio sbagliare».
Sono stati anche altri i bullinians italiani: come Luca Lacalamita, oggi pastry chef all'Enoteca Pinchiorri, per lui oltre un anno prima da stagista al ristorante catalano, poi all'interno de El Taller, il laboratorio di ricerca bulliano, «ero con Albert Adrià, Castro, Casañas, Xatruch...». Spiega: «A mio parere, la forza stava in gran parte lì, nella grandezza di Albert, la persona più creativa che io abbia mai conosciuto. Ferran aveva più impatto, era più estroverso, mediatico. Ma la capacità di innovare di Albert era davvero impressionante. I meriti di elBulli vanno ben distribuiti». Quanto ai supposti demeriti, Lacalamita ha le idee chiare: «S'è parlato tanto di cucina molecolare in termini negativi, ma io la penso come Hervé This: la cucina molecolare non esiste! Nel senso che lo è anche cuocere un uovo al tegamino, o il pane. Ho sempre combattuto queste sciocchezze».
Da Cala Montjoi sono passati poi Mauro Buffo, ora al 12 Apostoli di Verona, Luca Meccheri, Luca Balboni, a lungo con Bottura, e così via. Lo stesso Mauro Uliassi. E Riccardo Di Giacinto, nel 2003. Prima ancora Corrado Fasolato e Davide Oldani. E più tardi, Nicola Dinato del Feva, ce lo ha raccontato lui stesso qui. Chiudiamo però questa rassegna con una foto, la seconda della nostra fotogallery sopra: immortala Ferran Adrià a Identità Milano, nel 2006. Al suo fianco un volto noto ai buongustai, che in quell’occasione fece da traduttore al catalano: Terry Giacomello, dell’Inkiostro di Parma: «Adrià mi ha cambiato il modo di pensare, di vedere le cose. Non è stata soltanto la libertà creativa, ma anche la disciplina e l’atteggiamento, ti trasmetteva grande umiltà. Ecco: ti faceva vedere le cose sotto un altro punto di vista».
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera